giovedì 31 marzo 2011

I carburanti annebbiano la mente

Quando era scoppiato il golpe il presidente che veniva destituito aveva dichiarato che ingerenze esterne tramavano nell’azione militare che creava un governo provvisorio. Ovviamente a questo attacco sono seguiti centinaia di morti, tra i sostenitori dell’ex presidente e quelli della nuova presidentessa, e poi l’inizio di un genocidio contro gli uzbeki. La politica del Kirghizistan è morta quando è scoppiato il golpe e Rosa Otunbajeva veniva messa al potere con la benedizione di Putin.
È risultato con il tempo evidente che il motivo del colpo di stato era togliere di mezzo un presidente che era troppo filoamericano e che aveva permesso l’edificazione di una base aerea statunitense che controllava il traffico aereo in Afghanistan. Il Presidente Otunbajeva aveva fatto subito sapere che la base non era messa in discussione il lavoro dell’esercito americano è sempre proseguito, infischiandosene dei morti che nella regione ogni giorno cadevano.
Dopo questa escalation di violenza il silenzio e il nulla, giuro che non sono riuscito a trovare nulla di nulla che potesse raccontare che cosa sia successo da quel golpe ad oggi, sarei felice qualcuno mi informasse in modo chiaro. L’unica notizia che ho trovato risale a qualche mese (io l’ho trovata solo oggi) fa quando il governo ha rinnovato l’accordo con la base aerea di Manas, la base statunitense di cui sopra.
Un accordo che prevede un aumento di oltre il 50% delle forniture e che risulta essere più trasparente di quello che esisteva prima con Bakiyev. Questo patto sarà valido fino a che la base aerea esisterà, il commento degli USA è preciso e dimostra che la guerra in Afghanistan di certo in breve tempo non finirà.
È strano vedere come i giochi e le appartenenze ideologiche cambiano a secondo degli interessi economici. Il Kirghizistan vive su questi carburanti, che sia stata la Russia a portare il golpe militare che ha creato il governo in carica al governo poco importa, l’importante è vendere il carburante, alla faccia di tutti gli sfollati, alla faccia di tutti i morti causati, soprattutto alla faccia di tutti coloro che devono sopportare il dolore di ciò che è avvento. Quello nessuno lo cancella, nemmeno i profitti dell’accordo con gli USA.
aleksej

mercoledì 30 marzo 2011

Vaccination campaigns will

Non c’è bisogno che io stia qui a raccontarvela troppo, si sa che l’Africa in generale è nel pieno della miseria e tutta la popolazione soffre e rischia la vita quotidianamente, quindi anche se io oggi mi focalizzo sul Congo, il discorso vale un po’ per tutti gli stati. Uno stato che vive sull’agricoltura e sulla pesca per sostenersi, ma che è abbondantemente sfruttato per quanto riguarda i diamanti, ne ha veramente troppi, così tanti da fare invidia a tutti. Oltre a tutto ciò c’è da aggiungere che, anche se sulla carta non è così, in verità la guerra in quel territorio non è mai finita, gli squadroni della morte e i gruppi paramilitari continuano a essere padroni di ampie aree che vengono controllate con la violenza più feroce.
Si calcola che 38mila persone ogni mese muoiono in Congo per la malnutrizione e la mancanza di strutture sanitarie stabili, si calcola che 4 milioni di persone sono morte da quando è iniziato il conflitto, lo ripeto per dimostrarvi che non ho sbagliato la cifra: 4 milioni di persone. Qualcuno ne parla? Qualcuno si sta interessando di questo problema? Qualcuno denuncia le nuove tecniche di stupro di massa (uomini, bambini, ragazze e donne tutti insieme) che le forze paramilitari usano come punizione per chi non si sottomette?
A tutto ciò si deve aggiungere, ora, un epidemia di morbillo che ha già colpito 21mila bambini, le fonti sono certe vengono da Medici Senza Frontiere. Molti soggetti sono già stati vaccinati ma non è sufficiente per fermare la forza di espansione della malattia.
La risposta della politica qual è? La rimozione del divieto sulle operazioni minerarie, il Ministro delle Miniere (sono così importanti che ci hanno aperto pure un ministero) ha annunciato che inizia una nuova era per il settore minerario. Dato l’annuncio sono arrivate le proteste dato che è da una vita che i minatori non ricevono un soldo mentre le forze paramilitari ma anche esercito e polizia continuano a scavare fregandosene del divieto.
Ancora una volta il vero volto della politica: nessun interesse per la povera gente, totale interesse per il denaro.
octavio

martedì 29 marzo 2011

El no murió por pura suerte

E stiamo parlando di un ragazzino di 14 anni che ritornava a casa dopo essere stato con la sua ragazza, un ragazzino brasiliano che è stato attaccato e colpito da cinque pallottole, una gli ha perforato un polmone. Questo succedeva nell’agosto 2010 ma la notizia è trapelata solo qualche giorno, quando finalmente si è deciso di dare alla giustizia il video che incastrava i criminali e che prima non era stato consegnato per paura di ritorsioni, tanto che il ragazzo e la sua famiglia sono ora sotto il programma protezione testimoni. Ora veniamo agli assassini, la notizia potrebbe far pensare che il ragazzo sia finito vittima di un attacco mafioso o, dato che tutto è avvenuto in Brasile, che sia finito sotto la mira di una qualche banda giovanile; invece no, nulla di tutto ciò i fautori di questo attacco cruento e insensato (il ragazzo non ha su di sé nessuna condanna o nessun passato losco da dover nascondere) sono stati cinque poliziotti, ora tutti condannati e incarcerati. Alle mie orecchie riecheggiano le parole di Obama, recitate pochi giorni fa a, a favore dello Stato Brasiliano, pressappoco erano così: “Lo Stato Brasiliano dovrebbe essere d’esempio per i paesi africani e mediorientali che sono oggi in rivolta. La possibilità di cambiare c’è, come il Brasile dalla dittatura alla democrazia”.
Non discuto sulle parole se le vediamo da un punto strettamente politico, è vero che oggi c’è la democrazia e ieri c’era la dittatura in Brasile, su questo non c’è dubbio, ma che democrazia è se nemmeno della polizia ci si può fidare? E non basta dire che è stato solo un episodio che si cercherà di non far succedere più e che gli esecutori di questo atto osceno sono stati consegnati alla giustizia; no, queste sono parole di scuse per ciò che è capitato ma non risolvono il problema democrazia.
Ora il punto è: devono arrivare i soldi di Obama per risolvere la violenza e la situazione giovanile in territorio latinoamericano, se questi soldi finiranno nelle mani di quei poliziotti (ed è giusto fare distinzioni perché il motto “fare di tutta l’erba un fascio” è di quei dittatori che non vogliono prendersi le proprie responsabilità) che non difendono ma attaccano la popolazione non c’è certo da ben sperare. I soldi prima o poi arriveranno, gli Usa si sono solo dimenticati di affrontare il fattore corruzione, in Latino America non è cosa da poco.
octavio

