sabato 31 dicembre 2011

Buon Anno

Siamo alla fine di un anno che ci ha visto concentrati sulla crisi economica e sulla fine, tanto invocata, dell’ era Berlusconi (o almeno speriamo). Vorremmo però porre l’attenzione su un odio che ciclicamente, e soprattutto in periodi di crisi, si risveglia da un finto letargo. Le recenti violenze e i morti di Torino e Firenze, il prender piede di partiti xenofobi, come la Lega Nord qui da noi, o l’allarmante situazione ungherese ci riportano al rischio dell’odio raziale.
È necessaria una riflessione a proposito di una parola che indica una malattia dalla quale si crede di essere immuni, ma che, facilmente e impercettibilmente, può colpire chiunque, soprattutto i giovani, ai quali è giusto che i politici guardino con maggior attenzione e capacità di ascolto: la parola è “razzismo”. Nella teoria razzista non c’è nessuna salvezza: se uno è “nero” o “marocchino” o “zingaro” o “terrone” è condannato.  Allora, davanti ai problemi e alle sconfitte, sarà più facile sfruttare la colpevolezza di qualcuno o di una razza. Il terreno emotivo è sempre pronto ad accogliere il mito del complotto universale di una certa etnia e delle sue forze segrete, cercando di incolpare ripetutamente di tutti mali chi è diverso da noi, trovandone un capro espiatorio. Per rendere possibile il confronto con altre culture occorre stimarle e occorre un forte lavoro educativo per creare una mentalità che elimini l’odio verso l’altro uomo, verso un popolo o una storia, il che significa comprenderli nella propria diversità.
L’anno che sta sorgendo sarà carico dei problemi di mancanza di occupazione, continuerà e aumenterà la carenza di cibo in tanti sud del mondo e la pace sarà minacciata ad ogni frontiera. Per questo diciamo ancora una volta “nessun dorma più” perché l’odio raziale è l’anticamera per la guerra tra poveri per un qualsiasi posto di lavoro, è l’antifona per ogni politico che voglia far strada sulla pelle della povera gente, è l’attacco frontale al rendersi conto che siamo tutti sulla stessa barca, qualcuno direbbe “fratelli”.
Il Timone

giovedì 29 dicembre 2011

La xenofobia ultra ortodossa

Partiamo da una città, Bet Shemesh. Da alcuni giorni su molti giorni, anche a livello internazionale, per le proteste che hanno visto migliaia di israeliani scendere in piazza e chiedere a Netanyahu un cambiamento su quelli che, a loro dire, sarebbero modi troppo antiquati di trattare le donne.
Ma che cos’è Bet Shemesh? L’abbiamo detto, una città, una cittadina troppo vicina a Gerusalemme per non essere golosa per gli ebrei sionista che popolano il territorio palestinese e così, da che Israele ha occupato la Terra Santa (non solo per loro) ha iniziato a rimpinguare quella città di ebrei. non ebrei particolari, tutti ebrei ultraortodossi, poi ci ha ficcato dentro un gruppo di palestinesi filoisraeliani e ha creato quindi due comunità: ebrei ultra ortodossi Bet Shemesh A, palestinesi filoisraeliani Bet Shemesh B. Con l’arrivo dei felasha (in vecchi post tutta la loro storia di deportazione) un nuovo gruppo ha preso residenza in quella terra.
Ora, alla faccia di tutti quelli che credevano solo l’Islam capace di “atrocità” in tematica di rispetto delle donne il fatto. Bet Shemesh è sulla cronaca di molti giornali e ha vista l discesa in piazza di molta, moltissima popolazione israeliana per il suo modo di comportarsi con le donne: 1. la donna non può vestirsi se non di nero 2. la donna deve sedersi esclusivamente nella parte posteriore dei mezzi pubblici (non facevano così, in altri tempi e in altri luoghi anche con i neri?) 3. la donna deve dimostrare la sua modestia sempre, sopratutto deve essere sottomessa all’uomo.
Certo non è che queste “regole” sono nate da un giorno all’altro, queste regole esistono da che gli ultra ortodossi lì abitano, solo che l’odio xenofobo sionista si è da qualche giorno scagliato contro una piccola e indifesa bambina di 8 anni che si è rifiutata di vestirsi di nero. Una bambina che ha ora smesso di andare a scuola per evitare gli insulti e gli sputi lungo la strada (tutti fatti da uomini adulti) e dei suoi compagni di classe.  
La piazza ha dunque chiesto una netta e decisa presa di posizione di Netanyahu, non solo per la figura di merda che Israele sta facendo a livello internazionale, non solo per la figura di merda che l’Ebraismo sta facendo a livello religioso, ma anche perchè vivere così è non vivere. Netanyahu ha risposto, ha detto che sta pensando, dato che con l’anno nuovo nuove abitazioni verranno costruite a Bet Shemesh, di dividere la città in due parti, da un lato gli ultra ortodossi, dall’altro la gente “normale”.
Voi capite la stupidità della cosa? Non risolve il problema definendo scioccanti le posizioni degli ultra ortodossi (si sa, questi gli servono da mandare come guerrieri negli avamposti colonici che ogni giorno crescono nei territori occupati), no lui decide che chi è ultra ortodosso accetta tutte le regole e, quindi le donne ultra ortodosse si scazzano, che stiano pure sotto il razzismo dei loro mariti, l’importante è che la cosa venga messa a tacere. Perchè? Perchè lui è ora troppo impegnato al nuovo piano edilizio da emanare con l’anno nuovo.
michael

