Non solo in Grecia la situazione è incandescente, non solo in Grecia la gente scende in piazza. Per i medesimi motivi anche l’Ungheria si trova ormai con l’acqua alla gola. Ecco allora che a Budapest le due più grandi federazioni sindacali hanno organizzato delle manifestazioni che hanno ostacolato la circolazione in 40 (e dico 40) punti della città. Il perché delle proteste è presto detto e sacrosanto: revoca delle pensioni anticipate, nazionalizzazione dei fondi pensionistici privati eliminazione della concertazione. Essendo che il Governo per tirar su soldi (parlo volgarmente ma è l’espressione che meglio descrive ciò che il Premier Orban sta facendo) va a toccare le pensioni è chiaro che popolazione e sindacati alzano la voce.
C’è una domanda che, appresa la notizia, mi sono fatto anche io e che è doveroso farsi. Le manifestazioni sono giuste ma perché, se tutto ciò è stato indetto dai sindacati, non hanno scioperato o comunque non hanno organizzato futuri scioperi? È presto detto, il Governo Orban ha modificato la legge sul diritto di sciopero limitando la possibilità di astensione dal lavoro. Inutile star qui a dire che oggi avere un lavoro è oro colato, capite dunque subito che valore ha questa mossa contro il diritto di sciopero. Chi ha più il coraggio di astenersi dal lavoro se ha già la certezza di essere licenziato?
Da tempo siamo di fronte a proteste continue, il mondo arabo, alcuni stati africani, la Grecia, ora l’Ungheria; chi sarà il prossimo? Io credo che se da un lato è un bene che il popolo si alzi in piedi per chiedere il rispetto dei propri diritti dall’altro è allarmante che tutti i popoli lo stiano facendo ora. Non c’è nulla che va bene da nessuna parte, ora che lo abbiamo manifestato al mondo intero serve fondare un nuovo progetto che vada a modificare e rinnovare ciò che non va bene, in caso contrario possiamo definirci tutti degli insoddisfatti che non hanno il coraggio di proporre qualcosa di nuovo.
aleksej
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