lunedì 31 ottobre 2011

L'avanzata dell'Eurasia

Si è parlato a lungo dell’idea ambiziosa e “strana” che è frullata in testa a Putin: l’Unione Euroasiatica. Un’idea che ha preso vigore soprattutto ora che il leader indiscusso della Russia sta per accedere al gradino più alto del podio: la carica di Presidente.
È naturale e giusto leggere questa intenzione di Putin in un ottica economica, solo un forte schieramento può superare la crisi e battere, soprattutto, l’Europa ora, oltretutto, vacillante con il suo Euro. Sapete però su che cosa si basa, in particolare, questa federazione che dovrebbe nascere? I due “prodotti” di maggior valore e di maggior presenza sul territorio russo: gas e nucleare. Per quest’ultimo i test si susseguivano da tempo su, a nord, nel Mar Bianco e ora giunge la notizia che iniziano a funzionare. La notizia i giornali la danno con tranquillità, anzi con gioia, io invece penso sia tremenda; per due motivi: 1. la Russia ha ora armi nucleari funzionanti e precise, 2. tutti i test sbagliati che danni hanno portato?
E ora passiamo alla carrellata di tutti coloro che hanno interesse a diventare euroasiatici, coloro che abboccano all’amo dell’economia fiorente.
La Russia ha appena stipulato un accordo con la Moldavia: gas a prezzo scontato in cambio di concessioni in settori strategici dell’economia del Paese.
La Bielorussia, “fondatrice” dell’asse Russia-Bielorussia-Kazakistan, non può altro che ricevere aiuti e migliorie da questa federazione. Il presidente dice che non si perderà l’indipendenza entrando a far parte dell’Unione, io credo che l’indipendenza l’hanno già persa, da quando sono sotto decisione russa nel settore economico.
Lo Stato che però fa più scalpore, almeno per me, è però il Kirghizistan. Pronto anche lui a sottomettersi all’economia russa come l’asse di cui sopra, sarà ben felice anche di par parte dell’Unione euroasiatica. Avete dunque ora qualche dubbio che il golpe, i morti, e le epurazioni di qualche hanno fa non sia stato organizzato da Putin?
Ma in tutto questo l’Europa cosa fa? Beh lei sta lì a guardare, cerca di mantenersi saldi gli Stati dell’Est e cerca di mandare avanti quell’oleodotto Odessa-Brody che dovrebbe escludere il territorio russo. In poche parole l’Europa gioca il gioco sporco della Russia, corre ai ripari guardando solo ai profitti.
aleksej

sabato 29 ottobre 2011

In Honduras tutti i giorni si possono contare i morti

“In Honduras tutti i giorni si possono contare i morti”. Lo sapevate questo? Beh, è proprio così. Ogni giorno ci sono una decina di morti, tutti ammazzati. E sapete chi ci informa di questo? È il Cardinal Maradiaga, sì proprio lui il Cardinale golpista, quello che dovrebbe essere servo di cristo e, invece, è servo degli USA.
E il fatto è che non si è limitato a ciò, no ha avuto anche il coraggio di fare altre due dichiarazioni assurde, non tanto per le parole ma per la sua persona.
“La crisi è grande, e non tanto economica, ma morale. Quando si perde il rispetto per la vita, quando per qualsiasi motivo si toglie la vita agli altri, allora stiamo agendo dalla parte del torto". Già da queste parole capite bene cosa intendo. È naturale che quanto detto sia giusto, la violenza è da estirpare in ogni angolo (anche quello economico e morale), ma come può lui dire ciò? Con che coraggio lo fa? D’accordo Maradiaga non ha ammazzato con le sue mani ma giustificando chi le aveva grondanti di sangue non ha commesso la stessa colpa? E allora con che diritto parla di morale lui, lui che ha sulla coscienza centinaia di morti?
“E' giusto che un insegnante sia ben retribuito, e questo lo si può capire, ma allo stesso tempo gli insegnanti devono essere responsabili e non lasciare che bambini e giovani rimangano senza istruzione", e dopo, "Molte volte i governi dimenticano il principio fondamentale del cristianesimo, che è il bene comune, secondo cui non si può pensare solo al bene individuale, ma alla comunità intera. Quando le autorità sono elette per governare un paese, dovrebbero fare sforzi molto grandi per essere al servizio di tutti".
Il Cardinale allora forse non sa che i suoi amici, quei politici che oggi governano e che lui ha giustificato in toto, non hanno mai voluto fare nulla per il popolo e hanno solo voluto riempirsi le tasche di quattrini? Gli insegnanti hanno allora ogni diritto a scioperare ed è colpa del Governo se i ragazzi non hanno istruzione, anzi, per dirla in maniera più precisa, è volontà del Governo che i giovani rimangano ignoranti, così è più facile farli entrare nelle bande armate.
octavio

venerdì 28 ottobre 2011

Lotta per la sopravvivenza?

Più che un post ci troviamo di fronte a un rapporto. Premetto subito che non sarà noioso, per chi come me è sensibile alla causa palestinese sarà raccapricciante, per chi è cinico forse troverà un po’ di divertimento; spero comunque nessuno rimanga indifferente.
Lo chiamo rapporto e non post perché oggi è il racconto di fatti e di violenze che ogni giorno accadono in Palestina, non è uno novità per nessuno ciò che dirò, è solo lo scorrere della vita, amara e ingiusta.
Elenco delle violazioni (così con una parola intendo due termini precisi: azioni e violenza) perpetrate dall’esercito e dagli organi politici israeliani a Gerusalemme e dintorni negli ultimi 4/5 giorni:

  1. Demolizione di una fattoria e sradicamento alberi da frutto.
  2. Assalto alla città di Anata con recinzione di un’area destinata, secondo il Piano di Sicurezza israeliano, a diventare area militare.
  3. Chiusura coatta di tre uffici a Gerusalemme Est per presunta affiliazione ad Hamas.
  4. Emanazione di un documento, da parte del comune di Gerusalemme, che convalida la demolizione del ponte che conduce a uno degli ingressi principali dell’area dove sorge la Moschea di al-Aqsa.
  5. Dichiarazione da parte del Ministro Yishai per un progetto che mira a costruire più di un milione di unità abitative nei prossimi dieci anni ed arrivare così nel 2020 all’isolamento totale di Gerusalemme dai paesi arabi limitrofi.