mercoledì 28 dicembre 2011

Basura Golpista

Nella notte di Natale il Santissimo Cardinale Maradiaga pregava il Signore perchè si ricordasse della terra in cui lui era nato e nella quale umilmente portava avanti il compito assegnatoli come servo di Dio. Sempre in quella notte, criticava il mondo contemporaneo in maniera piuttosto aggressiva: “Non è possibile che un povero resti povero e il ricco resti ricco”, più o meno diceva così. Chiedeva poi alla massa di fedeli che accalcavano la chiesa di smettere di rimanere indifferenti di fronte alla crisi economica, erano già troppo colpevoli i realizzatori di questa crisi per restare, anche il popolo, inerme nell’attesa che qualcosa cambiasse.
Rimangono sbalordito da queste parole, da questa insensatezza e da questa volontà, allo stesso tempo, di potenza. Maradiaga conduce vita povera? No, il Governo di Honduras conduce vita povera? No. Chi ha voluto organizzare il golpe conduce vita povera? No; chi ha sostenuto questo golpe (e Maradiaga è fra quelli) conduce vita povera? No.
Chi in Honduras è povero, ha la capacità di rimanere inerme di fronte alla crisi? Certo che no, ma non perchè lo dice il cardinale o perchè lo muove uno spirito di protesta, solo perchè la fame e i figli lo obbligano a muoversi. A scavare nelle fogne e nei cassonetti per tentare di trovare qualcosa da mangiare, a rubare (con pistole e coltelli) per mettere mano al famoso Dio denaro, a cadere nel tunnel della droga per mettere  tacere quella bocca dello stomaco che troppo brontola.
Quello che io, tutte le volte che un esponente di qualcosa, una persona in vista, parla, mi domando è se davvero sa di che cosa sta parlando.
Voi lo sapevate che: “En la parte más asesina del país más mortífero del mundo, las familias de los hijos y esposos y hermanas asesinadas se reúnen cada mes en un edificio de hormigón junto a la iglesia de Nuestra Señora de Guadalupe. Se sientan en sillas de plástico, inclinándose hacia adelante para hablar, y la angustia se derrama. Existe el temor de los cumpleaños, aniversarios y Navidad. O de saber quién es el asesino, y que no sea arrestado, y la perversidad de eso. El grupo tenía 10 familias cuando se inició hace tres años. Hoy tiene 60, y todos menos uno de los casos siguen sin resolverse. “Estamos viviendo en constante temor”, dijo Blanca Álvarez, que llevaba un pin con el retrato de su hijo muerto, Jason, tiroteado en un robo de carro en 2006. “Hemos tenido marchas por la paz, vestidos de blanco, lanzando globos blancos al aire. Nada va a cambiar aquí. Nada” (via la tribuna.hn).
Maradiaga lo sa? e Lobo?
octavio

giovedì 22 dicembre 2011

Buon Natale... se regge la chiesa

Non dovrei essere io a parlare di Palestina, lo so. Essendo però ormai tempo di auguri natalizi ho pensato di concedermi uno strappo alla regola. Natale infatti non può che significare Palestina, lo so sono pazzo e sono troppo “cattolico” per il gusto attuale, ma se di Natale si deve parlare (e tutto il mondo ne parla) si deve parlare di Gesù, d’altronde è la sua nascita che si ricorda. Oddio, l’ho detta un po’ grossa, dovrei dire che è della sua nascita che nessuno si ricorda tanto che anche chi va a messa lo fa solo per mostrare l’abito nuovo o il nuovo cappotto o gioiello appena arrivato in dono. Sì, insomma, il Natale è tutto tranne il ricordo di quel bimbo che nacque nelle terre di Palestina, là dove ora sorge la Basilica della Natività, dentro la quale una stella argentata indica con precisione il luogo della nascità, lì dove Maria avrebbe dato alla luce, dopo tanta sofferenza a quell’esserino che avrebbe cambiato le sorti di tutte le religioni. Indubbio è, anche per l’ateo o il fortemente laico, lo “scandalo” di Gesù nei confronti di ebraismo e nei confronti del futuro Islam che lo prenderà come modello per auto affermarsi unica, vera religione.
Tutta questa premessa per dire cosa? Che la basilica sta cadendo a pezzi, lo scorso settembre dal mondo palestinese era stato firmato un accordo per iniziare i lavori di restauro ma, a tuttora, la situazione rimane in un grave nulla di fatto che rischia di portare a distruzione irreparabile le decorazioni e la santità del luogo.
Unica via di speranza è, oggi, l’Unesco, l’etichettatura di patrimonio dell’umanità della città di Betlemme porterebbe sicure migliorie e reali ristrutturazioni non solo alla chiesa ma alla città tutta.
Il problema è sempre quello, Israele. Non solo il governo si diverte a chiudere gli accessi alla città nei giorni delle feste natalizie o a bombardare case e negozi nei pressi della Basilica (azioni che hanno portato già svariate volte gravi danni alla struttura), ma anche non riconosce l’operato dell’Unesco e, insieme con gli Stati Uniti, hanno deciso di tagliare i fondi all’Agenzia.
Facciamo dunque lo sforzo, questo Natale, di ricordare i luoghi nei quali questa festa prese vita e, con forza critica, impariamo a riconoscere quando uno Stato fa il bene e quando lo si giustifica solo per retroscena politico-economici.
octavio

mercoledì 21 dicembre 2011

Con loro si dialoga di pace


Finalmente sono stati liberati, altri 550 prigionieri sono stati lasciati tornare dai loro cari. Già l’altra volta avevo dimostrato la mia gioia, mostrando disappunto sui modi del rilascio e i trattamenti riservati ai prigionieri da parte dell’esercito, ma pur sempre dicendomi felice. Oggi apro gli occhi. È vero 550 ne sono stati liberati pochi giorni fa, 550 ne sono stati liberati un mese fa, ma quanti, nel mentre sono stati arrestati? Donne e bambini fermati ai checkpoint, pescatori fermati dalla marina, uomini fermati dall’esercito, interventi nel cuore della notte, incursioni in villaggi e case questa è quotidianità. Se dunque inizialmente si poteva pensare che Israele aveva finalmente fatto un passo indietro e dimostrava di capire la sua cattiveria oggi capisco io che è stata tutta una messa in scena. I mille e passa prigionieri rilasciati per avere in cambio Shalit hanno solo cambiato volto ma sono tornati tutti nelle loro celle vuote.
Perché il video? Spero che capiate, guardandolo, alcune cose:
  1. Il terrorismo è da entrambi i lati.
  2. Nessuno, nemmeno l’esercito, è in grado di contrastare la violenza dei coloni.
  3. Queste sono le persone con cui si dovrebbe dialogare di pace.
michael