lunedì 28 marzo 2011

POVERE PATRIE

C'è una celeberrima canzone di Franco Battiato che dice "Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere di gente infame, che non sa cos'è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene. " E' soprattutto in questo credersi potenti che si capiscono i tanti errori, soprusi e catastrofi che schiacciano ora i popoli in modo più o meno manifesto. Il super uomo che guarda compiaciuto la sua tecnica e la sua scienza si vanta di essere padrone dell'atomo che invece gli si rivolta contro come l'Idra di Lerna, l'uomo che ha combattuto contro le barbarie dei totalitarismi ne crea oggi ovunque per celare un sitema economico e politico in implosione. Chi governa, chi siede "pacatamente, serenamente" negli scranni dell'opposizione, chi crea nuove divisioni e violenze tiene costantemente immobili le mani davanti al grido che sale dai popoli distrutti e dalla Natura che si ribella. C'è bisogno di uomini veri, non gente che si crede onnipotente, ma persone tagliate via da tutto il lordume in cui tutti questi porci fin troppo comodi stanno seppellendo il pianeta. Un'ultima nota giunge al fine: la potatura attuata sull'istruzione e la cultura sono segno di quanto questa "gente infame che non sa cos'è il pudore" voglia sottomettere gli uomini che, tenuti nell'ignoranza, diventano malleabili e sottomessi. Quanti dicono "mancano i soldi per la scuole" "mancano i fondi per la formazione" pensino ai costi di ogni singolo secondo di guerra in vite e in euro\dollari e mi spieghino come nella miseria dell'immediato Secondo Dopo Guerra ogni Stato uscito da quella devastazione ha messo l'istruzione e il lavoro al cardine di ogni Costituzione. Spiegatemi perchè in tutta quella miseria i fondi si sono creati e, oggi, questo uomo che si crede onnipossente vuole tenere tante generazioni lontane da una formazione completa e impossibilitate ad accedere al lavoro per il quale hanno a lungo e faticosamente affrontato professori tronfi e disinteressati all'educazione. Ditemi dov'è oggi che quegli uomini "tagliati via" da tutta questa sete di potere possono formarsi. Rimane la speranza in una delle ultime immagini di Leopardi, quella della Ginestra che vive "contenta dei deserti", fiore piccola ma resistente.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

Living in Honduras

Oggi vi racconto la storia, due personaggi: Pedro e Josè, il primo professore, il secondo studente. Pedro aveva una famiglia composita, di quelle che oggi vengono definite, come se fossero state messe all’ingrasso, “allargate”: due mogli (ovviamente con una era già avvenuto il divorzio) e cinque figli, quattro maschi e una femmina, tre avuti dalla prima moglie e due dall’ultima, l’attuale. Tutti ovviamente da mantenere. Pedro aveva dunque sempre lavorato sodo, non diceva mai di no ai corsi che settimanalmente gli venivano aggiunti, lui dei soldi ne aveva bisogno, voleva dare una vita decente alla propri famiglia. Aveva lavorato tanto e ormai, era ora della pensione, era questione di mesi, non di più. Quando iniziò a compilare tutti gli incartamenti e stava per essere mandato a casa a finire le ferie accumulate, poi finalmente l’agognate pensione, scoprì che lui in riposo non ci poteva andare. E perché? Non perché non avesse pagato i contributi, lui era sempre stato attento a queste cose e poi era, per lui, giusto servire anche lo Stato; non perché avesse saltato dei periodi lavorativi che andavano a corrompere la sua copertura contributiva. No, lui non poteva andare in pensione perché i fondi pensionistici erano spariti, lo Stato li aveva mangiati tutti; e come mai li aveva mangiati tutti? Li aveva usati per finanziare il golpe che ormai da due anni ha messo in crisi il suo paese, l’Honduras.
Josè, studente di ingegneria informatica, frequentava regolarmente i suoi corsi ed era in pari con gli esami, nel 2009 gli mancavano tre esami e poi la tesi e avrebbe coronato il suo sogno di diventare ingegnere, avrebbe smesso di pagare le tasse universitarie che di molto pesavano sull’economia famigliare, avrebbe iniziato a lavorare e sarebbe diventato indipendente. Tutto al condizionale perché con il golpe l’università è andata alla malora, quello che di buono c’era, il lavoro dei professori, anche quello si è bloccato perché la storia di Pedro ha fatto il giro dello Stato e sono iniziate le proteste. Josè voleva laurearsi e ancora non c’è riuscito, naturalmente per non perdere il lavoro di tanti anni continua a pagare le tasse, solo per mantenere il vantaggio acquisito perché della laurea non se ne parla, per questo motivo è entrato a far parte di una specie di collettivo, di gruppo, di organizzazione (chiamatela come vi pare) che combatte da dentro l’università per i diritti di studenti e professori. Il loro lavoro non piace a Lobo, il dittatore II che è appoggiato da Obama e da tutta la parte del mondo benpensante, ricco e fascista, che quindi ha mandato l’esercito varie volte per tentare di fermare questi studenti. L’ultima volta che l’esercito è entrato all’UNAH è stato cinque giorni fa, qui potete vedere il video.
octavio

sabato 26 marzo 2011

Non si impara niente da Belgrado


Ieri era il 24 marzo: 12° anniversario dei bombardamenti a Belgrado.  Chissà se D’Alema, Fassino e company se lo ricordano.
Sembra di no. Non se lo ricordavano quando hanno votato alla camera le mozioni sulla partecipazione alla missione in Libia e  sul ruolo della Nato. Eppure la nostra costituzione all’art 11 recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.  Ma il parlamento, il nostro parlamento, che dovrebbe rappresentare il popolo non sembra tenere molto presente il dettame costituzionale.  Come dire:  tutti i problemi di coscienza e le lotte per far emergere questa costituzione, caro Alcide, non sono serviti a nulla. Queste mattine mentre andavo a studiare leggevo sui giornali: “Gli Italiani stanno con Silvio. E con la guerra”.  Ecco perché il nostro parlamento non ci rappresenta più. Perché chi ne fa parte si è forse dimenticato o non hai mai parlato con le famiglie delle vittime dei bombardamenti UMANITARI dell’Alleanza Atlantica del 1999.
Ma anche il Parlamento nostro, più che al popolo, è al petrolio che deve guardare, anche se per arrivare a questo obbiettivo si è fatto qualche errore, si è fatta qualche vittima per sbaglio come a Misurata. Perché non vanno i nostri parlamentari a dire alle madri di quei figli uccisi che sono morti in nome  di una corsa al petrolio, di cui l’Italia si è fatta schiava?.
“Ahi serva Italia”, recitava un volantino di una manifestazione nella mia città.  Anche se in parlamento il popolo non è più considerato, ma sono il denaro e il potere al centro di ogni interesse, c’è ancora qualcuno che considera la guerra uno dei mali peggiori per l’umanità, e non si stanca di protestare, nei luoghi di lavoro, nelle strada e nelle piazze.

