"Farò piena luce su crimini e massacri e gli autori saranno puniti. Chiedo all’esercito di mantenere un comportamento esemplare e di astenersi da qualsiasi crimine, da violenze contro la popolazione e da saccheggi e invito tutta la popolazione a non cadere nella vendetta. Sarò il presidente di tutti gli ivoriani".
Queste le ultimissime parole di Ouattara, dopo che Gbagbo si trova assediato dalle forze internazionale e anche i suoi sostenitori sono ormai chiusi in una gabbia d’acciaio dalla quale difficilmente usciranno se non da perdenti. Gbagbo continua a dire che lui non riconosce i risultati delle scorse elezioni e, per questo, lui è l’unico presidente in carica, ma ormai poco manca: la sua fine è vicina. Può sembrare una frase piuttosto macabra, ma chi non è d’accordo con me nel credere che i peacekeeper dell’ONU altro non sono che militari ben armati che sparano appena qualcosa va storto? È quindi evidente che anche Gbagbo rischia la vita.
Forte di questa fine imminente il vero presidente tenta di riportare il sereno tra la popolazione, invita all’unità, promette una rinascita rapida e senza troppi dolori. Per questo chiede alle Nazioni Unite di togliere le sanzioni economiche che hanno bloccato tonnellate di cacao e chiede alle banche che prima lavoravano nel paese di tornare ad essere attive, così che l’economia riprenda e, con essa, la vita normale che la popolazione da troppo tempo aspetta.
Tutto ciò fa pensare al meglio, sembra che il paese si stia riprendendo in maniera positiva da una crisi che ha fatto pensare a un nuovo Rwanda (dio ce ne scampi!). Va premesso che nel mondo non tutto funziona così bene da permettere un cambiamento repentino delle situazioni e la Costa d’Avorio ha ora, di fronte a sé (buon lavoro Ouattara, ora vediamo se davvero sei il cambio che questo paese aspettava e aspetta), una crisi umanitaria che è ben lungi dal finire rapidamente. Gli ospedali sono pieni di feriti e i medicinali scarseggiano, la popolazione spesso è senza cibo perché questo on riesce ad arrivare ai mercati, gli scontri e le sanzioni dell’ONU hanno portato a un blocco del lavoro e con questo anche un blocco del pagamento degli stipendi, la popolazione è quasi sempre senza acqua (testimonianze raccontano di gente che esce la mattina presto per andare a ricercare ovunque l’acqua; si esce presto per “evitare” che altri la trovino prima).
Questa è la descrizione della situazione che qualsiasi paese deve affrontare una volta che fortunatamente finisce una guerra; l’unica nota dolente è che ogni volta che la guerra finisce tutto il mondo esterno se ne va e nella merda ci rimane solo chi lì vive, questi sono gli aiuti internazionali?
octavio
Nessun commento:
Posta un commento