martedì 20 dicembre 2011

La morte è giunta anche per il dio/leader

Molti lo pensavano indistruttibile, molti ora crederanno che resusciterà, altri gioiranno (non pubblicamente), Kim Jong-Il è morto e, ora, il mondo intero si chiede che ne sarà della Corea del Nord. Rimarranno le barricate elettriche sui confini? Rimarranno le finte case paradisiache che percorrono tutto il perimetro dello Stato per dare l’idea della floridezza e nascondere meglio la povertà? Rimarranno la paura e il dolore di non poter aprire bocca su nulla? Rimarranno i “controllori”, quei poliziotti che seguivano in tutti i loro spostamenti tutte le persone straniere che entravano in territorio coreano?
Ciò che oggi è certo sono solo poche cose: 1. la tv di Stato ha mostrato la salma del caro leader e ha mostrato la popolazione piena di dolore (quanto dolore vero e quanto finto?) 2. il figlio Kim Jong-un si trova ora a capo di uno Stato alla fragile età di vent’anni (non credo sia necessario stare qui a raccontarvi gli esami storici di imperatori bambini controllati e manovrati dai loro supporti di corte) 3. gli USA che per bocca della Clinton fanno sapere che sperano in un’apertura dello Stato, in un blocco della realizzazione dell’armata nucleare tanto voluta dal dio/leader ormai morto, in un scelta decisiva verso la pace.
Scusate ma di che pace parlano gli americani? La Clinton si è anche detta disponibile ad accompagnare la Corea del Nord verso questa pace solo che loro si dimostrino disponibili.
Non è che forse, e dico forse, gli USA hanno capito che fare pressioni su un ragazzo di vent’anni è più facile che su un uomo di 69 che si credeva un dio e che ora, se davvero la Corea del Nord inizia a cedere, gli eserciti americani potranno entrare liberamente su un territorio da sempre ambito (vedi le amicizie che già intercorrono tra Corea del Sud e USA) e che permetterebbe di dare vero e proprio filo da torcere alla Cina?
Sono solo mie supposizioni, vediamo se ci prendo, vediamo, soprattutto, cosa fare il nuovo caro leader.
octavio

lunedì 19 dicembre 2011

Aborto

Chi ha provato la gioia di avere un figlio può capire. La scoperta dopo il test che un tesserino è già lì, pronto a rompere tutti i tuoi piani, l’attesa mentre la pancia aumenta, le visite e poi vederlo sul monitor del medico. Il momento più toccante è, poi, quando si scopre il sesso del feto, prima le scommesse e poi la certezza,che sia maschio o femmine, in fondo, poco importa. Ma è davvero così? Per tutte le donne incinta sapere che il proprio figlio è maschio piuttosto che femmina è indifferente?
Un rapporto del Consiglio d’Europa dimostra che in Albania nascono 112 maschi per 100 femmine. Perché? Non certo per questioni naturali, alla visita del IV mese, circa, la visita in cui si scopre il sesso del feto molte donne, volenti o nolenti, abortiscono, e lo fanno solo se il bimbo è una bimba.
È una scelta fatta per tradizioni, avere figlie femmine non è dare prosieguo alla stirpe; fare figlie femmine è avere solo il peso, in fatica e denaro, di allevare qualcuno che, poi, sarà obbligato a sposarsi con altro.
Siamo di fronte al Medioevo? Forse, l’unica consolazione è che, per lo meno, oggi le donne abortiscono in strutture ospedaliere che possono difenderle dallo strapotere e violenza maschile, la quale, farebbe violenza ulteriore alla prima violenza di obbligo d’aborto.
aleksej

venerdì 16 dicembre 2011

Mi mamá tenía un dicho

“Cuando se quiere ayudar se ayuda”, parole sacrosante, parole che dovrebbero scaldarci il cuore soprattutto ora che siamo tutti più buoni dato il natale imminente. Il problema è come sempre chi le dice, e questa volta le ha dette chi non poteva permettersi nemmeno di aprire bocca: il Presidente Lobo.
“Mi mamá tenía un dicho, me decía: ‘hijo mío haz el bien y no mires a quien’, cuando se quiere ayudar se ayuda, a mí me da, no sé, siento a veces que como que alguien dice yo tengo el dinero, pero si querés que te dé hacé esto y hacé lo otro”. Ora io non metto in dubbio che la mamma di Lobo abbia dato questo buon insegnamento al figlio; metto certamente in dubbio il fatto che poi Lobo si sia corrotto e, per ottenere il potere che oggi ha, ha fatto non il doppio ma di certo il triplo gioco. Ma perché ha detto questo? Perché gli USA, non tanto perché non credano più in lui ma solo per salvare la faccia a livello internazionale, hanno dichiarato che dato lo scarso, scarsissimo, livello raggiunto dal Governo honduregno per governabilità, corruzione, diritti umani e politica fiscale, non potrà accedere ad alcuni programmi statunitensi che avrebbero portato molti aiuti in denaro nelle casse statali.
Lobo dunque si incazza perché non gli arrivano i soldi ma non capisce che se non arrivano è solo per colpa sua; ecco perché il suo “Cuando se quiere ayudar se ayuda” può andare a farsi fottere, lui ha mai aiutato la sa gente? No. Ha mai cercato di risolvere il problema della violenza? No. Ha mai voluto metter becco nei giri loschi della corruzione mafiosa? No. Quindi di cosa si stupisce? Ve lo dice lui in persona: “Yo nunca he escondido mi preocupación por el problema de lo que ha pasado con los periodistas, nunca he escondido tampoco de que no teníamos la capacidad de investigación... si un país nos quiere ayudar y sabe que tenemos un problema de investigación, entonces lo que hace es que dice: ‘mire señor, ahí le mando un contingente de 50 investigadores para que aclaren los crímenes’, esa es voluntad de ayudar”.
Ha dimenticato di dire che tutti i morti sino ad oggi avvenuti in Honduras sono stati tutti decisi, programmati e ammazzati da lui.
octavio