Sarcasticamente si potrebbe dire che si sono dati da fare. Ora la chicca, e quindi mi tradisco, qualcosa di nuovo oltre al rapporto c’è, il Ministero dell’Istruzione israeliano ha lanciato una nuova campagna educativa mirata a far ben comprendere alcune materie fondamentali, come storia e geografia, ai bambini palestinesi. Si è stabilito di inviare in tutte le scuole di Gerusalemme Est dei “controllori” armati di bianchetto che possano, senza vincoli e in totale libertà, cancellare tutto ciò che non è conforme alla storia e alla geografia accettata da Israele.
michael

giovedì 27 ottobre 2011

Deforestazione bloccata

Parque Nacional Isiboro Secure, uno dei famosi polmoni verdi che danno aria al nostro pianeta. Rischiava la morte, rischiava l’arrivo dell’uomo folle che distrugge per costruire comodità: una super strada doveva tranciarlo di netto. Tempo passato del verbo che fa gioire, il presidente boliviano Morales ha infatti deciso di bloccare il progetto.
È una vittoria di tutti, certo; è una vittoria soprattutto della popolazione indigena che dopo lunghe proteste, dopo marce e dopo scontri violenti, per la prima volta nella storia della sua esistenza (si parla di secoli dunque) ha vinto qualcosa. Lasciare il terreno in mano ai propri abitanti è la scelta migliore. Non solo da un punto di vista politico, è chiaro che Morales con questa decisione si accattiva buona parte della popolazione e alza di molto i suoi indici di gradimento, ma anche da un punto di vista ambientale: lasciare la terra in mano a chi la abita da secoli e che la sa trattare come si deve è certo una vittoria non di discreta importanza.
L’unica speranza ora è che la scelta di Morales sia di esempio un po’ per tutto il Sud America, ancora troppi bulldozer e ruspe stanno rovinando il nostro pianeta e il nostro clima solo per speculazioni economiche, in tanti hanno tentato di fermarli, se inizia anche la politica qualcosa di più consistente forse si otterrà.
octavio

mercoledì 26 ottobre 2011

Lezioni (di vita) all'Università

Aula gremita di persone, nessun posto a sedere libero e scarseggiano anche le mattonelle vuote. Bene.
Sapete quando già la sola vista dell'aula vi fa venire voglia di tornarvene dritti a casa? Ecco, più e meno, l'inizio è stato così, solo che non ho potuto cedere alla tentazione, perché dovevo poi passare gli appunti ad un'amica. Quindi mi siedo, prendo il quaderno e aspetto l'arrivo del professore. Il corso tratta l'apprendimento e l'insegnamento di una lingua straniera.
Dopo alcune note introduttive il prof inizia a spiegare come venne insegnato l'italiano all'indomani dell'Unità d'Italia, momento in cui il 97,5% delle persone non parlava altro che il proprio dialetto.
Si ritenne che il modo più facile per imparare fosse quello di fare tabula rasa della propria lingua madre per far posto all'italiano. C'era infatti la tendenza a credere che per imparare una nuova lingua, bisognasse cancellare le nozioni precedenti. Sconforto.
Milioni di persone nate e cresciute parlando in un certo modo si sentono dire "No, cari miei, così non va, scordatevi tutto". Questo atteggiamento ha provocato due grandi danni: il primo è la maggiore difficoltà ad apprendere l'italiano, il secondo, a mio parere peggiore, è la distruzione di parte dell'identità. Quando si apprende una nuova lingua è utile averne una di riferimento con cui fare dei confronti.
Inoltre una lingua non è solo un mezzo di espressione, ma è, soprattutto, un segno identitario, una sorta di seconda pelle. Ci sono, infatti, moltissimi paesi che stanno lottando contro chi, apertamente o meno, tenta di imporre la propria lingua a discapito di quella nativa. Per restare nelle vicinanze
mi vengono in mente i Paesi Baschi, l'Irlanda del Nord, il Belgio, la Corsica, ma certamente (e, tristemente) se ne potrebbero elencare molti altri.
Imporre una lingua ad un altro popolo è un altro modo di assoggettare, forse più sottile, ma altrettanto potente. Inizio a chiacchierare al riguardo con un ragazzo seduto vicino a me e la lezione da "Oh, mamma perché proprio a me?" è passata a "Alla fine niente di così tremendo".
Ho fatto bene a fermarmi, via.
小王子

martedì 25 ottobre 2011

Appello (per tutti coloro che lo vogliono ascoltare)

Nella storia, è vero, sono stati loro tra i leaders indiscussi del colonialismo africano. nella storia è vero che sono sempre loro tra i leaders indiscussi per tutto ciò che concerne la violenza legata all’atto del colonizzare. Se un popolo, anche dopo che te ne sei andato parla la tua lingua e, anzi, la fa diventare seconda lingua ufficiale (seconda solo per dare una parvenza di indipendenza), significa che lo hai sterminato, lo hai sottomesso e lo hai distrutto. Solo in questa ipotesi gli puoi infatti imporre ciò che tu vuoi, lingua in primis.
Tutto ciò è vero, ma oggi, 2011, post colonialismo ormai superato, indipendenza ottenuta bene o male da tutti gli Stati africani ritenete ancora possibile che la Francia si allei al Kenya e inizi a bombardare, un po’ dove gli tira, la Somalia?
La situazione effettivamente è grave, il rapimento di quattro stranieri (europei) non è cosa da poco e certo va, o andrebbe, risolta in tempi brevi, ma non è certo la violenza il metodo da perseguire e non sono certo alcune ingerenze straniere che possono aiutare l’evolversi della situazione. La morte di una dei quattro, morta per la mancanza di cure, è orrenda. Con quale cinismo si può rapire una donna e poi lasciarla morire solo perché non la si vuole liberare? Ecco perché la violenza non è un metodo da perseguire; la violenza porta a questo.
Ora la situazione è questa: il Kenya ha superato e strasuperato, ripetutamente, i confini somali con militari armati fino ai denti, la Francia ha bombardato il paese di Kuday dove cellule terroristiche di al-Shabab hanno sede, un attentato terroristico ha lasciato 14 feriti in un night di Nairobi, nessuna rivendicazione, ma la quasi sicurezza che il terrorismo somalo abbia iniziato a colpire. Per riassumere il tutto: il Kenia attacca, lo Shabab risponde a voce, la Francia attacca, lo Shabab risponde con le armi. È dunque questo continuo andare a stuzzicare che ha provocato le violenze.
Ora, non si possono giustificare i terroristi, mai; non si possono nemmeno giustificare le violenze attuate da uno o più Stati. Dunque? Bisogna fare un appello generalizzato, tutti dovrebbero farlo, che si sviluppi su due fronti: 1. Fermare la violenza, 2. Liberare gli ostaggi.
octavio

