Ritorno dalle vacanze ma non ho mai smesso di seguire le notizie dalla Palestina, scusate se oggi parlo di una notizia che ormai è vecchia e di cui tutti siete a conoscenza ma la chiusura del blog non mi ha permesso di essere celere nel darvi il mio giudizio.
Abu Ghraib ce lo aveva insegnato e tutti avevano urlato il loro stop a queste violenze inaudite unite all’umiliazione da parte dei militari americani il tutto poi si era risolto con un nulla di fatto perché nessuno ha ricevuto la pena che meritava. Ora ci si mette Israele, beh stavolta non è lo Stato ma una sua soldatessa, Eden Abargil, che è messa sotto accusa. Tipica sionista convinta che trova giusto e splendido il servizio militare e che dedica la sua vita allo sviluppo di Eretz Israel, come lo chiama lei, da brava sionista. C’è però una differenza Abu Ghraib lo abbiamo scoperto per una fuga di notizie lei senza troppi problemi ha posto le foto (dove non si vedono torture ma umiliazioni sì) sul più grande social network del mondo e le sbandierava a tutte le latitudini del mondo. Dopo lo scandalo così ha detto: ''Mi scuso se ho offeso qualcuno, ma posso assicurare di aver agito in tutta innocenza'' e ha pure aggiunto, dall’alto del suo sionismo saccente così saccente da sottolineare solo la pazzia xenofoba e violenta dell’uomo, ''Si trova sempre qualcuno pronto a ridire contro Eretz Israel, non siamo un popolo con molti amici e ci attaccano per la minima cosa''.
Tutto il mondo ebraico è con lei dopo questa frase ad effetto che ci riporta al più bieco patriottismo che sa fare colpo solo sui sionista e quindi su Israele, molta dell’opinione pubblica nemmeno si pone il problema di dare un giudizio, io mi limito a dire che queste affermazioni dovrebbero farci capire che Israele tramite il sionismo sta lavando il cervello a molta delle popolazione giovane del suo Stato così da assicurarsi nuove forze xenofobe e omicide per il suo futuro. Israele sta contribuendo a rovinare un’intera generazione, la generazione che porterà avanti i dialoghi di pace (se ancora li vogliamo chiamare così) da qui a vent’anni.
michael
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