Nemmeno i morti vengono lasciati in pace, nemmeno nel giorno delle loro commemorazione. Un anno è passato dal disastro aereo che ha visto la morte del presidente polacco e di buona parte del suo staff. Un disastro che ha portato il lutto per tutta Europa, un disastro che ha accesso dissidi e contrasti. Un anno è passato, la neve ha coperto il terreno dello schianto e il mondo dopo qualche mese ha ripreso ha correre nelle sue frenetiche giornate lavorative. Qualche tempo fa ci eravamo occupati dei fascicoli che archiviavano definitivamente l’incidente come errore dei piloti polacchi, poi c’eravamo occupati della risposta del governo polacco che aveva dato la colpa alla torre di controllo russa. Insomma nessuno ci aveva (e ci ha) capito un cavolo.
Ognuno, essenzialmente, propende per una parte o per l’altra e mai si saprà perché il premier polacco è morto in circostanze così strane. Nel momento della commemorazione però, tutti i ragionamenti e le arguzie mentali dovrebbero finire, cedere il posto al cordoglio e alla memoria, per dare degno ricordo di una persona, un uomo, che comunque (nel bene o nel male) ha lavorato per il suo paese. E invece nemmeno il ricordo dei morti viene preservato e così mentre il presidente polacco Komorowki con i famigliari delle vittime si preparava a lasciare i fiori sul luogo della strage i due governi litigavano. O meglio uno litigava (quello polacco) e l’altro non rispondeva (quello russo) infischiandosene del problema. Il contenzioso è la targa apposta dai polacchi a ricordo delle vittime che, alcuni giorni prima della fatidica commemorazione, è stata cambiata dal governo russo, senza chiedere commento alcuno al governo polacco.
Io non mi voglio soffermare sul problema della targa, questa è una piccolezza; quello che voglio sottolineare io è l’indecenza del gesto. Il ricordo di un morto (e poi qui stiamo parlando di molti morti) è sempre portatore di tensione e dolore (anche qui, nel bene o nel male), infischiarsene di questo dolore solo per fare dispetto a un governo che politicamente non si vuole sottomettere allo strapotere “putiniano” è un gioco al massacro ed è violenza psicologica. Quando ci sarà una risposta a questo atto, forse violenta (io spero di no), non stupiamoci di ciò che succederà. Homo homini lupus docet.
aleksej
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