Il caos, i fisici lo hanno definito con precisione, cosa assurda se si pensa di che cosa si parla, ma se si dovesse dare un esempio empirico io oggi vi proporrei la situazione politico/umanitaria del Sudan: il caos appunto.
Dopo il referendum che ha sancito la divisione tra nord e sud si sperava la pace, si aspettava la pace, oggi invece quella parola sembra solo una barzelletta. Voi immaginate, i dati sono dell’ONU, 800mila persone che vogliono e devono fare ritorno al Sud e, all’inverso, 75mila che vogliono andare al Nord. Queste migrazioni fanno sicuramente danno più al Sud che al Nord, là infatti la situazione politica è nascente, l’economia praticamente non esiste e la povertà è estrema, 800mila persone in più non sono certo un problema da poco. Si deve aggiungere che il 5 gennaio era stato siglato un cessate il fuoco fra forze antigovernative e esercito del Sud in una settimana, ed è la settimana appena passata 105 sono i morti provocati dagli scontri e di questi una quarantina civili, in particolare donne e bambini. Non sono mai cessate, invece, le uccisioni nelle vicinanze dei pozzi petroliferi. Non solo questo è il caos, credo che sia anche l’ingiustizia più palese, il petrolio è in territorio del sud ma è sempre stato controllato dal nord, il petrolio oggi non viene abbandonato dal nord, che lascia solo che la gente si stipi al sud fino a scoppiare.
Questa è la dimostrazione che non basta un referendum per cambiare la vita di un popolo, molti hanno sostenuto che dare la scelta al popolo era una svolta, forse sì l’atto in sé lo può essere stato ma oggi a che cosa ha giovato? Se la politica si concentrasse sul problema umano forse il Sudan, e come lui molti altri stati, non sarebbe il paradigma del caos.
octavio
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