giovedì 15 dicembre 2011

I soprusi quotidiani

Alcune notizie che compongono questo post provengono da: “Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it".
Questo post vuole essere il racconto di ciò che quotidianamente avviene in Palestina. Non ho interesse solo nell’elencare gli abusi, ciò che mi porta a scrivere è la necessità che chi mi legge e chi passa per caso da questo blog capisca che in Palestina la vita è sempre così. Non sto raccontando qualcosa di sporadico e non è la prima volta che racconto le violenze, oggi l’unico significato di questo post è: IL GOVERNO ISRAELIANO SIONISTA, ATTRAVERSO LA MANO ARMATA DEL SUO ESERCITO SIONISTA E ATTRAVERSO LA MENTE RAZZISTA DEI SUOI CITTADINI ESTREMISTI TERRORISTI, DISTRUGGE E CALPESTA I DIRITTI UMANI TUTTI I GIORNI E NESSUNO FA NULLA.
Siete un vecchio, povero e malato di cancro, destinato a morte certa e per il tipo di malattia e per mancanza di cure (Israele non dà libero accesso di transito alle medicine), venite a sapere che i vostri amati figli sono stati liberati “grazie” a Shalit e che sono stati spediti a Gaza, vostra moglie, anziana non aspetta un minuto di più e corre là per riabbracciarli. Si toglie l’ultima gioia della sua vita, una volta abbracciati muore. Voi, sempre più malati e stanchi, partite, amate vostra moglie, amate i vostri figli volete dare degna sepoltura a colei che li ha messi al mondo. Arrivati a Eretz i militari israeliani vi fermano e vi dicono che per ragioni di sicurezza (che male può fare un anziano uomo malato di cancro?) non potete passare per il valico e non potete raggiungere il corpo, morto, di vostra moglie. Voi, sconsolati, accettate, la vita vi ha fatto troppo soffrire per poter iniziare una guerra ora, e vi rimettete in cammino ma i soldati subito vi fermano. Perché? Non potete più tornare per il percorso rapido, ma non meno doloroso, che avete fatto dovete rientrare in Palestina da Rafah, arrivare in Egitto, prendere un aereo per la Giordania e da lì rientrare in Cisgiordania e andare a Hebron, dove verrà sepolta vostra moglie. Non sto scherzando, questo è ciò che il vecchietto si è sentito dire e ha dovuto fare.
Continuiamo, da dicembre ’10 a dicembre ’11 questo è ciò che Israele ha compiuto nei confronti dei palestinesi: assassinato 130 cittadini palestinesi, 150 abitazioni palestinesi sono state danneggiate, 10 totalmente distrutte, Oltre 9mila ettari di terreno ad uso agricolo sono stati deturpati, 21 strutture destinate all'istruzione palestinese e una della sanità sono state abbattute dagli israeliani, 20 negozi e 22 fabbriche sono stati distrutti, sei delle quali completamente.
Proseguiamo, pochi giorni fa un gruppo di estremisti ebrei ha preso d’assalto una moschea di Gerusalemme e ha tentato di dargli fuoco.
Infine, unica nota positiva, domenica 500 prigionieri saranno liberati, sempre “grazie” a Shalit, sono già stati divulgati i nomi, le famiglie sono, ovviamente in festa e domenica tutti i territori occupati lo saranno.
michael

mercoledì 14 dicembre 2011

Vogliamo la verità, ma sarà dura da ottenere

Vi dovrei salutare, per sempre. Se abitassi in Russia e scrivessi questo post in cui parlerò male di Putin, in cui dirò l’assurdità del suo poter fasullo e mafioso, sarei licenziato e sarei incarcerato. Questa è la fine che hanno fatto molti giornalisti in questi giorni di fuoco per il Cremlino. La popolazione tutta è insorta, non accetta che il mostro che ha lasciato morire di fame e di freddo il suo popolo, che ha mandato a morte milioni di persone, se ci concentriamo “solo” suelle guerra di Georgia e Cecenia, torni a essere il loro leader. Anche il popolo è stato incarcerato e l’esercito ora fa bella mostra di sé, in tutto il suo potere armato, per “disperdere” la folla, meglio., per uccidere la folla.
Il presidente Medvedev ora deve obbligatoriamente inventarsi qualcosa per dare, almeno internazionalmente, l’idea che la politica e la giustizia stanno facendo il loro corso e prenderanno decisioni serie nel caso in cui venisse dimostrato che effettivi brogli elettorali sono avvenuti.
Ci sono però già testimonianze verificate, e verificabili anche solo con l’uso dell’intelletto, di “incongruenze”: nei seggi in cui erano presenti i “controllori” Russia Unita si stabiliva al 20% circa, in quelli in cui non erano presenti, circa al 70%. Difficile credere che i seggi senza controllori erano anche i seggi in cui i sostenitori di Putin votavano…
Affidare dunque alla Commissione Elettorale il compito di capire se le votazioni sono da annullare o meno, come intende fare Medvedev, è assurdo. Coloro che hanno decretato il vincitore ora dovrebbero togliergli la corona? Coloro che sono stati pagati dal vincitore ora dovrebbero restituire il malloppo? Coloro che lavorano per lo Stato ora dovrebbero eliminare chi li ha sempre protetti?
Il popolo però non è stupido, questo lo ha già capito. 24 dicembre, nuova manifestazione in organizzazione, che le danze abbiano inizio, che il popolo alzi la voce.
aleksej