Il sonno del popolo genera mostri

L'evolversi della situazione politica italiana mette in risalto soprattutto un aspetto che vedo poco evidenziato dai giornali. Questa "Governo" ha bloccato il Paese per anni, dal dicembre scorso è delegittimato rispetto a come era stato votato, l'inettitudine e la menzogna ha dilagato fino ad oggi, e se ora, finalmente, sembriamo alla resa dei conti (anche se "non dire gatto...") sarà comunque per un intervento esterno, non per la capacità politica italiana di uscire da questa stasi. Ripeto ancora che l'attuale sistema di voto e lo smisurato premio di maggioranza stile Acerbo hanno, insieme al monopolio mediatico dei soliti noti, trascinato la situazione lungo questa china. E' triste dover ora sperare in un governo tecnico in cui saranno sempre gli stessi nomi e volti a girare, con la folle speranza che ci tirino fuori da questa situazione e facciano anche una legge elettorale più giusta. Guardiamoci in faccia: dobbiamo essere innanzitutto noi a cambiare le cose. Questo lo sanno perfettamente anche i governanti che hanno segretamente gioito della violenza scatenatasi a Roma in modo così utile a loro da destare non pochi sospetti. Cambiare le cose da comunità di base capaci di creare nuove micro economie, non di chiusura ma di aiuto reciproco, gruppi di base che prendano possesso delle piazze per destare i politici dai loro tranquilli sonni, gruppi di solidarietà reciproca, gruppi culturalamente attivi che non si plachino davanti alle tv ma escano per incontrarsi. Questa è la via d'uscita dal berlusconismo che ha agito in questi anni come forza distruttrice, una forza che ha demolito cultura, proposte, idee senza costruire altro che immagini iconografiche di veline, calciatori e tirapiedi.
Mi auguro vivamente che questo governo cada ma la speranza di un futuro migliore oggi non può basarsi sugli attuali parlamentari ma da te e da me nella realtà quotidiana.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

lunedì 24 ottobre 2011

Kill them, kill them all!

“Maledetto sia colui che farà l’opera del Signore rimessamente, e maledetto sia colui che divieterà la sua spada di spandere il sangue” Geremia 48, 10

Con questo passo biblico Avichai Rontzki nel 2009 spingeva tutti i soldati che andavano alle sue lezioni talmudiche a non essere remissivi e passivi, a essere dei veri soldati pronti a tutti, la guerra va combattuta da eroi, in prima linea e senza farsi troppi problemi se si devono ammazzare delle persone. Forse non sono le parole esatte del rabbino, ma dal passo biblico scelto non credo di essermi discostato molto dal significato di fondo (approfondimenti vari trovabili su haaretz.com).
Volete sapere chi è Avichai Rontzki? Eccovi accontentati. Dopo il servizio militare obbligatorio decide di continuare la carriera militare, si fa notare per il suo attivismo tanto che gli viene assegnato il comando di uno squadrone nella guerra del Kippur. Pensate quanto è buffo il destino; in quella guerra, durante bombardamenti e sparatorie conoscerà anche la donna della sua vita…
Dal 2006 al 2010 è stato Rabbino Capo dell’esercito israeliano e anche Rosh Yeshiva della scuola Talmudica della colonia di Itmar, da lui fondata insieme ad altri “amanti della guerra”. Oggi ha lasciato il comando dell’esercito, mantiene il titolo di Rosh Yeshiva e ha fondato un raggruppamento di Rabbini contro i Palestinesi. Ma che cos’è un Rosh Yeshiva? Dovrebbe essere una specie di preside della scuola (talmudica), condizionale necessario perché nei fatti è un leader religioso che, con le sue parole, influenza tutti gli abitanti della colonia in cui vive e non solo.
L’ultima sua dichiarazione qual è stata? “Uccideteli tutti e fatelo senza troppo rumore”. Ma chi? I prigionieri palestinesi liberati nello scambio con Shalit. Farsi giustizia da soli, e chi non lo farà sarà maledetto, “maledetto sia colui che divieterà la sua spada di spandere il sangue” appunto.
Essendo Rosh Yeshiva pensate che il suo grido sia rimasto inascoltato? Certo che no, molti cittadini di Itmar nei giorni della liberazione dei palestinesi si sono fatti trovare davanti alle carceri per bloccare l’uscita dei blindati che trasportavo i prigionieri. I soldati li hanno fermati, ma la spirale di violenza ha già avuto il suo inizio. Cosa ci dobbiamo aspettare ora?
michael

venerdì 21 ottobre 2011

È peggio del Mitch

El Heraldo
Sono insistente, lo so, ma sentire dalla bocca del Presidente di El Salvador (e se lo dice lui è vero, anzi forse è pure peggio) che la situazione attuale dopo le piogge torrenziali potrebbe essere (e dunque è) peggio del dopo uragano Mitch è preoccupante.
Teniamo presente un primo fatto: né l’Honduras, né il Salvador, né il Nicaragua (i tre paesi colpiti dal Mitch) si sono ancora ripresi dal post uragano. Pensate dunque cosa significa oggi avere il proprio paese messo peggio di prima, quel prima che ancora non era stato sistemato.
Sempre il governo fa sapere che sono molti i ponti caduti, sono molte le strade distrutte, un 10% del paese è inondato (El Salvador è piccolo, molto piccolo, un 10% è, dunque, tragicamente tanto), di questo 10% buona parte sono campi coltivati a mais, riso e fagioli cioè la base dell’alimentazione latinoamericana, 36 sono i morti certi, 50mila gli sfollati.
Avendo il Paese ottenuto lo stato di calamità naturale il Governo può ora rilasciare dei fondi necessari per la ricostruzione, e che ricostruzione, ma il problema vero ora è un altro, è la paura delle banche. E perché proprio le banche in un momento così drammatico? Perché il vero problema e il vero spauracchio contemporaneo, in un epoca di crisi, sono loro. La paura più grossa che preoccupa oggi i contadini di tutta El Salvador, piccoli o grandi che siano, certamente poveri è che le banche ritirino i prestiti o confischino i beni; le coltivazione sono distrutte non c’è più certezza sul come tirare avanti e anche sul come pagare il debito.
Che cos’è dunque che fa davvero schifo oggi? Che il buldozer dell’economia non lo ferma nessuno, nemmeno la compassione e nemmeno le catastrofi naturali, chi si vede portare via tutto dalla Natura si vede poi soffocato dall’uomo.
octavio

giovedì 20 ottobre 2011

Rorate Cœli desúper, Et nubes plúant justum (2)

