venerdì 30 settembre 2011

Dialoghi di pace? Forse...

Nel periodo in cui tutti parlano di possibili, necessari o auspicabili dialoghi di pace tra Israele e Palestina, nuovi dialoghi di pace si apprestano a nascere tra Moldavia e Transnistria. Dal luglio ’92, quando venne siglato il cessate il fuoco, la situazione era solo andata peggiorando e oggi, forse, una svolta decisiva ci sarà. Per chi fosse digiuno di politica balcanica faccio un breve riassunto: il 2 settembre 1990 viene proclamata la Repubblica Moldava di Transnistria, il 24 agosto 1991 viene dichiarata l’indipendenza della Repubblica di Moldavia includente il territorio transnistriano. Con questa indipendenza venne anche fatta richiesta al Governo dell’URSS di ritirare il suo esercito dalla Transnistria così da “porre fine all’occupazione illegale della Repubblica di Moldavia”, l’URSS se ne disinteresso e anzi armò i separatisti che riuscirono a sconfiggere l’esercito moldavo. Nel giugno ’92 le forze russe superarono il fiume Dniestr, tentando dunque di annettere maggior territorio alla Transnistria, e, dopo un vero e proprio massacro avvenuto nelle città situate sulla sponda occidentale del fiume si arrivò alla firma del cessate il fuoco.
Gli scontri, questa volta più sul piano politico che militare, si riaccesero nel 2004 quando il governo transnistriano chiuse con la forza 6 scuole accusate di insegnare il moldavo scritto con caratteri latini, tutti coloro che si opposero alla chiusura furono arrestati. In risposta a ciò la Moldavia tentò di isolare la repubblica separatista ma, non avendo l’appoggio dell’Ucraina (premier filosovietico), l’operazione non ebbe nessun risultato se non la risposta dei separatisti tramite il taglio della fornitura elettrica che, per la Moldavia, proviene in gran parte dalla Transnistria. Le scuole vennero successivamente riaperte ma come istituzioni non governative.
Entro la fine dell’anno, però, i negoziati dovrebbero ricominciare, forse i tempi sono maturati e ora si è disposti a cedere davanti alla cieca volontà di potere. Il “forse” è d’obbligo perché ancora alcuni punti, fondamentali per l’inizio dei negoziati, sono ancora da chiarire: 1. La Moldavia offre l’autonomia all’interno della Repubblica e la Transnistria vuole l’indipendenza; 2. La Transnistria è oggi in campagna elettorale e, si sa, nel momento di riorganizzazione del potere è difficile calendarizzare dei negoziati; 3. La Moldavia è in piena crisi di governo non avendo nessun possibile Presidente ottenuto la maggioranza in parlamento; 4. La posizione della Russia è “ballerina”: ufficialmente è contro l’indipendenza transnistriana, in realtà i rapporti con i separatisti sono molto stretti, testimonia ciò una lettera inviata da Putin al Premier separatista nella quale si prospettano sviluppi futuri per il loro territorio.
Capite bene che siamo di fatto davanti a un guazzabuglio colossale. Negoziati necessari e esigiti dalla popolazione dovrebbero iniziare a breve. Ancora una volta il problema si basa su interessi e intrighi di potere.
aleksej

giovedì 29 settembre 2011

Chi la spunterà?