martedì 13 dicembre 2011

Lasciateli bruciare

Siete giovani, minorenni. Avete voglia di provare, sperimentare, giocare: fate sesso con il vostro ragazzo. Poi però non sapete come fare a dire ai vostri genitori (troppo bigotti per accettarlo) che la vostra verginità se n’è già andata per la sua strada e allora cosa fate? Vi inventate una balla. Ma come poter mascherare la perdita di verginità? Non è facile da inventare e così la si racconta più grossa che si può: “Mi hanno violentato”.
Vostro fratello, poi, rincara la dose, prima vi dice “Stai tranquilla, sorellina, ora ci penso io” e poi, pubblicamente, racconta che gli stupratori lui li ha visti scappare, erano due ed erano due rom.
Ecco, a posto, tanto i rom fanno schifo a tutti, chi mai può dubitare di un’affermazione così precisa? I rom rubano, i rom puzzano, i rom sono un peso per la società, i rom sono nomadi, ergo: i rom sono stupratori.
L’animo umano è però troppo sensibile e sviluppato e a voi, bugiardi, viene subito il rimorso per le parole dette e così, dopo poche ore correte a dire, che vi siete inventate tutto, che i rom non c’entrano niente, volevate godere (volgare? Sempre meglio di xenofobo) e l’avete fatto con chi vi aveva promesso il paradiso.
L’animo umano è però troppo violento e animale e al resto della città nasce subito un senso, più che altro represso, di odio e rancore che si scatena prima in una manifestazione (vergogna per chi, politico, ci è andato in mezzo) e poi in un gigantesco squadrone della morte che brucia e distrugge tutto al grido di: “Lasciateli bruciare”.
Ora il problema non è la voglia o meno di far sesso, il problema non è neanche avere dei genitori da Santa Inquisizione. Il vero problema è poter pensare, a 16 anni, di incolpare un’intera etnia sapendo già di farla franca, puntando tutto sul razzismo dilagante che imperversa in tutto il mondo in generale e in Italia in particolare.
octavio

lunedì 12 dicembre 2011

Nuove risoluzioni, nessun riconoscimento

Decine di nuove risoluzioni ONU (approfondimenti qui):

Draft I, on assistance to Palestine refugees, would have the Assembly call upon all donors to continue to make the most generous efforts possible to meet the anticipated needs of UNRWA, including with regard to increased expenditures arising from the serious socio-economic and humanitarian situation and instability in the region, particularly in the Occupied Palestinian Territory, and those mentioned in recent emergency appeals.
The draft was approved by a recorded vote of 160 in favour to 1 against (Israel), with 9 abstentions (Canada, Ecuador, Federated States of Micronesia, Marshall Islands, Nauru, Palau, United States, Vanuatu, Haiti).
Draft II, on persons displaced as a result of the June 1967 and subsequent hostilities, the Assembly would stress the necessity for an accelerated return of displaced persons, and call for compliance with the mechanism agreed upon by the parties in article XII of the Declaration of Principles on Interim Self-Government Arrangements of 13 September 1993 on the return of displaced persons.  It would also strongly appeal to all Governments, organizations and individuals to contribute generously to the Agency and to the other intergovernmental and non-governmental organizations concerned.
The text was approved by a recorded vote of 162 in favour to 7 against (Israel, Canada, Federated States of Micronesia, Marshall Islands, Nauru, Palau, United States), with 4 abstentions (Cameroon, Haiti, Panama, Vanuatu).
Draft III, on operations of UNRWA, the Assembly would urge the Government of Israel to expeditiously reimburse the Agency for all transit charges incurred and other financial losses sustained as a result of delays and restrictions on movement and access, and to cease obstructing the movement and access of the staff, vehicles and supplies of the Agency and to cease the levying of taxes, extra fees and charges, which affect the Agency’s operations detrimentally.
By further provisions, it would reiterate its call on Israel to fully lift the restrictions impeding the import of necessary construction materials and supplies for the reconstruction and repair of thousands of damaged or destroyed refugee shelters.
The text was approved by a recorded vote of 163 in favour to 7 against (Israel, Canada, Federated States of Micronesia, Marshall Islands, Nauru, Palau, United States), with 2 abstentions (Cameroon, Vanuatu).
Draft IV, on Palestine refugees’ properties and their revenues, would have the Assembly urge the Palestinian and Israeli sides to deal with that important issue within the framework of the final status negotiations of the Middle East peace process.
The text was approved by a recorded vote of 163 in favour to 7 against (Israel, Canada, Federated States of Micronesia, Marshall Islands, Nauru, Palau, United States), with 3 abstentions (Cameroon, Haiti, Vanuatu).

Sempre la solita storia, gli Stati contrari sono coloro che decidono definitivamente l’azione da seguire.
michael

domenica 11 dicembre 2011

It's too late to apologize (2)


Perseguitati prima perchè musulmani non sunniti dagli Ottomani, perseguitati dopo dai turchi solo perchè curdi. Erdogan chiede scusa, tra il 1937 e il 1938 si sfiorò, però, il genocidio. Mi associo a octavio nella storia dei massacri, per non dimenticare. Ma servirà poi a qualcosa? Il natale è alle porte, i regali sono da comprare e non c'è, di certo, tempo per romperci le palle con queste storie di secoli fa.
aleksej

sabato 10 dicembre 2011

It's too late to apologize


Quasi 65 anni, dopo tanto tempo arrivano le scuse dall'Olanda per un massacro organizzato e voluto solo per amore di conquista. 431 i morti, l'ordine era: "Sparate a qualsiasi cosa si muova".
octavio

venerdì 9 dicembre 2011

Matrimonio in bianco o in nero?