Loner

Nuova guerra, e nessuno se ne interessa

Siamo troppo attenti a vedere cosa accade in Libia, a capire, se mai succederà, quale stato europeo per primo verrà colpito, a capire chi ha colpito cosa, di chi è la colpa iniziale e soprattutto quanto petrolio possiamo accaparrarci per portare attenzione al mondo palestinese. Qui la situazione non è mai stata così tragica, se consideriamo che un tentativo (inutile e fin(i)to d’accordo) di dialoghi di pace c’è stato. Dopo la strage di quella famiglia di coloni che è stata uccisa a coltellate, un massacro che non ha risparmiato nemmeno un bambino di 3 mesi, le rappresaglie sioniste contro i palestinesi in genere. Sono stati attaccati tutti i palestinesi senza concentrarsi sulla cattura dell’assassino, l’ANP, almeno, ha arrestato due jihadisti, ha dato un segnale positivo.
Piccola digressione: avete notato che qualsiasi musulmano che agisca in modo violento viene definito terrorista e invece Qaddafi, che sta ammazzando il suo popolo, nessuno lo definisce tale solo perché tutti hanno bisogno di lui per i soldi e il petrolio che ha? Vi rendete conto di che schifo di politici ci stanno governando o no?
Torniamo alla Palestina, dopo la strage Gaza ha avuto ripercussioni pesanti con incursioni militari continue e molti morti (anche donne e bambini) causate dagli spari dell’esercito. Questo metodo di agire, che pochi giorni fa definivo pulizia etnica, è ovvio che scaldi gli animi dei più violenti e così sono ricominciati i lanci di Qassam dalla Striscia, questa volta hanno anche fatto un morto; non solo, sono tornati gli attacchi terroristici a Gerusalemme, è esploso infatti un pacco bomba nella stazione centrale degli autobus, bilancio: un morto, diversi feriti alcuni in gravissime condizioni. La risposta israeliana è stata la contraerea che ha già distrutto edifici e ucciso decine di persone. Non la si può ancora chiamare guerra, mancano ancora tutti i dettagli per far sì che la si possa definire così, ma di base ci troviamo di fronte a una nuova guerra. Che cosa bisogna aspettare ancora per mettere fine a una strage (da una parte e dall’altra) che dura ormai più di sessant’anni? Dobbiamo tornare all’Etzel o a Settembre Nero perché qualcuno faccia qualcosa?
michael

venerdì 25 marzo 2011

Perdóname madre, por mi vida loca

Ogni “gioco” ha delle regole che vanno rispettate, oggi vi voglio mettere a confronto due realtà che vivono lo stato di El Salvador:

1. “Agiremo contro la delinquenza attraverso lapidazioni, decapitazioni, smembramento dei corpi le cui parti disperderemo verso i quattro punti cardinali, come segnale che stiamo in ogni luogo”. Questa è la dichiarazione più feroce che sia stata pubblicata via internet da quando si pensavano finiti gli squadroni della morte, e invece eccoli qui, pronti ancora a colpire, anzi hanno già iniziato a uccidere.
2. “1.- No cooperar con la policía 2.- Hazte cargo de tus propios problemas 3.- Nunca delates a la pandilla 4.- Ningún insulto se queda sin respuesta. 5.- No cometas crímenes en tu propio vecindario 6.- No metas a personas inocentes, mujeres o niños 7.- Escuelas, Iglesias Tiendas y Cines son territorio neutral”. Regole semplici e di facile comprensione per le due maras che hanno da tempo messo in ginocchio il paese.

Il Salvador vive oggi uno dei più gravi problemi di violenza che si fossero mai pensati con la fine della guerra civile, più di 6 milioni di abitanti e un primato di morti che fa rabbrividire: 76 omicidi ogni 100mila abitanti; la media è di dieci omicidi al giorno.
Oltre alla morte non si calcolano più le rapine, i feriti, gli stupri. Se un tempo era facile dare la colpa sempre e solo alle maras, a quei giovani disposti a tutti per il controllo di lembi di terra o di maggior traffico di droga, ora ritornano anche gli squadroni della morte: il collasso è vicino.
È anche per questo motivo che Obama ha fatto visita al presidente Funes dichiarando quanto segue: “Será un programa diseñado y liderado en Centroamérica por los gobiernos de la región y confío en que el presidente Funes demostrará gran liderazgo en asegurar que ese dinero se gaste apropiadamente en El Salvador. El énfasis es trabajar con un enfoque regional y los países centroamericanos deben ayudar a darle forma y diseñar cómo el dinero debería ser gastado”
I soldi di cui stiamo parlando sono 200 milioni di dollari da distribuire (anche se non si sa bene come) a tutto il latino america, la scelta di investimento sarà decisa dallo stato che li otterrà. Davanti al suo collega salvadoregno Obama ha però dato peso soprattutto al mondo dei giovani che, a detta dello stesso presidente, oggi hanno solo due possibilità: emigrare negli USA (e si potrebbero fare milioni di post sulla tratta di immigrati organizzata dai “coyotes”) o entrare nella delinquenza.
Le domande alla luce di questo sono: siamo sicuri che solo i soldi risolveranno il problema? Siamo sicuri che questi soldi non saranno rubati dai venduti che lavorano nel governo? Siamo sicuri che non serva anche un cambio di educazione, di vita e di sguardo per poter porre fine alla spirale di violenza che flagella El Salvador?
octavio

giovedì 24 marzo 2011

Qui si tratta di pulizia etnica

Basta il nome “Piombo Fuso” e non c’è bisogno di aggiungere altro, tutto il mondo sa a cosa mi sto riferendo tutto il mondo sa quanti morti ha provocato. Una vera e propria guerra lampo di punizione contro un popolo murato vivo dentro un lembo di terra conteso da troppo tempo.
Di questo sterminio di palestinesi non ci si ricorda quasi più e sono passati solo due anni, non ci si ricorda nemmeno più del Rapporto Goldstone, testo fondamentale per capire chi è veramente Israele e cosa ha fatto in quel mese di attacchi senza senso, io ve ne do solo uno stralcio (un vecchio post di momò è più preciso) che serve per arrivare al cuore del mio post.

45. La Missione ha inoltre esaminato un episodio in cui, durante la preghiera della prima serata, un missile ha colpito una moschea provocando la morte di quindici persone, mentre un attacco con munizioni flechette sparato contro una folla riunita in una veglia funebre ne ha uccise cinque. La Missione ritiene che entrambi gli episodi costituiscano un attacco intenzionale alla popolazione e ad obiettivi civili.

La notizia di oggi è che un accademico americano, Richard Falk, ha fatto richiesta al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite di risoluzioni che condannino i comportamento d’Israele nei territori occupati dal ’67. Queste le sue parole: “La costante politica di espansione degli insediamenti a Gerusalemme est con associata l’evacuazione forzata dei residenti palestinesi non può essere tollerata. Questa situazione, per il suo impatto cumulativo può essere descritta solo come una forma di pulizia etnica oltre che di colonialismo”.
Sacrosante parole che mettono in luce il vero problema palestinese. Nessuno ha il coraggio di ammettere che si sta compiendo un genocidio sistematico organizzato dal Governo Israeliano con il contributo di tutta la Comunità Internazionale, un genocidio prima di tutto culturale perché distrugge un’identità e poi fisico perché elimina le persone.
michael

mercoledì 23 marzo 2011

Rita Atria

“Attendere chi. O cosa?
Forse una speranza,
l’illusione di cambiare ciò che ti corconda
talmente implicato
perché sai che mai ciò che ti è stato rubato
ti potrà essere restituito:
puoi gridare, piangere, soffrire, ma nessuno ascolterà,
nessuno ti capirà,
anzi ti giudicherà.”
Così scriveva Rita Atria nel suo diario.
Figlia di un boss mafioso, implicato in alcuni giri di droga, vede il padre Don Vito Atria morire.
Anni dopo vedrà il fratello Nicola, anche lui implicato in giri mafiosi, morire.
Ma nonostante tutto decide di denunciare, capisce che nonostante la sua giovanissima età ( 16/17 anni) è chiamata anche lei ad un compito. Capisce che l’ingiustizia va combattuta, che bisogna compromettersi in prima persona. Inizia così la collaborazione con il giudice Borsellino. Inizia a raccontare ciò che sa, a fare nomi: come quello di Culicchia, l’ex sindaco democristiano che governò dopo il terremoto. Viene messa nel programma di protezione testimoni, e trasferita a Roma con falso nome. Nel frattempo la mamma di Rita, da brava donna della mafia, la rinnega e non vuole più avere a che fare con lei.
Ma la voglia di combattere di Rita finisce presto: Borsellino, il giudice in cui lei sperava, viene ammazzato. Rita si suicida a soli 17 anni. Davanti a una realtà come quella vissuta da Rita, se non si trova un senso per vivere, resta solo la disperazione e Rita abbandona la lotta.
Al funerale non andò nessuno, nemmeno la madre che la riteneva colpevole di avere violato l’onore della famiglia.
Le ingiustizie non si riescono a spiegare, resta solo il dolore per una ragazzina che a 17 anni si toglie la vita. La mafia non è una questione di alcune “famiglie”, come è spesso definita e banalizzata, la mafia è ormai un’istituzione, un modo di pensare.È questo che va combattuto.
“Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi perché avremo bisogno di tutta la vostra forza”. Gramsci
loner

martedì 22 marzo 2011

Yes, we can? E allora fallo!

