venerdì 22 ottobre 2010

Meglio tacere che parlare a vanvera

“La demolizione indiscriminata delle costruzioni ha implicazioni politiche, il governo ha bisogno di un lungo periodo di tempo al fine di sviluppare le priorità”.
Questo è ciò che Netanyahu dichiara, sempre per dire qualcosa rispetto al problema dei dialoghi di pace. Cioè il vero problema è che lui non sa più come muoversi e cosa inventarsi perché tutto è contro di lui e la sua politica, ma non ha la minima intenzione di fare un passo indietro. Ci sono due cose da sottolineare nella sua dichiarazione, la prima è “la demolizione indiscriminata”; questa affermazione ha l’intelligenza di acchiappare il favore delle folle, è un ebreo che la dice, la unisce ai terroristi palestinesi e riesce, in men che non si dica, a passare dalla parte del Santo e a far dimenticare che il primo che distrugge indiscriminatamente, uccide, lascia alla fame o tortura è proprio lui. La seconda parte da sottolineare è “ha implicazioni politiche”, questo è falso, si dovrebbe dire “ha implicazioni di buon senso e rispetto”, la demolizione delle fortezze dei coloni è giusta e doverosa, devono tutte essere abbattute. Se ci avessero presentato le costruzioni per quelle che sono, abusivismo edilizio per fine colonialisti, tutti noi saremmo d’accordo nel distruggerle, e invece ci raccontano la balla che in quelle case vivevano gli avi ebrei e a noi ci si stringe il cuore e gli diciamo che fanno bene a instaurarsi lì.
Tutto questo avviene mentre Hillary Clinton, anche lei immemore del fatto che è sempre meglio tacere che parlare per forza, vuole dare il suo commento su questa fase di stallo dei processi di pace: “Non sono certo qui a dirvi che c’è una formula magica che possa risolvere il problema. È necessario continuare questi dialoghi”. E brava Hillary, non c’era arrivato nessuno, sei veramente un genio e ti meriti il posto politico che ricopri… i dialoghi sì sono fondamentali e servono più delle bombe (e questo lo dovrebbero imparare in primo luogo gli americani), ma va rispettata sempre la dignità della persona con cui si dialoga (e questo lo dovrebbero imparare in primo luogo gli israeliani).
michael

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