"I am not racist. I will tell you that. I am not prejudiced against any race of people, have never in my lifetime spoke evil about a race”.
Una dichiarazione così precisa dovrebbe, forse, in primo luogo farci contenti, meglio un uomo contrario al razzismo che un kukluxklanista. Se però la studiamo approfonditamente appare subito chiaro che se una persona deve fare pubblica ammissione di non razzismo o davvero lo è oppure, più probabile, deve difendersi da una qualche accusa.
Le parole soprariportate sono quelle di Melvin Thompson, un perfetto sconosciuto, pastore di una chiesa battista, venuto alla ribalta grazie alla nuova “legge” istituita nella sua chiesa: PROIBITI I MATRIMONI TRA MEMBRI DI RAZZE DIVERSE, “parties of such marriages will not be received as members, nor will they be used in worship services and other church functions, with the exception being funerals”.
Come può Thompson definirsi non razzista dopo che ha messo in piedi questa follia? Semplice, dichiarando questa scelta necessaria per preservare l’unità della comunità.
Non essendo mancate le proteste è arrivata, in breve tempo una dichiarazione dall’Associazione Nazionale delle Chiese Battiste: “Recently, the action of a Free Will Baptist church in the state of Kentucky raised questions regarding the position of the National Association of Free Will Baptists on interracial couples. This statement is intended to bring clarity to the subject. The National Association of Free Will Baptists does not have an official policy regarding interracial couples because it has not been an issue in the denomination. The Free Will Baptist Treatise neither condemns nor disallows marriage between a man and woman of different races. Free Will Baptists have historically championed the rights and dignity of all people, regardless of race. The denomination's leadership in the abolition movement is evidence of that fact. Free Will Baptists currently spend millions of dollars each year to take the good news of Jesus Christ to people of every race. Many interracial couples are members of Free Will Baptist churches. They are loved, accepted, and respected by their congregations. It is unfair and inaccurate to characterize the denomination as racist. It is our understanding that steps are being taken by the church in question to reverse its decision. We encourage the church to follow through with this action. Leaders from the local conference and state association in Kentucky are working with the church to resolve this matter”.
Mi permetto solo di dire, in modo laico e provocatorio, che, essendo loro impegnati nel portare la “parola di Gesù Cristo ai popoli di tutte le razze”, dovrebbero ricordarsi che quel Gesù Cristo di cui parlano non aveva, di certo, la pelle bianca.
octavio

giovedì 8 dicembre 2011

Lacrime turbo diesel nere

Lo storico Domenico Musti scriveva: “Ma cosa vuol dire <>? Si può vedere la crisi della polis come scadimento di valori; non è però questo il miglior modo di affrontare il tema. Parlare di crisi significa costatare e analizzare una <>: ma la storia è sempre trasformazione; paradossalmente, si potrebbe dire che la crisi è la forma stessa della storia. Parliamo, tuttavia, di crisi quando la trasformazione investe una larga parte degli elementi che compongono l’assetto esistente, e quando i mutamenti si addensano in un determinato periodo, cioè la trasformazione subisce un’accellerazione.” Crisi dunque non è un concetto nuovo e ogni qual volta se ne presenta una è oggi descritta come “la peggiore crisi dal…”. Ma la Storia ripulla di cambiamenti attraverso questi stretti passaggi; negativi o positivi, ma cambiamenti. Oggi ammiriamo staticamente il tentativo di rianimare un sistema economico sorpassato e soprattutto fittizio. Cambiamento in peggio (come vorrebbe la Lega Nord) di ricchi che si uniscano finchè possono o in peggio (come vuole l’alta finanza da cui viene il nuovo Premier italiano) di continuare a drogare un sistema intossicato, ingiusto e malato. I provvedimenti presi per salvare l’ero, l’Europa, Aziende ecc prevedono la mortificazione di chi usa quei pochi ero, degli europei, di chi lavora nelle aziende dei tanti eccetera di questo mondo. Non è una posizione d’opposizione allo stringere la cinghia, anzi io sono convinto che questa sia una crisi di sovra produzione-sovra consumismo e “progresso” fine a se stesso, ma è opposizione all’insulto a chi lavora e a chi vorrebbe lavorare. Vedere il prezzo del carburante aumentare a dismisura senza mai scendere quando cala il greggio, vedere l’istruzione superiore e universitaria violentata e non valorizzata, vedere che non calano mai le spese militari, che i soldi per una guerra si trovano sempre, che i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, sapere che a Scampia o allo Z.E.N. vivere è impossibile mentre nei quartieri “bene” il problema principale è un garages abbastanza ampio per il SUV. Da qui viene la nostra rabbia, caro Professor Monti, da qui l’appello per una politica che riporti l’uomo al centro dell’economia e non la finanza al centro del lavoro!

IoLiOdioINazistiDellIlliois

martedì 6 dicembre 2011

Democraticamente messi in galera

Putin ha vinto, buon per lui. Qualcuno ne è stupito? Qualcuno credeva che alla fine non ce l’avrebbe fatta? Qualcuno ha pensato che in Russia la democrazia avrebbe vinto?
Dopo che Russia Unita era stata accusata di aver creato manifesti elettorali equivoci che potessero subliminalmente (ma io direi proprio pubblicamente) dare indicazione di voto tutti avevamo pensato, e mi ci metto di mezzo anche io, che qualcosa davvero potesse cambiare sul suo russo. Poi siamo tornati alla normalità e così l’unica ONG indipendente interessata al controllo delle elezioni è stata incriminata per aver diffamato il partito Russia Unita.
Tutti, il popolo, organizzazioni interne e internazionali, hanno parlato di brogli. Tutti hanno detto che nelle urne le schede erano molte di più rispetto al numero degli effettivi votanti.
Dopo la vittoria in piazza sono scese milioni di persone, tanto a Mosca quanto a San Pietroburgo, un unico inno per tutti: “Una Russia senza Putin”.
In piazza sono scesi anche, insieme ai manifestanti gli OMON, le forze speciali per le quali trovate descrizioni più approfondite qui. Come pensate sia andata a finire? Il più della folla è stata dispersa chi proprio non voleva rinunciare a urlare il suo dissenso è stato incarcerato.
Io credo che sia di certo grave il broglio elettorale organizzato da Putin, credo, però, che sia maggiormente più grave l’arresto delle persone.
Non è tanto il fatto che una persona possa arrivare a fare carte false per vincere, tutti nel mondo hanno fatto così, ma che un presidente faccia incarcerare chi non la pensa come lui, ecco, questo sì è grave, soprattutto perché succede in uno Stato che si dice democratico.
aleksej