Obama è partito (non di testa). È andato a far visita all’America Latina, quella che sta sotto di lui ma della quale se n’è sempre fregato. Dopo aver visitato Brasile e Cile oggi arriverà in El Salvador per rendere omaggio a Monsignor Romero, in attesa di sapere che cosa dirà, era partito per ricucire i legami con i latinoamericani ai quali aveva promesso grandi cambiamenti che non sono mai arrivati, vi voglio raccontare le proteste che sono nate in quel piccolo stato dove povertà e violenza sono ormai normalità.
Davanti alla cattedrale, quella dove andrà Obama a rendere omaggio, si sono riuniti circa duecento (si sa che le cifre non sono mai precise ma ciò che importa è che qualcuno in quella piazza c’era) honduregni per chiedere il ritiro immediato dell’appoggio che gli Stati Uniti danno al governo di Lobo; 200 honduregni hanno manifestato questo loro dissenso mettendosi in croce, simulando di essere dei crocifissi.
Nella piazza è stata fatta una simulazione, in Honduras le crocifissioni sono la reale vita di quel popolo. È di ieri la notizia della morte di un’insegnante per mano della polizia, un insegnate che stava protestando; la fonte è certa, la fonte è una persona che io conosco. Oggi nuovi manifestazioni sono organizzate in El Salvador, anche grazie all’aiuto di molti studenti salvadoregni. È questo ciò che va sottolineato, il popolo sa che cosa vuol dire soffrire e quindi si schiera dalla parte di chi deve ricevere giustizia, i potenti invece non sanno che cosa sia il dolore, loro guardano solo al denaro, guardano solo agli interessi personali: ecco perché Obama ha finanziato il golpe in Honduras e ora accetta e sostiene Lobo, un assassino dalle cui mani gronda ancora sangue.
Per ricucire con il Latino America Obama dovrebbe capire solo una cosa: se la gente soffre va aiutata. Che sia Centro o Sud poco importa la povertà lì è estrema, la politica non dovrebbe risolvere questi problemi primari prima di fare grandi discorsi o fare foto in cui ci si stringe la mano sorridendo?
octavio

Un abitudine (V parte)

Decisi di seguirla convinto che, se mi avesse mostrato ciò per cui mi dava il tormento, tutto sarebbe finito e io sarei tornato alla mia vita di sempre. Che cosa deve fare, d'altronde, un uomo? Non deve forse vivere la sua vita, fare il suo dovere, e pensare ai suoi affari? Era normale e mi sembrava, anzi, che tutto ciò mi fosse dovuto.
Lungo il tragitto non parlò e io la guardavo in attesa che mi spiegasse dove stavamo andando. Ma non disse niente fino a quando non giungemmo in un quartiere dove non ero mai stato. Vi erano grossi palazzi grigi, cupi con balconi malconci e senza tende alle finiste. Il parco in mezzo sembrava nudo, non vi era erba ma solo terra e fango; sembrava non esserci nulla ma era pieno di persone che entravano e uscivano da questi palazzi. Mamme e bambini e qualche anziano senza scarpe seduti su delle panchine sfondate. Continuavo a guardarla, ma lei non sembrava interessata a me ma solo a ciò che stava intorno. Entrammo in uno di questi palazzi. Le porte degli appartamenti erano semi aperte e all’interno non vi era luce e si avvertiva un freddo che penetrava le ossa.
Continuavo a chiedermi perché stessimo guardando degli appartamenti vuoti, che senso avesse avermi portato fin lì.
“ci abitano famiglie di sei o sette persone. Senza luce né gas. Molti di queste persone sono abusivi, molti non hanno lavoro”, disse con tono di voce basso, come se dirlo ad alta voce fosse qualcosa di sbagliato.
Continuammo il giro senza dire nulla. Mentre giravo riconobbi un uomo che avevo visto in aula non poco tempo fa. Una causa di licenziamento. Il nostro giro non durò tanto, ma l’odore di marcio di quei palazzi mi era entrato nelle narici e un forte mal di testa mi aveva preso improvvisamente. Decisi di andarmene.
“ Ora non le darò più fastidio” disse e aggiunse” volevo solo farle vedere ciò che le ho mostrato. Si chiede mai quando decide una causa che cosa c’è dietro alla persona che le sta davanti? Si chiede mai che situazioni, che fatti, portano una persona a trovarsi in un’aula di tribunale davanti a lei?
Non voglio giudicarla, ma credo che lei si ritenga solo un funzionario, un perfetto funzionario, ma niente più di questo. Ma un giudice non è prima di tutto un uomo? A che serve la legge se tutto si limita ad un’aula di tribunale? A che cosa serve il suo lavoro se non costruisce niente?”.
Non risposi niente. Mi incamminai per tornare alla mia abitazione. Non ero arrabbiato, non ero niente. Nessun sentimento attraversava il mio animo. Il giorno dopo sarei andato a lavorare. Come sempre. Che cosa avrei dovuto fare? Perché dovevo cambiare il mio modo di vivere? Avevo la sensazione che ora qualcuno si aspettasse qualcosa da me. Ma il peggio fu che, man mano che ci pensavo, intuivo che non erano gli altri a volere qualcosa da me, ma ero io stesso. Dopo l’incontro con quella donna non sapevo più chi ero. Mi addormentai, e per la prima volta, sperai di rincontrare nuovamente questa persona. Non mi era mai capitato niente del genere.
Fine.
loner

lunedì 21 marzo 2011

ed arrivasti a varcar la frontiera il primo giorno di primavera

Di nuovo l'uomo si dimostra incapace di dialogo, ancora una volta il potere preferisce il rombo delle armi alla sinfonia delle parole. Indubbiamente il massacro che il dittatore libico operava verso i suoi oppositori andava fermato, ma prima di ogni intervento diplomatico, magari della Lega Araba, ci si è gettati sulle armi. Anche la storia del nostro paese racconta che senza l'appoggio alleato la Resistenza non avrebbe vinto i nazifascisti, ma da allora gli organismi internazionali si sono moltiplicati, le agenzie che dovrebbero garantire la pace, i viveri e il bene comune per tutti si sono costituiti, "a che tante facelle?" Le armi ancora una volta sono l'unica voce che alla fine porterà alla sconfitta del dittatore ma con il contorno di quali interessi occidentali? Perchè nessuno si indegna per i tanti altri genocidi che il mondo tace? Davanti a questo è importante chiedersi se ogni strada diplomatica era stata presa e non farsi ingannare da chi incita all'intervento armato come unica soluzione ne da chi, guerrafondaio fino a ieri, si scopre oggi non interventista solo per difendere l'elettorato da chi disperato si allontana dal teatro bellico.
E' giusto sottolineare anche l'ibarazzo a cui, ancora una volta, il nostro ridicolo Premier espone l'Italia. I suoi trascorsi personali con dittatori di ogni sorta sono la cartina di tornasole del modello che egli, nella sua ingegnosa follia, ha per tutti noi. 
IoLiOdioINazistiDellIllinois