Saranno 2,5 miliardi di dollari quelli che verranno spesi nella più grossa campagna medica contro l’AIDS che nei prossimi 15 anni toccherà 13 paesi dell’Africa orientale e meridionale. Si stima che 38 milioni di uomini sotto i 50 anni verranno circoncisi così da diminuire la possibilità di contrarre il virus HIV. Sottointesa sta la volontà di calmierare anche la diffusione dello stesso tra le donne, spesso obbligate ad avere rapporti non protetti con altri uomini.
Ci sono moltissimi studi che dimostrano l’utilità della circoncisione come metodo preventivo e, anche se non è ancora accettato dalla ricerca mondiale, è sicuramente utile prevenire piuttosto che curare. Il prepuzio è infatti ricco di cellule altamente suscettibili all’infezione HIV, senza di esse è chiaro che il rischio diminuisce.
È stato stimato che il rischio di contrarre l’HIV in un uomo circonciso è 6,7 volte inferiore che in uno non circonciso, capite bene che queste cifre, in un continente dove la mortalità per AIDS è elevatissima, sono da ritenersi più che valide per poter mettere in piedi una campagna così vasta.
Fra i tanti stati che il progetto toccherà mi interesso di uno in particolare, lo Zimbabwe. Qui infatti il Vice Primo Ministro Thokozani Khupe ha rilasciato un’intervista sui giornali locali in cui dichiarava che per sensibilizzare la popolazione maschile zimbabwense all’intervento chirurgico in questione prima i ministri e poi tutti i 150 parlamentari maschi dello Zimbabwe si sottoporranno alla circoncisione.
Non è tanto il gesto plateale che mi interessa ma piuttosto lei, Thokozani Khupe, politico che ha saputo affrontare i maltrattamenti, le violenze più atroci e il carcere, solo per portare avanti una nuova politica che mettesse fuorigioco il mostro Mugabe. La sua dichiarazione e, di certo, il suo impegno affinché ciò avvenga sono un nuovo colpo basso alla politica del dittatore. Cambiare metodi governativi e migliorare la società significa anche salvare il popolo da morte certa.
octavio

mercoledì 28 settembre 2011

Risuona lo shofar

Dopo il discorso di Abu Mazen all’ONU siamo ancora in attesa che un cenno di risposta arrivi dal Palazzo di vetro. Dopo quel discorso la festa è esplosa tra le strade di Palestina, è esplosa soprattutto perché mai nessuno era arrivato a tanto, da quando si era creato uno Stato d’Israele. In risposta a questi festeggiamenti, del tutto pacifici e senza nessun doppio fine, Israele ha disposto 22mila soldati in tutta Gerusalemme pronti a sparare alle gambe (in caso di pericolo di vita aggiungono, ma tutti sappiamo che non esiste interesse sull’altro uomo nei sionisti e quindi anche questa eventualità non esiste; si ammazza e basta) se non direttamente alle persone, se la situazione è proprio nera (come volevasi dimostrare).
Dopo quel discorso arriva anche la notizia che alcune cellule terroristiche israeliane (io lo chiamerei Mossad, perché è ovvio che si tratta di loro), infiltrate in alcune colonie ebraiche, stanno iniziano corsi di addestramento alle armi per le donne residenti. Perché questi corsi? Per essere pronte a reagire ad eventuali scontri con i manifestanti palestinesi.
Il racconto appena fatto diviene ora introduzione a una delle feste ebraiche più importanti che oggi viene celebrata: Rosh haShana, uno dei tre capodanni religiosi ebraici. Forse il più importante in quanto è su di esso che si calcolano anni sabbatici e giubilei. La tradizione vuole che si suoni lo shofar per risvegliare gli ebrei dal torpore in cui sono caduti così da poter meditare sulla propria vita e sui peccati commessi nei confronti della legge ebraica e del prossimo. Dieci giorni separano infatti Rosh ha Shana da Yom haKippurim, dieci giorni di penitenza in cui, fatto il mea culpa, si chiede perdono al danneggiato, il quale offrirà il proprio perdono.
In Israele tutti seguiranno i precetti mishnaici, in Israele tutti avranno almeno un torto da farsi perdonare, pensate però che anche i più bravi e ferventi religiosi (ma sionisti) faranno un generale mea culpa nei confronti della Palestina?
Questo sarebbe il passo decisivo, ancora meglio del risultato che arriverà, se arriverà dall’ONU.
michael