lunedì 5 dicembre 2011

ballata in rosso

L’autodistruzione di cui l’uomo è capace è nota a chiunque abbia studiato un minimo di storia. Quello che sempre sorprende è però l’ostinato masochismo in alcuni particolari momenti.  Davanti a un’eruzione vulcanica, un’inondazione, un terremoto possiamo arrabbiarci se abbiamo costruito una città sulle pendici del vulcano, se otturiamo corsi d’acqua volontariamente o se piazziamo una scuola di sabbia su una falda tellurica. In sostanza, però, l’evento naturale non dipende da noi. Abbiamo invece inventato noi: armi di distruzione di massa, un sistema economico che lascia la stragrande maggioranza della popolazione nella miseria, un sistema finanziario che ora ci dice cosa è possibile e cosa no e a questo ci pieghiamo. Abbiamo inventato noi la moneta, il suo valore, abbiamo fermato noi la controvertibilità dell’oro, abbiamo stimato noi maggiormente un titolo di stato rispetto alla vita delle persone. Ora noi siamo incapaci di pensare a un modello nuovo, siamo ineluttabilmente davanti a un destino di oscillazioni finanziare che decidono del nostro futuro senza nessuna apparente guida.
È la nostra quotidianità ormai; una follia in cui i folli dilagano spacciandosi per nuova opposizione. I leghisti sono davvero convinti che esiste “la Padania” e che essa debba unirsi ad Austria e Germania, vantando crediti e presunta superiorità. Intanto da “padano” dico che la stragrande maggioranza di chi vive al nord reputa i leghisti dei pazzi, inoltre dico che la lega, nella sua violenta ignoranza,  ripropone il modello dei forti con i forti per opprimere i poveri, è l’idea  che si ripete amplificata dalle storpiate labbra di chi è stato al potere fino a ieri e vorrebbe tornarci quanto prima che proprio muove a nausea.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

I fucili a disperdere la folla

Parto da una breve esemplificazione geopolitica. Con lo smantellamento dell’URSS e la creazione di tante piccole indipendenze nasce, fra i tanti, la Georgia, territorio di confine tra Europa e Russia che ha al suo interno l’area di Abkhazia e Ossezia del Sud riconosciute, in tutto il mondo, come territorio georgiano, di fatto indipendenti e sostenute dalla Russia. La Georgia ha il solo “difetto” di essere il terreno più valido per bypassare lo strapotere e lo stracontrollo russo sui rifornimenti di gas e petrolio e, per questo è ambito (non sto qui a spiegarvi le ragioni dell’una e dell’altra parte). Da quando la Gerogia è nata guerre e violenze si sono sempre perpetrate sul suo territorio ed è sbagliato credere che solo la Russia sia sanguinaria e accanita su quei due fazzoletti di terra: tutti i presidenti georgiani sono stati messi al potere dagli Stati Uniti, a volte apertamente a volte organizzando finte rivolte, e tutti i presidenti sono stati finanziati sia da USA che da Israele per riprendersi ciò che sarebbe “di loro diritto”.
La Georgia, insomma è stata eletta il territorio di prova di quegli stralci di guerra fredda che le due superpotenze continuano a non dimenticare, un po’ come è successo e sta succedendo in Cecenia e dintorni, il motivo è il medesimo.
Chiarito questo non ci sarebbe poi molto altro da dire sulla notizia che arriva proprio dall’Ossezia del Sud: la Corte Suprema ha annullato le elezioni presidenziali che vedevano vincitrice Alla Dzhioeva, candidata dell’opposizione schierata contro Anatoly Bibilov, sostenuto dal presidente uscente. Perché la Dzhioeva è stata fatta fuori? Per due motivi precisi, il primo è che la sua vittoria come partito dell’opposizione preoccupa non di poco la Russia, il suo delfino, quello scelto dal Cremlino e sostenuto dall’ex presidente, ha miseramente perso. Il secondo è che la Dzhioeva aveva usato come punto centrale della sua campagna elettorale la fine della corruzione: i fondi russi per la ricostruzione dopo la guerra del 2008 sarebbero stati usati per ricostruire e non sarebbero finiti nelle tasche dei politici, politici, ovviamente, scelti e sostenuti dal Cremlino.
Lei, chiaramente, non accetta la sconfitta; lei, ancora di più, non accetta che il Ministro degli Esteri moscovita, intervenendo al riguardo, abbia invitata la vincitrice ad accettare la decisione della Corte Suprema (alla faccia delle libertà e della corruzione). Tutti i suoi sostenitori sono scesi in piazza, la Dzhioeva si è messa in mezzo a loro, l’esercito si è schierato con blindati e militari davanti a tutti i palazzi governativi e disperde la folla a fucilate: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
aleksej

sabato 3 dicembre 2011

Cruzar la frontera (2)

Avendo colpito nel segno con il post precedente proseguo con il racconto sulla vita dei migranti latinoamericani. Anzi, oggi mi soffermo sulle migranti, il mio racconto sarà solo al femminile e, prego, tutti/e coloro troppo sensibili o facilmente impressionabili di lasciare perdere, NON LEGGETE QUESTO POST.
Lo chiamano l’anti-Messico ed è invece un anticoncezionale ormai comprabile non solo in farmacia ma, direi, in tutti i supermercati e negozi del latinoamerica. Un boom sproposito di vendite ha colpito questo settore da quando l’immigrazione clandestina ha toccato i massimi livelli. Penso ormai ci siate già arrivati da soli; l’utilizzo di un anticoncezionale è ben chiaro a tutti. Ogni donna migrante si riempie di pillole e punture prima di partire: è ovvio che sarà stuprata, corre ai ripari come può. Inutile dire l’orrenda barbarie che è il traffico di persone umane, inutile dire che è ancora più orrendo sapere di dover essere stuprate e partire lo stesso, utile è sottolineare che l’anticoncezionale non protegge da HIV e altra malattie sessuali: chi parte oltre a rischiare lo stupro, oltre a subire la possibile gravidanza, rischia anche la salute.
Se, invece, si è troppo piccole per partire (tra i 12 e i 17 anni) ecco allora che i narcotrafficanti ti vengono a prendere loro. Ti rapiscono, ti usano come killer o come amante personale e quando hai finito “il tuo lavoro” ti uccidono, il tuo corpo smembrato verrà poi fatto trovare ai tuoi genitori.
Questo, insieme a ciò che ho già raccontato, è tutto vero, testimonianze e video a comprova. È importante capire che ciò che racconto è l’uomo che lo compie; è fondamentale sottolineare che bestia sia l’essere umano.
octavio