Your future is brighter without a sugar daddy

Continua il mio lavoro di descrizione della situazione politica dello Zimbabwe, continuo a presentarvi la campagna elettorale che Mugabe sta mettendo in atto. Per fare ciò parto da una notizia positiva (o, meglio, che cerca di portare il positivo): la Banca Mondiale, dopo aver testato il progetto in Malawi, apre una nuova campagna di sensibilizzazione per contrastare il contagio di HIV. Dal titolo “Il tuo futuro è più luminoso senza un dolce papà” si impegna a finanziare la vita di centinaia di adolescenti che potranno così andare regolarmente a scuola invece di prostituirsi, gli sugar daddy sono anziani che comprano giovani amanti per i loro divertimenti sessuali il più delle volte contagiandole. Se davvero il progetto andasse in porto ci sarebbe un grandissimo passo avanti, ci sarebbe forse la possibilità di vedere un futuro.
Ora provate guardare in chiave metaforica la figura del sugar daddy, non trovate che possa essere la miglior descrizione di Mugabe? Un uomo all’apparenza dolce e che cerca ci ammagliare con la sua estrema squisitezza, ma che nasconde dietro di sé l’ombra del monatto: il barelliere che fa ammalare lo Stato che governa.
Ed ecco che arriviamo alla campagna elettorale. Vi ricordate quei 45 attivisti arrestati di cui, poi, 39 liberati, torturati perché avevano visionato dei video sulle proteste in nordafrica? Non solo loro hanno ottenuto questo trattamento, un professore dell’Università e cinque suoi colleghi per aver fatto vedere le stesse immagini nelle loro lezioni sono stati arrestati e torturati. Torture evidenti su piedi, natiche e gambe fatte con manici di scopa e oggetti appuntiti.
Oltre alle torture un altro punto è entrato ufficialmente nelle campagna che dovrebbe portare Mugabe di nuovo sul podio: boicottaggio prodotti internazionali. Lui stesso in persona avrebbe invitato il popolo a non comprare prodotti esteri come risposta critica alle sanzioni che continuano ad arrivare contro il governo. Sanzioni giuste, anzi troppo poco efficaci per il mostro di cui stiamo parlando, che fanno incazzare Mugabe perché vanno a fregargli tutti i soldi che lui vorrebbe fare, vanno a mettere in crisi le industrie che lui ha, ecco allora che propone di mettere al bando i prodotti che vengono dall’estero.
Per oggi mi fermo qui, non ho più intenzione di stare a ripetere che i mostri vanno fermati, io mi limiterò a raccontarvi le storie dello Zimbabwe, la vita della gente comune; non dimenticare è già un non abbandonare quel popolo, certo un intervento internazionale sarebbe più auspicabile.
octavio

sabato 19 marzo 2011

Paradiso e Libertà

“Ogni modello ha la sua lingua; quello della nuova politica, non avendo più alcunchè di corretto di cui tener conto, è diventato sciatto, volgare aggressivo; come una volta c’erano le scuole di retorica, così devono essere stati istituiti dei corsi aziendali per l’addestramento degli addetti ai dibattiti televisivi, perché in tutte le occasioni di scontro gli argomenti sono sempre gli stessi, tanto ripetuti da pretendere di essere persuasivi, e uguale è la tecnica di darsi sulla voce, di irridere l’avversario di impedirgli di parlare, e di accogliere le sue parole con smorfie di commiserazione e di disgusto, che con diligenza le telecamere riprendono in primo piano e mandano in onda. Nella foga polemica e nella autoesaltazione di sé  richiesta dalla nuova politica leaderistica, i capipopolo mostrano i muscoli e forniscono informazioni delicate, altrimenti riservate, sull’integrità dei propri mezzi fisico; per non parlare del giuramento richiesto in un comizio a conclusione di una campagna elettorale al popolo acclamante, perfetto simbolo di un regime non più democratico in cui sovrano e popolo formano un unico corpo mistico".
Raniero La Valle

venerdì 18 marzo 2011

Seré fuerte como un roble

Il post inizia con un ringraziamento, finalmente ora abbiamo capito come funziona la politica in Honduras e per questo dobbiamo solo ringraziare il Dittatore Lobo: se prima la dittatura era capitanata da un Gorilla ora, grazie a questa dichiarazione, scopriamo che adesso il paese è in mano a un Bue; la Fattoria degli animali insomma. Il Bue afferma ciò per spiegare la sua posizione nei confronti del problema che davvero sta mettendo in ginocchio l’Honduras e cioè lo sciopero dei maestri. Non voglio essere oltremodo ripetitivo quindi dirò solo che si sciopera per la fame, è da un anno infatti che molti (non tutti, e il governo gioca proprio su quelli ai quali non è capitato) insegnanti non percepiscono stipendio.
“No tiene sentido estar dialogando si no están en clase, porque los niños no tienen por qué estar sin educación. No hay una razón válida para castigar a los pequeños. Yo les he dicho a los maestros que se puede dialogar sin suspender las clases”. Sono d’accordo, non ci dovrebbero rimettere i bambini, ma con che coraggio Lobo può chiedere di tornare al lavoro se quel lavoro non dà da vivere? E il fatto è che non dà da vivere perché il governo, e quindi lui, non sana il debito con Instituto Nacional de Previsión del Magisterio.
“Ayer los maestros le fracturaron un dedo a una mujer, es una barbaridad”, ecco la miglior dimostrazione di demagogia. I maestri, coloro che educano i bambini, se nelle proteste rompono un dito a una signora (e poi bisogna vedere in che modo questo incidenti è avvenuto) sono dei barbari, dei mostri da condannare; se invece l’assassino è il Premier (e lui sulla coscienza ha più di un dito rotto, ha centinaia di morti, e centinaia di desaparecidos) allora nessuno può dire nulla: 1. se no anche lui muore 2. tutti sanno della sua colpevolezza ma nessuno interviene 3. tutti cercano di nascondere le evidenti prove di colpevolezza.
“La crisis magisterial se va a resolver, ya que Honduras no puede jugársela a que los niños y jóvenes no se eduquen como deben, porque es su derecho”, un senso di inquietudine nasce guardando a questa dichiarazione, un senso di disperazione. Conoscendo le atrocità compiute dal Bue non oso immaginare cosa sarà in grado di organizzare per mettere a tacere i professori, lui, il più ignorante di tutti.
octavio

giovedì 17 marzo 2011

fischia il vento

Mentre batto sulla tastiera il dittatore libico stermina il suo stesso popolo, mentre un lentissimo ONU decide se intervenire. Ora, che pensare? La furia gueriera francese mi fa credere più alla volontà di sostituirsi all'ENI che a opere di bene, ma d'altro canto come lasciare quell'omino nel suo delirio? Sarò anche ingenuo ma tutti quei film americani dove alcune teste di cuoio prelevavano il dittaore senza bisogno di bombardare il Paese?
Dall'altra parte di questo vecchio pazzo mondo un popolo straordinario affronta uno dei drammi più grandi della storia, e noi? progettiamo nuove centrali in un paese dove non smaltisci nemmeno i rifiuti "normali" figurati le scorie nucleari! Un paese che se il cemento armato deve essere di cinque metri lo facciamo di uno, il resto in tangenti e poi fallo in sabbia che costa meno...
In tutto questo il piccolo folle che ci governa punta a smantellare l'unico potere che gli manca (legislativo, esecutivo e "comunicativo" già da tempo sono suoi).
Forza ragazzi toccato il fondo si può solo salire.
IoLiOdioINazistiDellIlloinois

Fulmini di storia italiana

VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO
RE DI SARDEGNA, DI CIPRO E DI GERUSALEMME
DUCA DI SAVOIA, DI GENOVA, ECC., ECC., ECC.
PRINCIPE DI PIEMONTE, ECC., ECC.


Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato,
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

ARTICOLO UNICO.

Il Re Vittorio Emanuele II assume per sè e pei suoi successori il titolo di Re d’Italia.

Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta degli atti dal Governo mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Torino addì 17 marzo 1861.


Benito Mussolini: “Le classi che compongono la borghesia produttrice sappiano che il fascismo vuole imporre una disciplina sola alla nazione e aiutare tutte le forze che ne aumentino l'espansione economica ed il benessere. Le genti del lavoro, quelle dei campi e delle officine, quelle dei trasporti e dell'impiego, nulla hanno da temere dal potere fascista. Saremo generosi con gli avversari inermi; saremo inesorabili con gli altri. Il fascismo snuda la sua spada lucente per tagliare i troppi nodi di Gordio che irretiscono e intristiscono la vita italiana. Chiamiamo Iddio sommo e lo spirito dei nostri cinquecentomila morti a testimoni che un solo impulso ci spinge, una sola volontà ci accoglie, una passione sola c'infiamma: contribuire alla salvezza ed alla grandezza della patria. Fascisti di tutta Italia! Tendete romanamente gli spiriti e le forze. Bisogna vincere. Vinceremo! Viva l'Italia! Viva il fascismo!” 27 ottobre 1922

Francesco Speroni, capodelegazione Lega Nord all’europarlamento: "L'unità d'Italia non è un evento da festeggiare, sarebbe stato meglio se non ci fosse stata perché così la Padania sarebbe più ricca".

Giorgio Napolitano: "Non fu per caso che venne collocato all’articolo 12 il riferimento al tricolore italiano come bandiera della repubblica. Riferimento sobrio, essenziale, ma imprescindibile. I costituenti vollero farne, con quella collocazione nella Carta, una scelta non solo simbolica di principio. E dato che nessun gruppo politico ha mai chiesto che vengano sottoposti a revisione quei 'Principi fondamentali' della nostra costituzione ciò dovrebbe significare che per tutti e pacifico l’obbligo di rispettarli. Comportamenti dissonanti con particolare riferimento all’articolo sulla bandiera tricolore, non corrispondono alla fisionomia e ai doveri di forze che abbiamo ruoli di rappresentanza e di governo”.

A tutti quelli che amano il proprio paese e per questo non vedono l’ora che il mondo della politica abbia la scossa che merita: un cambiamento totale e radicale che porti il nuovo senza compromesso.
octavio

mercoledì 16 marzo 2011

L’apertura della campagna politica

Della scelta del partito Zanu – PF di ricandidare Mugabe alle prossime elezioni (quelle che a breve arriveranno) ne avevo già parlato. Oggi voglio parlarvi della sua campagna elettorale concentrandomi su di una notizia a dir poco agghiacciante: il tribunale dello Zimbabwe ha liberato 39 dei 45 attivisti che si erano riuniti per visionare i video riguardanti le rivolte in Egitto e Tunisia. Se 39 sono usciti vuol dire che 6 sono rimasti dentro e questi hanno tutti “incarichi politici”, non istituzionalizzati ma rimangono figura che hanno sempre avuto un riscontro positivo da parte di tutto il popolo dello Zimbabwe.
Loro sono in prigione in attesa di un nuovo processo stabilito per il 21 marzo, rimangono accusati di “tradimento della patria”, solo perché vedevano un video sulle rivolte nordafricane e solo perché un poliziotto, quindi un venduto perché sottomesso a Mugabe, ha dichiarato che mentre visionavano quei video avrebbero affermato che in Zimbabwe esiste un regime da molto tempo che costringe la gente alla fame, alla povertà e alla disoccupazione mentre permette ad altri di godere di questa situazione. Detto in parole povere stavano dicendo la verità, nuda e cruda così come la si presenta in quello stato africano così sofferente a causa di un dittatore che è un mostro.
Fonti certe hanno dimostrato che appena arrestati tutti gli attivisti sono stati picchiati e i 6 rimasti anche torturati, solo dopo molto ore (per l’attesa di un permesso che non arrivava mai) hanno potuto ottenere cure mediche, a quelli che soffrono di AIDS per qualche giorno è stato negato di poter assumere i farmaci. Dulcis in fundo per l’accusa per la quale sono stati incarcerati si rischia la pena di morte.
Questa è la campagna politica che sta attuando Robert Mugabe, il folle che è al potere da troppo tempo, che ha ucciso troppe persone e che continua a farsi strada uccidendo per dominare. Continuo a domandarmi perché nessuno interviene.
octavio

De musica ligera

Il mondo intero puzza più che mai. L'orrenda ingiustizia imperversa in tutto il mondo, da qui all'Africa, dall'Honduras alla Palestina, e se da una parte non si può cessare di domandarsi il perchè, dall'altra si capisce che ci dev'essere un positivo, ci dev'essere un senso, e può essere ovunque.
Io oggi l'ho cercato perfino nelle parole di alcune canzoni. E' come la primavera/ per capire che siamo ancora belli/ e che non sarà l'azione dell'uomo/ a renderci infelici. Siamo ancora belli, siamo nella merda fino alle sopracciglia eppure possiamo ancora controbattere a chi ci vorrebbe alle sue dipendenze.
Ci è stata data una libertà ben più grande di quella propagandata dal Polo omonimo, possiamo essere uomini nonostante tutti ci dicano che siamo denaro. Giovanni grida solo per la via:/ "fermatevi parliamo di poesia"/ ma tutti vanno avanti/
contano i contanti / minaccian di chiamar la polizia. E cosa facciamo per essere uomini? Non si può sempre parlare di poesia, no?
E questa strada non sarebbe disperata/ se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita/ ma piano piano il mio destino/ é andare sempre più verso me stesso/ e non trovar nessuno. Forse basta questo appartenere, per ricordarsi a vicenda che c'è un motivo per cui fare ogni cosa, per camminare insieme, e per ridere insieme, perchè Il nostro ridere fa male al presidente.
zecca