martedì 27 settembre 2011

Kudrin: la fine di un era. Ne vedremo delle belle

Alexei Kudrin si è dimesso. Se guardiamo solo all’atto pratico è andata proprio così, lettera di dimissioni scritta di suo pugno e, dunque, licenziamento autonomo. Per molti con oggi finisce o inizia (a seconda dei punti di vista) un’era per il mondo economico russo. Kudrin è infatti l’uomo più premiato al mondo come Ministro delle Finanze che ha saputo eliminare quasi la totalità del debito pubblico, che ha saputo fare uscire la Russia dalla crisi economica in modo egregio e che con “l’invenzione” dei Fondi di Stabilizzazione ha sempre tenuto un buon gruzzolo di emergenza da parte. Sembrerebbe insomma un santo, un uomo dedicato pienamente al suo lavoro per lo Stato che oggi decide di smettere la sua missione. Stanchezza? Innumerevoli impegni? Desiderio di maggior vita privata? No, Medvedev. È infatti per la dichiarazione di non voler far più parte del futuro governo Medvedev (se ci sarà, aggiungo io) fatta da Kudrin la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha portato il Premier russo a essere così arrabbiato da sputtanare in pubblico il Ministro chiedendogli apertamente le dimissioni ad un vertice di funzionari locali. Ecco perché Kudrin ha scritto quella lettera. Due commenti a riguardo.
Il primo, molto rapido, è sulle maniere poco carine di Medvedev. Certo, lui era arrabbiato, ma con il suo metodo “cipensoioavendicarmi” ha solo dimostrato il vecchio adagio politico, che ormai spopola in tutto il mondo, “O con me o contro di me”: dittatura pura.
Con il secondo commento cercherò di eliminare un po’ di aura sacra intorno alla figura di Kudrin, che sì ha fatto tutto ciò di cui sopra, ma a quale prezzo? La Russia è uscita dalla crisi (?), ma la gente sta morendo di fame e se lo Stato è salvo ma la gente muore secondo il mio punto di vista, c’è qualcosa che non va. E sapete perché Kudrin non è più dalla parte di Medvedev? Perché al potere lo ha messo Yeltsin prima e Putin dopo e, ora che Putin vuole tornare alla sua carica preferita, non può fare altro che marcia indietro, se no non sarebbe di certo scaricato da Medvedev, ma sarebbe di certo punito (e l’immaginazione più fervida non è mai troppo esagerata) da Putin. Infine è doveroso dire che i famosi Fondi di Stabilizzazione si sono riempiti tramite gli extra che arrivavano dalle esportazioni di petrolio e sappiamo tutti che nel petrolio russo scorrono evidenti tracce di sangue umano.
aleksej

domenica 25 settembre 2011

Attenti piccini! Il Gorilla sta tornando

Vi ricordate il mio ultimo post honduregno? Dichiaravo che era necessario deporre il Presidente Lobo data la sua incapacità nella gestione del potere e il suo totale disinteresse verso il suo popolo. Bene, c’è qualcuno che è d’accordo con me: Roberto Micheletti.
Ed è lecita questa domanda da parte vostra: “Scusa mai sei scemo? Ci vuoi far credere che Micheletti, colui che ha messo al potere Lobo, ora non è più d’accordo con la sua politica violenta e folle?” E io risponderò con un ricordo della mia infanzia (a buon intenditor poche parole): “Tempi bui, tempi bui davvero”.
Dunque, per ripercorre il discorso del Gorilla, secondo Micheletti Lobo porta avanti il paese “sin rumbo ni dirección” e aggiunge "el presidente cree que lo que él dice es la palabra de Dios y empieza a creer que es el rey... y no queremos tener presidentes que crean que están a la par de Dios. A la par de Dios no hay nadie". Conclude la sua filipicca con questo anatema: "este país no acepta imposiciones de nadie... y usted ya lo vio”.
Per lungo tempo vi ho voluto raccontare la paura di Lobo di subire un golpe a suo carico, per lungo tempo vi ho pure raccontato di come il presidente stia cercando di difendersi in tutti i modi, avreste mai detto, però, che il golpe del quale lui è tanto spaventato sarebbe stato organizzato da colui che lo ha messo sul trono? Il Gorilla che oggi lo accusa, immemore della sua politica di re assoluto capace di “governare” solo con la repressione e la violenza, è stato Padre Spirituale del Presidente che oggi continua a sacrificare sull’altare del denaro honduregni su honduregni, eppure c’è qualcosa che non funziona più.
Ma che cosa? È presto detto, novembre 2012, prossime primarie. E Micheletti ci terrorizza già con questa dichiarazione che “esorta” gli honduregni a "buscar y escoger al hombre indicado en las próximas elecciones con los requisitos para hacer de Honduras una nación más democrática, independiente y sin dudas porque en este momento estamos con dudas hacia dónde nos lleva este señor".
Il Gorilla sta tornando, purtroppo.
octavio