El Salavdor e Honduras affogano, e questa volta non per problemi politici ma per problemi metereologici. Non è una novità che la stagione delle piogge porti qualche danno, quest’anno però è emergenza 15 i morti in Honduras, 32 in El Salvador, a migliaia gli sfollati, in entrambi gli stati. Alcuni paesi hanno già dato inizio agli aiuti umanitari, ma il problema rimane grave, rimane disperato e dunque c’è bisogno degli aiuti di tutti.
Provate ora a fare come ho fatto io, inserite nell’apposita finestra di Google la dicitura ALLUVIONI EL SALVADOR o ALLUVIONI HONDURAS, nessuno sta facendo niente in Italia se non un’associazione, qui il sito internet.
Da ciò che si racconta sembra pure che i paesi in cui sono attivi siano ben conosciuti dai volontari che là vivono, sembra che da italiani siano diventati salvadoregni e questo, a mio avviso, è lodevole.
Il fatto ancora più interessante è che questa associazione abbia deciso di aiutare paesi che normalmente non cavalcano la cronaca dei giornali e che spesso nessuno sa che esistono, questo è ancora più lodevole. Provo repulsione infatti per le grandi associazioni che fanno sicuramente del bene, ma decidono i luoghi di intervento solo per la pubblicità o per i ritorni economici, dare voce a chi non ne ha è difficile, bisogna solo tirarsi su le maniche e spaccarsi la schiena.
Quanto da me descritto è così lodevole da meritare un aiuto? Beh questo spetta a voi deciderlo, io spero di sì.
octavio

mercoledì 19 ottobre 2011

Gilad Shalit È libero

foto Ansa
C’è chi festeggia per 1 e che chi festeggia per 450, non è tanto la quantità ma il festeggiamento che è importante. C’è chi lancia colombe come segno di un nuovo passo avanti e chi abbraccia i propri cari dopo anni di assenza. C’è chi si preoccupa di giocare sui festeggiamenti per ottenere nuovi consensi politici e chi non riesce a trattenere le lacrime dalla gioia. C’è chi ha la forza di fare un saluto militare all’esercito che lo ha liberato (o, almeno, è bello pensarlo) e chi ha la forza di alzare una bandiera di Hamas per ringraziare il partito che lo ha liberato (o, almeno, è bello pensarlo).
Ciò che mi fa uscire dai gangheri (e notate come sto cercando di trattenermi…) è che la stampa racconta di un Gilad Shalit stanco, frastornato e magro (qualche medico dice addirittura denutrito), mentre si disinteressa dei 450 prigionieri che hanno fatto rientro a Gaza e Cisgiordania, loro sicuramente magri, sicuramente stanchi, sicuramente frastornati non hanno diritto sono stati solo “il prezzo da pagare”. Il mondo intero è dunque colpevole, insieme a Israele, di fomentare la distorsione delle notizie così da dare ragione a uno piuttosto che a un altro. Tutti hanno parlato degli uomini incappucciati e con fascia verde che hanno accompagnato Shalit alla frontiera egizia, loro sì che sono il volto del terrorismo…, nessuno parla dei soldati che hanno portato i prigionieri alla “frontiera” (magari esistesse) palestinese.
Per il mondo intero ora Shalit è un eroe, un sopravvissuto che ha passato le pene dell’inferno, per Israele è un mito che di certo avrà (di diritto) possibilità di scalare il potere sino alle cime più alte. Per il mondo intero i 450 palestinesi liberati (e altri 550 sono lì davanti alle porte in attesa che vengano aperte) sono e rimangono terroristi, per Israele sono feccia senza diritto e senza possibilità di pretesa.
Ora però c’è un fatto che tutta la stampa tace e che solo la stampa palestinese ricorda (beh, ovvio..): Gilad Shalit È libero. E voi mi direte: “E quindi? Ce lo hai appena detto, non siamo mica scemi”. E io lo torno a ripetere: Gilad Shalit È libero. Ciò significa che il blocco totale su Gaza DEVE essere rimosso; lo ripeto: IL BLOCCO TOTALE SU GAZA DEVE ESSERE RIMOSSO.
michael

martedì 18 ottobre 2011

dizionario per intenderci

Chi ha orecchie per intendere in-tenda gli altri tutti in roulette. Perciò ecco qui un piccolo dizionario, in ordine sparso, per appunto intenderci.

Democrazia: Non è poter votare o Berlusconi o Bersani (dai esageriamo forse anche Casini), ma è democrazia quando i poteri (anche il quarto!) sono ben distinti, quando sono rispettati i diritti della persona (lavoro, istruzione, sanità, espressione, ecc.)

Pluralismo: non è confusione e ingovernabilità ma è vitalità indispensabile per la democrazia (vedi sopra). Il pluralismo garantisce al dittatore vita dura per raggiungere e mantenere il potere.

Economia: non è la banca o la borsa che ha potere di vita o di morte ma è dividere i beni affinchè tutti possano vivere dignitosamente. L'economia non è la volontà di un direttore di banca o di un politico, l'economia siamo noi e cosa c'è al centro della nostra vita.

Ideale: non è utopia o una pizzeria. E' il motore delle innovazioni, di un progresso umano e non tecnocratico.

Partecipazione: non sono quote di "mercato", è interessarsi e compromettersi.

Politica: non sono i "politici" a cui siamo assuefatti davanti alle tv. Non è una cosa un pò sporca, triste e corrotta che alla fine è meglio se non ti interessi. La politica sei te davanti ai fatti che accadono, sei te con le tue decisioni e responsabilità. Tutto è politica.

Imigrazione: non sono i pirati con i coltelli che invadono la povera patria, quelli sono gli scafisti e i venditori di schiavi. L'imigrazione sono persone che scappano da una situazione impossibile per la sopravvivenza.

Manifestazione: non sono violenti che rompono e sporcano, è alzare la propria voce quando i tuoi rappresentanti tacciono. Non è violenta la manifestazione.

IoLiOdioINazistiDellIllinois

La marcia delle puttane

Notizie ricavata dal sito Osservatorio sui Balcani, a sua volta ripreso da “Le Courrier des Balkans”.
Giovedì 6 ottobre, sì è vero la notizia è un po’ datata, potevo intervenire prima…, a Bucarest si è svolta la Marcia delle Puttane, manifestazione che prende spunta da quella avvenuta la primavera scorsa in Canada.
250 donne, ed è tanto se pensiamo che stiamo parlando di Romania (in più via facebook in 700 avevano promesso la loro presenza), sono scese in piazza per manifestare il loro dissenso sulla posizione della donna in una società così patriarcale da lasciare correre su tutto, anche sulla violenza.
Quotidianamente il sesso femminile rumeno viene maltrattato, quotidianamente deve subire il peso degli insulti sul luogo di lavoro, quotidianamente deve ricevere apprezzamenti volgari da perfetti sconosciuti incontrati per le strade, il loro manifesto più eloquente diceva: “Poco importa come mi vesto, la mia gonna non è un tuo problema”.
E allora il problema qual è? Che troppo spesso su giornali locali e nazionali a commento di violenze domestiche si vede scritto: “Alla donna piace essere picchiata”.
aleksej

lunedì 17 ottobre 2011

Morti sul cammino per la "salvezza"