venerdì 2 dicembre 2011

Cercare un volto nuovo

"E' tempo di sommovimenti vasti e decisivi: tempo nel quale crollano equilibri che sembravano assestati e si formano equilibri nuovi: tempo davvero di "crisi". Tempo, cioè, in cui tutto l'ordinamento del mondo viene assumendo forme nuove, strutture nuove: c'è un vasto rimescolamento nella scala dei valori: il mondo cerca un volto nuovo".
Giorgio La Pira

IoLiOdioINazistiDellIllinois

Sicurezza, sicurezza, sicurezza

Sentimenti di ansia nella comunità ebraica per la relazione tra Stati Uniti e Israele. Ci sono sempre stati e sempre ce ne saranno. Ogniqualvolta Obama tenta di dire qualcosa che può essere minimamente contrario al pensiero sionista subito crollano i rapporti stabili, subito tutte le lobbies sono sul piede di guerra. Abbiamo visto come sono finiti i dialoghi diretti, quelli indiretti, l’ONU, l’Unesco e via discorrendo.
L’ultimo sentimento di ansia è di pochi giorni fa e, giuro, mi è difficile tuttora capirne il motivo, rimane comunque il fatto che Obama è subito corso ai ripari dopo che Jack Rosen, presidente dell’American Jewish Congress di Manhattan ha dichiarato: “Sarei negligente se non dicessi che molti nella comunità ebraica sono preoccupati”, parafrasando: “Sarei negligente (verso Netanyahu) se non riportassi sui binari da noi decisi la politica statunitense”.
Dopo queste parole il Presidente, già Nobel per la Pace, già uomo di colore al potere, ha così parlato: “Questo governo è quello che ha fatto di più per la sicurezza dello Stato di Israele rispetto a qualsiasi governo. Quando si tratta di sicurezza di Israele, non scendiamo a compromessi e continueremo su questa posizione”.
Ora, la violenza che va maggiormente contenuta nel territorio israeliano è quella che proviene da Gaza e per questo viene mantenuto un blocco totale imposto quando esistevano prigionieri israeliani e mai prosciolto dopo che questi prigionieri (uno) sono ritornati in libertà.
Mentre Obama dice che sulla sicurezza lui non scherza giungono due notizie da Gaza. La prima è sul problema rifiuti, la seconda sui pescatori. Con l’aumento della popolazione e la povertà dilagante i rifiuti non si sa più come smaltirli. Esistevano sì camion raccoglirifiuti ma ora sono rotti e Israele (per la sicurezza) non permette che i pezzi di ricambio entrino nella Striscia, non permette nemmeno che entrino dei camion nuovi di pacca (sempre per la sicurezza) e così la gente vive con l’immondizia. Ai pescatori, invece, viene impedito di andare troppo a largo, perché? Per la sicurezza. Ma se non vanno a largo cosa pescano? Nulla. Tentano quindi di sfidare la marina israeliana la quale, però, risponde con le armi e con gli arresti.
Si sa, la sicurezza davanti a tutto.
michael

giovedì 1 dicembre 2011

Cruzar la frontera

Quale, fra tutti, è il maggior problema che il mondo latinoamericano deve combattere? L’immigrazione clandestina. Sono migliaia le persone che ogni anno cercano di superare la famosa frontiera messicana (quella che ha un muro a “protezione” dello Stato Americano) per realizzare il loro personale sogno americano.
È così ambita la ricerca di emigrare che la criminalità organizzata ha subito capito che quello era un buon modo per fare soldi. Come? È evidente a tutti che la stragrande maggioranza dei clandestini viaggia per riabbracciare alcuni cari che già vino negli States, sequestrare il migrante significa poter chiedere riscatto a chi già vive in America. La parola a due sopravvissuti:
"Dos 'polleros' que se hicieron pasar como nosotros, se subieron también en El Naranjo y antes de llegar a la Palma nos quisieron meter a un rancho a fuerzas. Nos impusimos, corrimos y escapamos; pero los otros, los más chavalos, se los llevaron".
Non è solo il crimine organizzato che però fa paura ai clandestini, anche polizia e controllori dei treni sono i loro peggiori nemici. Il “Treno della Morte” è il famoso treno merci che dal Chiapas arriva, trasportando mais, cemento e immigrati, sino alla frontiera. Un treno che viene preso di nascosto, spesso lungo le rotaie, e che, ormai, è diventato ambito e controllato sia dalla polizia che dal crimine organizzato. I primi buttano letteralmente giù dal treno i clandestini, i secondi li tirano giù per sequestrarli. È chiaro che essere buttato o tirato è la stessa cosa, ed è ancora più chiaro che se questo avviene mentre il treno è in movimento il rischio di morte è altissimo: molti muoiono, molti rimangono feriti, molti perdono, perché mozzati dalle ruote o dalle porte del treno, arti e rimangono mutilati.
Alcuni, dopo questa esperienza reagiscono così: “Duele mucho cuando uno recuerda cómo pasaron las cosas, ese policía federal me empujó y quedé debajo del tren, la rueda me cortó mi pie, esto pasó y ya, hoy ya no quiero ir a Estados Unidos por ese maldito sueño americano, eso me jodió".
Altri così: "Perdí lo que perdí de mi cuerpo por querer ir a Estados Unidos, pero no me ahuevo, voy a volver a intentarlo", parole di un uomo che ha perso una gamba, tagliate di netto dalle ruote del treno.
octavio