sabato 24 settembre 2011

1980-2011: La Gran Bretagna xenofoba

Dal prossimo 7 di novembre in Gran Bretagna gli omosessuali potranno tornare a donare il sangue. Notizia fresca di giornata e che ha lasciato anche me un po’ dubbioso, perché? Non potevano? E scopro così che è dagli anni ’80 che gli omosessuali, e va precisato anche di sesso maschile, subiscono un divieto a vita per la donazione del sangue. Anzitutto c’è da domandarsi due cose: 1. ma agli omosessuali questo poi interessa? 2. Ma la sanità inglese come fa a sapere che uno è omosessuale? Esame pubblico alla Oscar Wilde prima di avere accesso alla sala prelievi? Ci si basa solo sulla fiducia? Esiste un modo per capire ad occhio se uno è gay o no?
Risposta unica che probabilmente arriva anche dal Regno Unito: Boh!
Rimane comunque il fatto che è da oltre trent’anni che chi è omosessuale e vive in Gran Bretagna non può aiutare la comunità con il suo sangue, la motivazione? Rischio diffusione Aids. E allora perché adesso decidono che lo possono donare? Perché c’è una clausola ben precisa per poter avere accesso alla sala prelievi, e l’ipotesi di Oscar Wilde dunque prende sempre più corpo, non aver avuto rapporti sessuali con altro uomo per almeno un anno.
Guardate voi potete dirmi che esiste una legge sulla privacy e che in Ospedale più che mai viene rispettata, ma non mi toglierete dalla testa l’idea che questa è una legge non solo xenofoba ma anche razziale. Provate a immaginare di essere un uomo qualunque che decide di donare il sangue e vi trovate davanti alla porta un’infermiera che vi chiede, magari anche sottovoce ma comunque ve lo chiede, se siete gay, a quel punto la cosa si fa seria, perché se voi rispondete di sì, lei senza batter ciglio replica: “Mi confermate, vero, che siete casti da almeno un anno?”
Ma dove sta scritto che essere gay significa avere alta probabilità di essere sieropositivi? Ma da quale mente può uscire una stupidata del genere? Ma, soprattutto, con quale coraggio delle istituzioni pubbliche possono validare una discriminazione del genere?
octavio

venerdì 23 settembre 2011

Nobel per la Pace, Uomini di pace, ma chi pensa alla PACE?