martedì 15 marzo 2011

Vivere per la politica

12 fra regioni e repubbliche russe hanno votato, una prova per le future elezioni presidenziali del 2012, un metro di misura valido per capire se Putin regge ancora o inizia a scricchiolare. I dati sono ancora non definitivi ma sembra che il capo totale di tutte le russie abbia vinto: 68,5% dei voti è stato assegnato infatti al partito Russia Unita. Secondo posto per i comunisti e terzo per il partito “Russia Giusta”, filogovernativi.
Le votazioni hanno però dimostrato un calo decisivo in alcune aree, che non mettono in crisi il voto generale (un 68,5% è un ottimo risultato) ma dimostrano comunque un calo dei consensi; di fronte a ciò Putin non si scompone minimamente e commenta solo il dato positivo: “Ho vinto io”.
Di fronte a questa vittoria schiacciante nasce però un dubbio: i brogli. Il leader del partito riformatore ha così commentato: “La maggior parte dei voti è stata rubata in seguito a vari brogli e falsificazioni”. C’è da sottolineare un fattore fondamentale: anche il partito comunista (ricordiamolo, secondo dopo Putin) ha dichiarato che sono avvenuti brogli che hanno compromesso la validità delle elezioni, ma non ci sarà nessuna richiesta di annullamento della tornata.
Ecco, siamo di fronte al vero volto della politica. Quando uno vince una poltrona non ha nessuna intenzione di mollarla, vanno quindi bene anche i brogli: chissenefrega se non rispettano il volere della gente, l’importante è che chi ha vinto abbia i soldi che gli spettano.
È inutile altro commento, lo schifo della politica moderna è che ormai va bene tutto basta prendere lo scranno tanto agoniato.
aleksej

lunedì 14 marzo 2011

Condoglianze

Non ci sono giustificazioni, anche io davanti all’orrore e all’insensatezza del gesto sono destinato a tacere, non si può parlare di odio e di politica quando la gente viene brutalmente uccisa. Una famiglia intera di coloni è stata uccisa nel sonno, uccisa a coltellate. Solo due figli si sono salvati, solo perché in una stanza un po’ più nascosta della casa e, per questo, non notati dagli aggressori; una terza si è salvata perché non era in casa, è stata lei a dare la notizia. Restano uccisi i due genitori e tre figli (uno di 11 anni, uno di 3 anni e uno di 3 mesi) tutti uccisi con coltellate al collo, una mattanza degna di un folle.
Fonti certe (?) dicono che il folle che ha compiuto il gesto sarebbe poi scappato verso Nablus ed ecco perché l’assassino è da riconoscersi in un palestinese, io odio le supposizioni, io credo nelle certezze e spero che l’attentatore venga preso al più presto, sia incarcerato come è giusto che sia, chi ci assicura però che sia palestinese? Netanyahu chiede (o meglio impone, perché le parole della richiesta non erano dolci) che l’Anp lavori anch’essa per la cattura del/dei responsabili, e io sono d’accordo: non è detto che sia palestinese, ma sono d’accordo che tutti si mettano all’opera per consegnare alla giustizia un mostro.
Il vero problema ora qual è? Che le ritorsioni, ora, sono imprevedibili e durissime, e, in questo caso, non si cercherà di certo l’assassino, si cercherà solo di mandare a morte i palestinesi. Hanno già iniziato a sparare contro automobili, a sfondare le porte delle abitazioni palestinesi o addirittura ad abbatterle. Questo non è consegnare l’assassino alla giustizia, questo è far pagare a un popolo tutto la follia di uno, e ripeto, nemmeno sappiamo se è palestinese.
Ora bisognerebbe piangere, bisognerebbe fare memoria del massacro appena avvenuto per ricordare chi è stato ucciso non per fare altri morti.
michael

domenica 13 marzo 2011

Memorie dal Sottosuolo

Leggo con dolore le notizie che giungono dal Giappone, le immagini non lasciano certo dubbio sulla catastrofe che quel piccolo stato ha dovuto subire. A rendere ancora più dolorose e pesanti quella immagini la notizia che già mille persone sono morte e, comunque, il bilancio è destinato ad aumentare. Leggo poi del rischio nucleare e, a questo punto, il mondo tutto si dovrebbe interrogare sull’utilità di centrali nucleari sui propri territori. Davanti a questo dramma tutti si mobilitano e le forze internazionali, Cina e USA in prima fila, fanno sapere che ci sono e potranno aiutare in qualunque modo; il Giappone risponde ringraziando ma sottolineando anche che valuterà ogni tipo di finanziamento, data la situazione di indebitamento in cui si trova. La crisi ha duramente colpito un cavallo puro sangue dell’economia come il Giappone, anche se, ultimamente, si vedeva la ripresa. Davanti a tutto ciò rimane salda la certezza che, comunque, il Giappone si rialzerà, lo ha dimostrato tante volte nella storia per la forza del suo popolo, lo dimostra la possibilità economica in cui si trova (mettendo in conto anche i debiti). Certo, questo non elimina il dolore ma una speranza la dà.
Nel 2010 230mila persone moriva, 300mila rimanevano ferite, un milione di persone hanno dovuto dormire in tenda; successivamente 5mila morti per colera e 150mila contagiati. Tutto ciò è Haiti, lo stato che ora presenta una età media pari a 16 anni e un’aspettativa di vita che non supera i 55. 10 miliardi di dollari è la cifra che tutto il mondo ha voluto donare per la ricostruzione; il risultato? 800mila persona stanno ancora aspettando di avere una capanna in legno, ATTENZIONE non una casa, una capanna in legno. E tutti quei soldi che fina hanno fatto? Chiedetelo ai volontari e alle associazioni che là stanno lavorando (parlo della associazioni enormi, di quelle internazionali, di quelle che quando ci sono le catastrofi non mancano mai, non certo della piccole realtà che lavoro solo con lo scopo di aiutare), quei volontari che, fatto il turno lavorativo, si rinchiudono in stanze di lusso e riposano le stanche membra.
La forza della natura ha distrutto e continua a distruggere nazioni intere, mette in ginocchio tutti, è orribile pensare che l’uomo, anche di fronte a tutto ciò, sia capace solo di pensare al profitto.
octavio

sabato 12 marzo 2011

faccia a faccia

Davanti alle forze naturali ci si sente piccoli piccoli. Qualcuna è affrontabile dove soldi e tecnologia sono applicati con un pò di buon senso e coscienza delle priorità. Ma davanti al mare che si alza! Davvero tutta la tecnica, la scienza, i sofismi del superuomo tacciono, rimani faccia a faccia con i limiti della tua natura.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

Si va al cinema palestinese..

Oggi parliamo di cinema, due film che hanno fatto e faranno discutere, due film che raccontano la verità, così come essa si presenta ai nostri occhi. Il primo è “Stragers No More” (il trailer lo trovate sotto, nella sezione video) documentario che presenta la vita in una scuola di Tel Aviv, una scuola dove la prima educazione è: “Stragers No More”; qualcosa di insensato per il territorio d’Israele, qualcosa di fondamentale per il dialogo tra Israele e Palestina. Questo documentario non è stato preso in considerazione dalla stampa israeliana e dall’opinione pubblica fino a che, poco tempo fa, è stato insignito dell’Oscar. Questo così importante riconoscimento non poteva fare altro che produrre scandalo in territorio sionista e così, per correre ai ripari e fare passare il governo israeliano sempre buono e pio, il ministro degli interni Eli Yishai ha dato ordine di sospendere le ordinanze di espulsione per tutte le famiglie di immigrati clandestini i cui figli frequentano scuole israeliane. Non lo trovate assurdo? Se sì, badate bene che questa è norma nell’agire politico sionista, si fa solo quello che va o contro i palestinesi o a favore dell’opinione pubblica internazionale.
Il secondo film non ha ottenuto nessun riconoscimento ma racconta la vita nel campo profughi di Jenin, “Jenin, Jenin” è diretto dal regista palestinese Mohammed Bakri, che è stato querelato da un soldato israeliano per diffamazione ed è stato portato davanti alla Corte Suprema. L’accusa mossa contro il regista, testuali parole del soldato, è “Ci hai dipinti come nazisti” (e perché? Non lo siete?, questo ovviamente è un mio commento); la risposta dell’imputato è stata: “Io non ti conosco, tu sei solo un cane addestrato ad attaccare”. Sicuramente un’affermazione forte e offensiva ma che ben dipinge l’agire dei soldati israeliani. Chiudo con le parole di Peres, commento alla domanda “Pensa che un accordo tra Israele e Palestina sarà possibile?”, a voi il compito di capire la sottile ma chiara operazione di diffamazione che ha messo in atto con le sue parole: “Il Medio Oriente è a un bivio: può andare nella direzione dell’Iran e dell’estremismo, o evolvere nella direzione della democrazia, della stabilità e della pace”.
michael

