Non solo gli uomini anche i gorilla. Non solo i congolesi ma
anche i rwandesi, non solo gli hutu ma anche i tutsi. Insomma, tutto il lembo
di terra che fa da confine tra Repubblica democratica del Congo e Rwanda è ciò
che esso contiene è a rischio morte e distruzione.
Il fatto più terribile da raccontare è che se tempo fa (ma
neanche troppo lontano, tutti ne abbiamo ancora memoria) i rifugiati hutu
scappavano in Congo per evitare di essere trucidati dai connazionali tutsi ora
siamo di fronte alla situazione contraria, è il Congo che chiede aiuto al
Rwanda. Sono i congolesi che scappano per paura di essere ammazzati, gli scontri
sono violentissimi e arrivano sia via terra che via aria.
La ragione in questione è il nord Kivu, qui gli scontri
duravano già da mesi (si farebbe prima a dire che qui gli scontri non sono
finiti mai) e vedono da una parte l’esercito federale del Congo e dall’altra il
Movimento 23 marzo. Ed ecco allora che si apre un mondo; l’M23, infatti, è uno
dei tanti gruppi di militari disertori che si sono formati intorno alla figura,
pazza, assassina e folle, del generale Bosco Ntaganda, fra i capi, fino al
2009, del’esercito regolare congolese. Questi gruppi paramiliatri capitanati
dal generale tramite alla violenza sono dediti al contrabbando illegali dei
tanti minerali presenti nella regione del nord Kivu. Chi ci guadagna con questi
traffici? Il Rwanda e il suo regime. Chi si è presentato come mediatore fra
ribelli e esercito regolare? Il Rwanda e il suo regime. Chi sta sostenendo con
armi leggere e pesanti i ribelli? Il Rwanda.
Chi ha iniziato la guerra che ora si sta combattendo è stato
però l’esercito regolare, il quale, ora risulta più evidente, sta cercando di
fare fuori i ladroni per tenersi lui i proventi del nord Kivu.
Solita conclusione, purtroppo,a rimetterci sono sempre i
poveracci: i contadini della zona che cercano, invano di scappare, i lavoratori
di quella zona mineraria, gli animali da cortile e in via d’estinzione.
octavio
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