Oggi so che rischio il linciaggio mediatico, oggi cammino sul filo del rasoio. Parlare del riconoscimento dello Stato Palestinese non è certo cosa semplice e spesso si può rischiare di fare dispiacere a qualcuno. Oggi alle 12.30 la Palestina, tramite la voce di Abu Mazen chiederà di essere riconosciuta come Stato, oggi alle 12.30 la Palestina riceverà la più sonora stangata che nella storia abbia mai ricevuto. Obama ha infatti lasciato intendere dal suo discorso che non c’è trippa per gatti… uno Stato non si può fare tramite risoluzioni ONU ma solo con dialoghi diretti con Israele. Certo non è solo Obama che dice ciò, anche l’Italia ad esempio è per questa ipotesi, io però me la prendo in particolare con chi aveva auspicato, in tempi non troppo sospetti, alla presenza nell’ONU dello Stato Palestinese. Dopo il suo gran discorso, che sottace l’arma a doppio taglio del veto e che esplica il lavoro di pressione su molti Stati Membri per il voto negativo, Obama ha subito ricevuto i complimenti di Netanyahu: «Voglio ringraziarla per stare dalla parte di Israele e nel sostenere la pace», il nazista che parla con il sionista; sarebbe ridicolo se non fosse tragico. Come può Netanyahu, fautore delle più grosse stragi e violenze in Palestina, ritenersi dalla parte della pace? Come può Obama, ricordiamolo ancora, Nobel per la Pace, essere dalla parte di un assassino che si presenta a lui con le mani grondanti sangue?
Un altro fatto oggi cambierà di certo le sorti mondiali, l’opzione francese è di certo una via che da un lato salva la capra e i cavoli, ma dall’altro, almeno, tiene presente la parte palestinese.
Tentare di accettare l’entrata palestinese all’ONU fra un anno, organizzando in questo lasso di tempo alcune fondamentali tappe intermedie per il passaggio definitivo, manda in pensione gli USA dalla carica di “mediatori di pace”, la Francia tenta di togliere dal trono Obama. Il problema è che Sarkozy, non è certo l’uomo che è in grado di portare la pace (vedi il trattamento ai rom), e non è certo l’uomo che può fare la differenza. Cambiare le carte in tavola, rovesciare le certezze di Israele è sicuramente fondamentale, ma passare da un boia a un boia è cadere dalla padella alla brace.
Staremo a vedere cosa succederà, ormai manca poco. Una sola domanda mi rimane: perché se ne sono andati tutti, o quasi, quando Ahmadinejad ha preso la parole e tutti hanno applaudito quando Obama parlava a vanvera?
michael

giovedì 22 settembre 2011

La Corsa verso la morte

Oggi parlo di automobili. Lo faccio perché le tragedie nel mondo non finisco mai e di morti sulla strada ce ne sono davvero troppi.
Questi di cui parlo sono però tristemente particolari, sono tutti morti perché attraversavano la strada nel momento sbagliato, attraversavano la strada mentre passava un auto blu.
Nel 2010 sono stati 218 gli incidenti causato da auto blu, quasi tutti sulla strada che unisce centro città e l’aeroporto internazionale russo Domodedovo, strada infernale quotidianamente e costantemente intasata. Ecco perché esiste una corsia dedicata alle auto blu ed ecco perché esiste la corruzione. È infatti noto che vip di vario tipo e di vario calibro si costruiscono la loro personale auto blu, fatta spesso con sirene giocattolo, per evitare di rimanere in coda come i comuni mortali.
Creata l’autovettura tutto è risolto, nessuno controlla che la macchina sia vera o falsa e quindi ha accesso alla corsia preferenziale. Fin qui si potrebbe solo dire che la cosa fa schifo, che non è giusto che nessuno faccia niente se tutti sanno che molte macchine sono fasulle, ma non è poi niente di trascendentale. Pensate però che i vip si accontentino solo di avere la strada libera? Certo che no, loro pretendono anche di andare in fretta e così nell’ultimo incidente di pochi giorni fa, quattro morti, l’auto che non si è fermata andava alla bellezza di 120 km/h.
Una follia? No è la semplice prassi russa dove tutto avviene a seconda di quanto sei importante e quanti soldi hai. A nulla sono valse le proteste, a nulla sono valsi i morti, a nulla sono valse le denunce, tutta tace. Quando la corruzione è a questi livelli che cosa ha più valore?
aleksej