venerdì 11 marzo 2011

Giocare con gli aeroplani telecomandati

La notizia è fulminea così come il raid aereo di cui parla: “Un drone USA ha ucciso almeno cinque persone nel Sud Waziristan, territorio pakistano sul confine con l’Afghanistan”. In particolare è stata colpita la città di Landi Doog, un piccolo paesino sperduto, per questo risulta difficile identificare i morti e soprattutto saperne la quantità.
L’area del Sud Waziristan è sempre stata considerata roccaforte talebana, essendo territorio di confine e montagnoso si è sempre ritenuto essere il miglior covo per tutti i terroristi pakistani. Questo basterebbe a giustificare un attacco aereo che ha precisamente colpito una città sperduta e ha ucciso sconosciuti individui. Tutto questo per una supposizione, per una teoria, poco provata e molto teorica, che nelle montagne stanno i cattivi. Non c’è nessuna certezza ma la credenza è molto diffusa: gli USA collaborano con i servizi segreti pakistani per decidere quali obbiettivi attaccare con i droni.
Per chi non sapesse che cos’ è un drone lo potrei spiegare così: un gigantesco aeroplanino telecomandato, usato inizialmente per insegnare agli aspiranti piloti a guidare un aereo, usato ora per la guerra. Gli Stati Uniti non hanno confermato l’attacco, ma questo è normale, anzi solo aumenta la certezza che siano stati loro, combattere a fianco del Pakistan significa comunque tenere controllato un territorio incandescente e che può sempre fruttare molto.
octavio

giovedì 10 marzo 2011

Ostaggio Politico

Non voglio parlare di nessun militare o civile sequestrato o da parte israeliana o da parte palestinese. Il titolo riprende le dichiarazioni di un professore della Bar-Ilan University: “Netanyahu dovrà prendere una posizione chiara rispetto al ritiro di Israele dalla Cisgiordania e alla modifica dei confini, dubito però che la sua politica andrà in questo senso ormai è ostaggio politico delle sue convinzioni, degli alleati e dell’opposizione”.
Parole sacrosante che già prevedevano la politica di Bibi il quale due giorni fa ha fatto sapere che la Valle del Giordano rimarrà sotto controllo israeliano qualsiasi accordo si prenda con i palestinesi (intendendo con la parola “accordo” l’idea, tutta sionista, di creare per il momento uno stato palestinese con confini temporanei che andranno a definirsi nel tempo). C’è da precisare intanto che la Valle che lui intende è di molto allargata rispetto alla geografica Valle del Giordano, c’è da precisare che quella è una delle zone più fertili dello Stato d’Israele e c’è da precisare che questa zona è occupata illegalmente da Israele dal 1967. Questa scelta viene però giustificata con la parola “sicurezza” e così facendo tutti dicono che è buona cosa.
Questa scelta ha però portato alle reazioni di tutto il mondo politico: in primo luogo la sinistra, che in quanto tale è contro (più o meno perché un sionista lo rimane anche se vota a sinistra) alle guerre si è subito scagliata contro Netanyahu perché la Valle del Giordano è stata occupata illegalmente; poi c’è il centro, e torna quindi fuori la Livni che urla contro il Premier tutta la sua rabbia per questa idea dei confini provvisori: se la Palestina ha confini temporanei così sarà anche per lo Stato d’Israele e ciò è inaccettabile per un vero sionista; infine la destra, il Likud, che ha fatto sapere, per bocca del vice Primo Ministo Shalom, che “bisogna soprattutto evitare qualsiasi azione unilaterale sotto pressione internazionale”.
Insomma, finalmente, Netanyahu è messo in croce, non sa più chi ascoltare dato che anche i suoi fidati ci tengo a dire la loro rispetto al suo operato. Dovrebbe essere un momento di gioia, non ne sono così convinto: se la politica israeliana barcolla chi ci rimette è solo la Palestina.
michael

mercoledì 9 marzo 2011

Guantanamo va chiusa ora

Quotidianamente venivano praticate torture e interrogatori interminabili (anche 20 ore): il prigioniero era legato mani e piedi e tra una domanda e l’altra veniva preso a calci e pugni. C’è chi ha dovuto subire incatenato in ginocchio al buio l’umiliazione di espletare le proprie funzioni corporali su di sé; c’è chi è stato obbligato all’autoerotismo pubblico; c’è chi è stato quotidianamente violentato sessualmente; c’è chi è stato appeso per due giorni alla porta della propria cella e preso a manganellate sulle costole; c’è chi è stato rinchiuso in una gabbia di un metro e cinquanta per un metro e ottanta con 15 minuti d’aria a settimana (in una stanza buia circondata da una gabbia); c’è chi ha visto strappare davanti a sé, musulmano, le pagine del Corano; c’è chi è stato obbligato a giochi pornografici con altri detenuti per il diletto delle guardie.
Questo era Guantanamo Bay, la prigione per terroristi aperta da Bush in territorio cubano, fatta per incarcerare tutti i terroristi che la sua missione di pace bellica avrebbe fatto. Il problema è stato che poi in quella prigione c’è finito chiunque anche chi con il terrorismo non c’entrava nulla, solo aveva la barba ed era musulmano.
La prima dichiarazione che Obama aveva fatto quando era in campagna elettorale (si sa che in quel periodo si promette sempre anche quello che non si può fare) fu: “Chiuderemo Guantanamo”. Io apprezzai il gesto nella speranza che fosse vero; quando poi, due anni fa, lui in persona decretò la sospensione dei giudizi per gli incarcerati di Guantanamo si comprese che la strada per la chiusura era vicina.
Ieri Obama è tornato sui suoi passi e ha autorizzato la ripresa dei processi, con ciò il Presidente ha sottolineato che non si intende abbandonato il progetto di chiudere e comunque non riprenderanno le torture contro i prigionieri, ma rimane il fatto che ciò che aveva promesso ora va direttamente a farsi fottere.
Chi andrà a controllare che le torture non riprendano? Lui? I soldati americani così come la CIA sono stati tutti invasati a credere che il terrorista è il peggior nemico del mondo e per questo va estirpato, credete che bastino le parole di Obama per non far capitare più ciò che è già capitato a chi è ancora imprigionato là?
La libertà a Guantanamo si otteneva solo dichiarando di essere o essere stati terroristi, firmando una dichiarazione scritta dagli agenti CIA; se non la si firmava la risposta era questa: “Uscirai da qui solo da morto e i tuoi cari non sapranno che fine ha fatto il tuo cadavere”. Scusa Obama ma anche questa è tortura, tortura psicologica, e forse è anche peggio di quella fisica, questa come farai a bloccarla?
octavio