Non siamo più di fronte a un emergenza, ora siamo di fronte a una catastrofe. I governi di tutto il mondo rimangono per lo più inermi, disinteressanti o occupati in altro, “tanto non stanno morendo i nostri”, l’unico ragionamento “giustificativo”.
Il Kenya è ora tra l’incudine e il martello, dopo il rapimento di due turiste e di due medici, dell’organizzazione Medici senza Frontiere, deve infatti riportare l’ordine e ritrovare gli ostaggi, combattendo contro i ribelli di Shabab somali, e deve anche tentare di ridare vita ai profughi morenti di Dadaab, il campo profughi più grosso del mondo, mezzo milione di rifugiati che scappano dalla Somalia.
Gli esuli che lì arrivano cercano rifugio, cibo, e cure dopo un viaggio estenuante che porta la distruzione delle famiglie: testimonianze dolorose di genitori che raccontano di aver abbandonato figli morti lungo la strada per mancanza di cibo, di acqua e di cure sono all’ordine del giorno e internet ne è pieno.
Ora, dopo l’ultimo rapimento Medici senza Frontiere ritira tutto il suo personale straniero, e, fatto ancora più grave, l’ONU sospende tutte le operazioni non essenziali. Alla catastrofe si aggiunge, dunque altra catastrofe e a rimetterci sono i più deboli. La decisione dell’ONU sarebbe risposta al rapimento, vorrebbe essere, forse, una punizione, ma non è certo colpa dei rifugiati se ciò è avvenuto. Si sa che dove regna la povertà, il caos e la mancanza di tutto la violenza e l’estremizzazione trovano il terreno più fertile dove crescere. È dunque la povertà che va combattuta non i profughi, e con ciò posso dire di aver scoperto l’acqua calda, è vero, ma penso sia utile ripetere il concetto.
Ora però c’è anche da domandarsi che cosa il Governo keniota intende fare per risolvere il problema, in effetti prima responsabilità rispetto a questa gente è sua. La scelta di entrare in forze in Somalia direi che è stato lo sbaglio più grosso che si potesse fare. Ora lo Shabab, che si è sempre dichiarato estraneo ai rapimenti (ma chi può credere ai terroristi?), si è infuriato e ha fatto sapere che alle pallottole risponderà con pallottole, come cosa ci si può aspettare da un comportamento violento? C’è, però anche un'altra scelta, molto discutibile, che vorrei commentare insieme a voi. ''Ogni Paese ha le proprie priorità che sono dettate da interessi strategici nazionali, e ogni decisione deve essere assunta sulla base di tali interessi'', queste le parole del Presidente keniota per giustificare l’avanti tutta dato alla creazione di centrali nucleari sul proprio territorio, questo per ridurre prezzo di elettricità e petrolio. La dichiarazione è di due settimane fa e dunque avviene prima dell’ultimo rapimento, ma il campo profughi esiste da anni. È utopia pensare che priorità per uno Stato dovrebbe essere la gente che muore?
octavio

sabato 15 ottobre 2011

Quale voce alla giustizia?

La manifestazione degli Indignados di Roma è fallita. Una (piccola) parte delle centinaia di migliaia di manifestanti ha condannato la buona riuscita di un evento di per sé bellissimo, bruciando e distruggendo tutto, compresi gli ideali dei giovani. Già i giornali e la TV spiegano questi gesti dicendo che "certe idee portano alla violenza, matematicamente", mentre invece i "Black Block" avevano la possibilità di caricare la polizia già in Via dei Fori Imperiali, da dove avrebbero potuto dirigersi a Montecitorio (cosa che avrebbero fatto se avessero avuto un motivo ideologico nelle loro azioni), mentre hanno proseguito per San Giovanni. Il loro obiettivo era rovinare la manifestazione, non attaccare la classe politica che stava dall'altra parte della città.
E così domani si parlerà solo degli scontri, dei feriti, delle auto bruciate, quando la vera essenza di questa manifestazione era il messaggio da dare ai potenti. Allora sapete cosa faccio? Vi parlo di ciò che di buono ho visto nel corteo.
La creatività dei partecipanti ha formato la manifestazione, non solo negli slogan e negli striscioni. Per terra ho trovato assurde banconote da 1000 euro; un gruppo di attori travestiti da economi e banchieri seguivano una gigantesca esca a forma di moneta; bande musicali complete di ottoni suonavano motivi popolari; trampolieri, bambini in carrozzina con i manifesti, maschere di V per vendetta spuntavano qua e là in mezzo alla gigantesca fiumana di gente. I più disorientati del corteo erano due novelli sposi che cercavano di andarsene, applauditi da tutti. Ricordiamo i motivi della manifestazione, che è una reazione a questa manovra economica per privilegiati, e dà voce a chi cerca un futuro nonostante Berlusconi. Lo sapevamo tutti che questa manifestazione era destinata all'oblio, prima o poi, ma in quel momento nessuno ci pensava. I violenti sono stati presi a bottigliate e insultati dai manifestanti, che poi sono stati sopraffatti e costretti a stare a guardare la manifestazione distrutta.
zecca

venerdì 14 ottobre 2011

Nuovo razzismo, nuove deportazioni

Non siamo più di fronte a ingiustizia o soprusi, non siamo più di fronte a fantapolitica, ma, soprattutto, non siamo più di fronte a “semplice” violenza. Da oggi siamo di fronte alla stupidità e al razzismo più puro, quello che dovrebbe far gelare il sangue nelle vene e che, letto il mio post, sicuramente vi si gelerà.
Per arrivare al fatto devo però fare un po’ di cronistoria. Ritorniamo dunque al 2000 quando scoppia la Seconda Intifada, è da quell’anno che Israele incomincia a incoraggiare migliaia di immigrati ad entrare in Israele per “rubare” il lavoro ai palestinesi. Africa e Cina sono gli Stati che maggiormente rispondono all’appello e riempiono, colmano, il territorio israeliano. Ora, 2011, quegli immigrati, non ebrei ma ormai inseriti nella società e nella cultura israeliana, vivono nel terrore che i loro figli possano subire una condanna di espulsione con il rientro immediato e forzato nel paese di origine. Già questo è sconcertante ma non è finita qui; non saranno soggetti a questo provvedimento solo i bambini che abbiamo trascorso almeno cinque anni di vita in Israele, parlino perfettamente l’ebraico e stiano frequentando dalla prima elementare in su. Quindi sono soggetti a questa espulsione i bambini, e questi non piccoli, piccolissimi. E se questo vi ha già fatto schifare della politica sionista che si sta presentando in Israele, arriviamo ora alla “ciliegina sulla torta”. La dichiarazione di Netanyahu a riguardo, dopo che buona parte di Israele si è mobilitata perché la legge non passasse (fra i contrari ci sarebbe anche la moglie di Bibi), sarebbe basata su caratteri razzisti, dice pressappoco così: “Non vogliamo troppi immigrati clandestini, solo quelli che sono arrivati da tempo possono essere cresciuti da veri i israeliani”. Sionismo allo stato puro, che equivale a dire razzismo estremizzato.
Il mondo intero se ne frega di questa barbarie che è già iniziata in Israele, nessuno informa il mondo che esistono già delle forze militari circolanti per il territorio israeliano che hanno il solo compito di controllare la regolarità di soggiorno degli immigrati. È stata condannata ed è sempre da condannare la deportazione degli ebrei attuata dal Nazismo, chi condannerà però la deportazione di bambini attuata da Israele?
michael

giovedì 13 ottobre 2011

Chi erediterà il regno?

Mugabe ha un cancro. La notizia, devo essere sincero, non è che sia poi così nuova, da tempo sia in internet che sui giornali circolava questa indiscrezione sulla salute del leader zimbabwense. Ora però prende rilievo perché Wikileaks ne ha parlato; ha infatti sputtanato, scusate il termine ma questo è il lavoro che loro fanno, alcuni dirigente del Partito Zanu-Pf che avrebbero spifferato la notizia agli USA.
Per questo fatto ora qualche testa salterà, e non solo in maniera figurata, dato che Mugabe, arrabbiato nero per questa fatto, ha aperto un’inchiesta interna al partito per cercare chi ha parlato.
Il punto ora è cercare di capire perché si è arrabbiato tanto, e stupisce il fatto che non lo è perché si parli della sua salute quanto piuttosto sulla sua successione.
Le indiscrezioni che arrivano sono infatti tutte indirizzate a ciò, un cablogramma parlerebbe di malattia diagnostica nel 2008 e con possibilità di vita non superiori ai 5 anni, un altro parlerebbe esplicitamente di un’uscita di scena del leader Mugabe graduale ma imminente.
Cosa comporta tutto ciò? Da un lato il fatto che anche lo Zimbabwe sta iniziando a fare i conti su di una nuova era, il dopo Mugabe sarà duro da superare e da affrontare, certo è che se il problema lo affronta lo Zanu-Pf, partito di Mugabe, non si può certo sperare in un grande cambiamento. Dall’altro lato invece stanno gli Stati Uniti, quelli che si interessano della salute del leader per capire come fare, una volta che non ci sarà più, a controllare ancora i giacimenti di diamanti; inutile che stia qui a sottolineare il disinteresse totale sulla persona Mugabe e l’interesse pieno sul regno che lui comanda.
octavio

mercoledì 12 ottobre 2011

Quando lo squalo incontra per la prima volta i pesci

5 anni fa veniva catturato e incarcerato Gilad Shalit, oggi arriva la notizia che nella notte il Governo d’Israele ha votato un accordo che prevedendo la liberazione di mille detenuti palestinesi permetterà il rientro a casa del soldato israeliano. I commenti si sprecano al riguardo, la stragrande maggioranza sono tutti festanti per la liberazione di Shalit e pessimisti sulla liberazione dei mille palestinesi: il concetto chiave è per liberare un “martire della patria” faranno uscire mille farabutti, per non dire terroristi.
Intanto su questi mille Israele ci ha tenuto a fare delle distinzioni e, infatti, alcuni una volta liberati potranno tornare alle loro case in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, altri, soprattutto deputati, faranno rientro a Gaza, altri, circa duecento, saranno espulsi dalla Cisgiordania e o andranno all’estero o andranno a Gaza. Con quale criterio? Beh questo non ci è dato saperlo, possiamo solo immaginare cosa possono inventare Netanyahu e i suoi, già sui metodi di scarcerazione ci sarà, purtroppo, da vederne delle belle.
Ora, voi sapete che cosa stava facendo Shalit nel momento della cattura? Bombardava case palestinesi da un carroarmato, non è atto terroristico anche questo? Non è delinquente tanto quanto coloro che, palestinesi, lanciano razzi su Israele? È giusto sottolineare che Shalit non è un eroe, è solo un prigioniero di guerra, una guerra che anche lui contribuiva a fomentare.
Squallido è allora sapere che la sede del Parlamento europeo apre le sue porte ai centinaia di visitatori che vorranno conoscere meglio un personaggio reso martire per compiacere a Israele: Gilad Shalit. "Quando lo squalo incontra per la prima volta i pesci" è il titolo dell’esposizione, il titolo spiega bene la posizione di Israele sui palestinesi e proprio perché la spiega bene avrei di gran lunga preferito che il mondo si mobilitasse per tutti quei carcerati che in tutto Israele scioperano per la fame, non certo per un soldato che non ha fatto nulla di speciale, anzi, stava solo cercando di sterminare un popolo.
michael

lunedì 10 ottobre 2011

Piovono lingotti

30 milioni di dollari giornalieri, per otto giorni, sfumati; questo sì che è fare uno sciopero. A tanto sono riusciti i minatori indonesiani lavoranti presso Freeport-McMoran, miniera di ora e rame. È dal 15 di settembre che gli scioperi vanno e vengono, pochi giorni fa i lavoratori sono tornati a protestare, ma stavolta durante la loro marcia di protesta lungo la strada hanno trovato le guardie pronte ad aprire il fuoco. Quando le stesse hanno cercato di bloccare l’accesso alla miniera, la folla ha iniziato a innervosirsi, gli animi si sono accessi e le guardia hanno iniziato a sparare, morale della favola un morto e un ferito grave.
Capisco che i capi della miniera erano troppo incazzati (chi non lo sarebbe se perdesse 30 milioni di dollari al giorno) per andarci con le maniere dolci e capisco anche che i sindacati e il diritto del lavoro in Indonesia fanno quello che possono, ma non certo quello che vogliono, ma sapete perché sono nati questi scioperi? Ovvio, per condizioni lavorative migliori, in particolar modo sullo stipendio, è chiaro allora che il padrone si incazza ancora di più.
Veniamo dunque ai salari. Lo sciopero nasce con la precisa richiesta di aumento dello stipendio per circa 12mila impiegati che ricevono ora dai 2,10 ai 3,50 dollari all’ora e che vorrebbero invece riceverne dai 17,50 ai 43, a seconda della difficoltà lavorativa, dell’esperienza e della sicurezza (inesistente) sul lavoro.
Per farvi capire meglio di cosa si tratta sottolineo che chi oggi riceve 2,10 dollari all’ora verrebbe pagato in euro circa 1,50. Non vi pare evidente schiavitù? Soprattutto se pensate ai guadagni giornalieri di cui parlavo sopra. Capite bene che il diritto allo sciopero è allora sacrosanto, e la rabbia verso i propri datori di lavoro non solo è giustificabile ma, anzi, osannabile.
Così gira l’economia, ci si basa sul prezzo economicamente più vantaggioso, ci si disinteressa di chi questo prezzo te lo fa raggiungere, si mettono sotto schiavitù i propri dipendenti e ci si accomoda delicatamente su montagne di quattrini ad osservare, dall’alto, il mondo che gira.
octavio

venerdì 7 ottobre 2011

Battaglia Navale

La Russia si è arrabbiata, ma davvero tanto, e lo scontro lo si ha sia a livello europeo che internazionale. Dopo che la Spagna ha accettato di far parte dello scudo di sicurezza Nato, Mosca ha fatto sapere che o si torna indietro o la Russia si toglie dagli accordi presi con la Nato nello scorso summit di Lisbona.
Se vogliamo poi entrare nel dettaglio del problema ciò che ha fatto imbestialire il Cremlino è l’accettazione da parte di Zapatero del posizionamento di quatto navi militari statunitensi presso la Base miliare di Rota (situata a Cadice). Le navi verranno posizionate entro il 2013 e saranno la posa della “prima pietra” della costruzione su terra che verrà portata a termine entro il 2018. Si sta insomma militarizzando l’area ora con navi e poi con armi terra-aria per ragioni di sicurezza; per proteggere l’intera Europa da quei paesi che non rispettano il diritto internazionale e minacciano lanci di razzi a ogni piè sospinto (Iran e Corea del Nord in primis), per parafrasare le parole di Zapatero.
Con la scusa della sicurezza stiamo di nuovo permettendo che l’America invada terre straniere, e per rassicurar ancora di più tutti i cittadini europei Zapatero aggiunge che i missili non saranno puntati su zone precise ma saranno messi lì solo per la sicurezza. Ha ripetuto così tante volte la parola sicurezza da rendere tutti più sicuri e non capire che è un discorso insensato, se i paesi che fanno paura sono due in particolare e se si teme che i missili possano arrivare da là è chiaro che le navi verso questo fantomatico “là” punteranno le loro armi.
Da un lato dunque l’Europa diviene nuova colonia Americana, dall’altro la Russia inizia a scaldarsi. È chiaro il motivo: l’America così vicina non fa piacere a nessuno, soprattutto a chi vorrebbe lui dettare legge. Ricordo, ma di sicuro non è sfuggito a nessuno, che Rota e Cadice sono ingresso e verso l’Atlantico e verso il Mediterraneo, di certo non sono posti scelti a caso perché non si sapeva dove mettere le navi.
aleksej

giovedì 6 ottobre 2011

Teatro dei burattini

45 minuti, tanto è durato l’incontro di ieri tra Obama e Lobo, un incontro dove si sono trattati temi come il narcotraffico, la sicurezza e la cooperazione economica; tre temi sui quali Lobo non potrebbe e non dovrebbe dare giudizi essendo ignorante in tutte queste materie, essendo saccente solo di violenza.
Ciò che però stupisce è che anche Obama si impegna a dare il peggio di sé con dichiarazioni del tipo: “Ho una grande speranza data la riorganizzazione democratica avvenuta in Honduras dopo la crisi politica di due anni fa e l’arrivo al potere di Lobo nel gennaio 2010”. Allora, io capisco che ci sono delle regole di etichetta che vanno obbligatoriamente mantenute in questo tipo di incontri ufficiali, ma Obama ha il dovere e il potere (perché se lo è dato da solo, non che il Mondo sia d’accordo su questo) di condannare pubblicamente l’operato di Lobo, che non è stato di certo una speranza per l’Honduras, solo una catastrofe.
Detto ciò passiamo alle parole di Lobo: "Tenemos algunas debilidades como la investigación, y en eso pues esperamos tener más ayuda de ustedes, que nos fortalezca la capacidad de investigación para determinar quiénes son los responsables de las violaciones a los derechos humanos". Io credo fortemente che Lobo sia partito dalla sua dimora con un discorso preparato in modo da sottolineare che esistono sì dei problemi in Honduras ma che lui, e solo lui, li sta risolvendo; trovandosi però spiazzato davanti alle assurde parole di Obama si è sentito in dovere di alzare il tiro anche lui e, dunque, ha concluso dicendo: "Nuestra política de Estado es el respeto a los derechos humanos". Capite cosa sta dicendo questo folle? Oltretutto è in corso proprio in questi giorni un’indagine dell’ONU per l’omicidio di un giornalista e, da tempo, l’Honduras ha il “vantaggioso” primato di luogo con più omicidi in America Centrale. E Obama cosa fa di fronte a tutto questo? Non dice nulla, tace. Lui, Nobel per la Pace.
Il perché di tutto questo è facile da capire, Obama ha finanziato e armato Micheletti affinché organizzasse il golpe, Micheletti ha poi scelto un suo pupillo come prestanome per le future elezioni “democratiche” che ha “stranamente” vinto, benedizione di Micheletti significa benedizione di Obama e il cerchio così si chiude.
Peccato che non abbiano trasmesso in TV l’intero incontro tra i due leaders, sarebbero stati 45 minuti di stupendo teatro dei burattini, avrebbe affascinato anche i bambini.
octavio

mercoledì 5 ottobre 2011

Cade la neve a Sochi

Si è sempre pensato esistesse un patto solido e duraturo tra Russia e Abkhazia, di fatto è Mosca che arma, finanzia e sostiene l’esistenza di un territorio indipendente riconosciuto, invece, a livello mondiale come parte della Georgia. Sembra ora che qualcosa inizi a vacillare. È vero che entrambi i governi sottolineano che sono iniziati dei negoziati del tutto tranquilli e pacifici ma, anche solo l’idea che tra i due stati possano iniziare delle trattative è sicuramente strano.
Il pomo della discordia sono le prossime Olimpiadi Invernali che si svolgeranno a Sochi nel 2014. Territorio russo ma molto vicino alla città di Aibga, confine abkhazo stabilito già ai tempi dello smembramento dell’URSS. Essendo che da Aibga a Sochi ci si può anche andare a piedi è chiaro che il governo abkhazo sta già facendo i conti di quanto potrà incassare tramite ospitalità, pubblicità, sponsor e via dicendo, prova ne sia che la Coca-Cola Company ha già creato un gigantesco stabilimento (investimento pari a 3 milioni di dollari) proprio nei pressi di Sochi dando lavoro a 400 cittadini di Rostov.
Ora però arriva il bello, fin qui infatti la notizia non sembrerebbe sensazionale, Aibga, la città contesa, è un piccolo villaggio di 50 abitanti, fino a pochi anni fa senza energia elettrica, da pochi anni con energia elettrica disponibile per 10 ore giornaliere. In poche parole stiamo parlando di un piccolo borgo abitato da soli russi, raggiungibile via auto solo dalla Russia, che ha sostentamento solo da Mosca ma che l’Abkhazia non vuole mollare per sole ragioni di quattrini. Addirittura non esistono frontiere evidenti e segnalate che possano dividere Russia da Abkhazia.
Ora la questione è: Ma se l’Abkhazia è sostenuta in toto dalla Russia che cosa gli interessa se sto piccolo paesino gli viene tolto? Ed ecco la falla che dovrebbe far tremare Mosca. Il governo abkhazo, fedelissimo al Cremlino inizia un po’ ad incazzarsi, vuole avere anche lui suoi quattrini da investire come meglio crede.
aleksej

martedì 4 ottobre 2011

Hunger

Bisognerebbe, secondo gli Stati Uniti e i governi “cagnolino” che scodinzolano attorno a loro, dialogare con Israele per volere davvero arrivare al riconoscimento di uno Stato Palestinese e, dunque, alla pace. Ci sarebbe da discutere molto su questa affermazione essendo, in primo luogo, necessario sottolineare che prima del riconoscimento di uno Stato è fondamentale arrivare alla pace, poi, di conseguenza, arriva lo Stato. E, comunque, se davvero si dovesse dialogare con loro, allora sarebbe d’obbligo cercare di capire chi sono queste persone che non vogliono riconoscere il diritto di uno Stato. Intendiamoci io passo la mia vita da blogger a raccontarvi chi sono, ma, essendo che ogni giorno qualcosa di scandaloso accade, sono di nuovo a presentarvi la banda “Netanyau e soci” (una rediviva Banda Stern?).
Due sono le notizie shock di oggi. La prima riguarda i bambini e, dunque, dovrebbe fare ancora più scalpore. Il quotidiano The Guardian ha infatti pubblicato un’inchiesta portata avanti per lungo tempo in Israele in cui si dimostra, e le prove sono inconfutabili, che ogni qualvolta avvengono della incursioni nei villaggi dei territori occupati i militari obbligano tutti i bambini che incontrano ad essere fotografati. Va anche detto che spesso ciò accade nel cuore della notte e, quindi, i bambini vengono svegliati in malo modo e obbligati ad essere fotografati. Se vi state domandando il perché di queste foto è presto detto, Israele sta creandosi uno schedario preciso di tutti i bambini residenti nei vari villaggi per attuare un rapido riconoscimento degli stessi in caso di lancio di pietre contro i mezzi militari. Inutile dire che se si è sotto colonialismo israeliano il diritto alla privacy va rapidamente a farsi fottere, obbligatorio dire che allo stato Israeliano bisognerebbe presentare un’accusa di pedofilia firmata da tutti gli Stati mondiali.
La seconda notizia riguarda le carceri. È da circa una settimana che migliaia di prigionieri palestinesi hanno iniziato uno sciopero della fame e dei medicinali per protestare contro le disumane condizioni di detenzione. È in particolare l’isolamento forzato che viene denunciato, esistono infatti prigionieri palestinesi obbligati alle celle di isolamento da oltre dieci anni; celle che non hanno finestre, non hanno letto, non vengono pulite, per coloro che le “abitano” è vietato poi contatto con altri prigionieri e con il mondo esterno (incluso parenti e avvocati). Il Ministero per i Prigionieri, nella persona di Issa Qaraqe, ha fatto richiesta all’ONU affinché rapidamente intervenga a porre fine a queste violenze.
Avendo presente tutto ciò quali motivi l’ONU avrebbe per non riconoscere uno Stato Palestinese e accettare così il ritorno ai Dialoghi di Pace? Nessuno, se non fosse che gli USA continuano a fare la differenza (sempre in negativo).
michael

lunedì 3 ottobre 2011

Vaccinarsi sì, vaccinarsi no?

Negli Stati Uniti un’inchiesta allarmante è da poco stata pubblicata. Sembrerebbe infatti che più di due milioni di bambini non sarebbero stati vaccinati rispetto a malattie varie, alcune delle quali mortali. Il motivo di questa mancanza di prevenzione è, per lo più, paura che il vaccino sia più un male che un bene o che rispettare lo scadenziario vaccinale statunitense sia troppo intenso e sia meglio rimandare le vaccinazioni.
Premetto che io credo nelle vaccinazioni, ma so con certezza che molte famiglie in tutto il mondo sono assolutamente contrarie a tali rimedi medici arrivando a definire, in alcuni casi, “veleno” il liquido vaccinale. Penso poi che un genitore debba essere libero di crescere il proprio figlio come meglio crede, mantenendo sempre valide le necessarie misure di sicurezza e rispetto.
Dunque allora il problema qual è? Un fatto, avvenuto nel 2007 nel Maryland, centinaia di famiglie furono obbligate, da un Tribunale cittadino, a vaccinare i propri figli pena l’incarcerazione e il pagamento di un ammenda molto salata. I genitori non li avevano vaccinati per i motivi di cui sopra ma a loro non è stata data la libertà di decidere, le lobbies farmaceutiche hanno un peso politico (ed economico) ben più elevato e importante di quelli di alcune centinaia di genitori.
Ora due sono le questioni, da un lato un problema medico, è dimostrato infatti (e qui non c’entra il volere e la libertà del singolo ma è proprio la natura) che là dove i vaccini non vengono mantenuti vivi nella popolazione nascono focolai di malattia “debellate” o meno; dall’altro lo spauracchio di una prossima incarcerazione di migliaia di genitori.
La statua della libertà, quella libertà tanto sbandierata da politici e cittadini patriottici, inizia un po’ a vacillare, che faccia la fine della Torre di Pisa?
octavio

domenica 2 ottobre 2011

Vai via Re Fasullo di America!

Mi ero svegliato bene, domenica è sempre domenica…, riposato e tranquillo. Poi guardo le notizie e l’umore mi cambia, non è possibile essere così vili e vigliacchi. Mi riferisco ovviamente agli Stati Uniti e alla loro proverbiale stupidità nel saper gestire i problemi internazionali, Israele-Palestina in particolare.
Un conto è dichiarare che la richiesta di Abu Mazen all’ONU è sbagliata e non va appoggiata, un altro è bloccare degli aiuti umanitari per la popolazione palestinese. 200 milioni di dollari (guardate che la cifra può anche far paura ma è solo che necessaria per tentare di ridare dignità a Gaza e dintorni) dovevano essere trasferiti all’ANP due giorni fa, alla chiusura dell’anno fiscale americano, e, invece, sono rimasti nel Nuovo Continente. Soldi stanziati per assistenza alimentare e sanitaria che non sono stati rilasciati solo perché Abu Mazen ha fatto una richiesta all’ONU. Ditemi voi se questa è cattiveria o sadismo, ditemi voi se si può ancora considerare un NUOVO leader quel fasullo Nobel per la Pace.
Che gli USA non vogliano riconoscere lo Stato Palestinese non è un problema, oddio sì, lo è per i palestinesi, ma lo si sapeva che un avido stratega non avrebbe mai concesso nulla a chi non lo rimpingua di soldi; che gli USA taglino anche sugli aiuti umanitari solo per dare il segnale che se non si ritira la proposta per la Palestina sarà anche peggio, è un delitto contro esseri umani, è, per dirla molto chiara, SPORCARSI LE MANI DI SANGUE ESSENDO PARTE ATTIVA NEL GENOCIDIO CONTRO I PALESTINESI.
La Casa Bianca ha però fatto sapere che è contraria a questa sanzioni essendo prioritaria l’assistenza ai palestinesi per ottenere una soluzione al conflitto basata sui dialoghi di pace, intanto però i soldi sono rimasti negli States. E poi, in realtà, chi cazzo se ne frega di ciò che ritiene la Casa Bianca? Qui il punto non sono i dialoghi di pace, qui il punto è che Obama e la sua banda di farabutti hanno reso pubblica la loro decisione di sterminare, insieme a Israele, il popolo palestinese.
michael