mercoledì 21 settembre 2011

Anche in autunno sbocciano primavere

È da una decina di giorni che l’Angola è sotto la minaccia delle proteste, è sotto la minaccia della Primavera araba. È da i primi di settembre infatti che gruppi di cittadini, in particolare giovani, scendo in piazza per chiedere le dimissioni del presidente; il clou si è avuto il 5 di settembre quando, purtroppo, alle manifestazioni sono seguite violente repressioni con relativi feriti e arresti.
Il presidente in questione è José Eduardo dos Santos al potere da oltre trent’anni.
La sua non è di certo stata una vita facile, nasce da famiglia poverissima, il padre muratore, costretto a emigrare a causa del governo coloniale prima in Francia e poi in Congo. Finisce la sua istruzione universitaria in URSS e torna nel 1970 in Angola dove entra subito nella Milizia del MPLA ottenendo subito incarichi molto importanti, fece così tanta carriera da “meritarsi” nel 1979 la carica a Presidente. Le virgolette sono d’obbligo perché mantenne il potere continuamente e solo nel 1992 ci fu qualcosina che tentò di mettere a freno la sua volontà di regno. In quell’occasione infatti nessuno dei due aspiranti alla carica, dunque nemmeno dos Santos, ottenne la soglia minima del 50% e così vennero indette nuove elezioni. Pochi giorni prima della nuova tornata elettorale il partito UNITA ritirò la sua candidatura dichiarando brogli elettorali, gli osservatori cosa fecero? Ritenendo inconcludenti le elezioni rimisero sul trono il presidente uscente in via temporanea. Via temporanea mai conclusa… nel 2001 ci fu la dichiarazione da parte di dos Santos di ritirarsi solo se il paese si fosse pacificato, ma, subito dopo la sua dichiarazione, l’esercito angolano uccise il leader del partito UNITA Savimbi. Con la scusa della non pacificazione (c’è il solo problema che la pace non l’ha voluta l’esercito e cioè lo stesso dos Santos) rimase al potere.
E oggi? Oggi il popolo si è stancato del dittatore che siede sulle loro schiene; oggi il popolo ha alzato la testa e la voce. Quando succede ciò cosa fanno i tiranni (e non solo i tiranni africani)? Si arrabbiano e rispondono alle proteste con le armi. E dunque? Dunque staremo a vedere, certo è che se stiamo troppo a vedere la gente morirà e dopo sarà troppo tardi.
octavio

martedì 20 settembre 2011

Guerra in politica

Mikhail Prokhorov: il terzo uomo più ricco di Russia. Non che questo sia una qualifica ma di certo presenta Prokhorov sotto un diverso punto di vista, più importante è però la sua carica di leader di Giusta Causa, partito liberale che avrebbe dovuto correre alle prossime elezioni legislative. L’uso del condizionale già vi fa capire che qualcosa non è andato per il verso giusto e, infatti, il partito è stato estromesso dalla rosa dei candidati. Prokhorov, arrabbiato come non mai, ha fatto il diavolo a quattro e si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni pubbliche molto interessanti.
La prima è stata quella di accusa il Cremino di aver organizzato la frode che lo ha messo fuori da giochi.
La seconda recita così: “Nel Paese c’è un burattinaio che da molto tempo ha monopolizzato il sistema politico e controlla i mass media, finché tali personaggi guideranno il processo politico il Paese non potrà avere uno sviluppo: il nome di questo burattinaio è Surkov”. Viaceslav Surkov è vicecapo dell’amministrazione presidenziale, è da tutti ritenuto l’ideologo del Cremino e è stato accusato di ciò anche da personaggi illustri come Gorbaciov. Accusare una persona così, senza averla studiata a fondo non è certo giusto ma che sia un individuo sospetto lo può comprovare la sua dichiarazione, all’alba della prima vincita elettorale di Putin, che diceva più o meno così: “Uomini di questo calibro ce li ha mandati Dio e il destino”.
La terza è una “dichiarazione di guerra” a Medvedev e Putin. Prokhorov ha infatti promesso di fondare un nuovo partito e di candidarsi alle future, ma neanche troppo distanti, presidenziali. È questa forse la dichiarazione più interessante perché dimostra che per la prima volta dopo tanto tempo la battaglia politica torna ad interessare la Russia. Il problema è che sono sempre gli interessi personali, le ripicche interne, che spingono le persone alla politica. Io ho avuto esperienza di persone che sono scese in campo (politico) solo per il gusto della politica, so che nella storia sono esistite persone del genere. È così stupido oggi pensare a una politica per l’uomo?
aleksej

lunedì 19 settembre 2011

Amici per la pelle

Immagine choc? Forse, ma posso tristemente dire di aver pubblicato anche cose più oscene. Parto oggi con i copyright e dunque l’immagine pubblicata la trovate qui, sito che io consulto quasi quotidianamente. Proseguo poi dicendo che coloro che conoscono l’arabo sono pregati di leggere il post anche se stanno già riflettendo sulla vignetta, che è pienamente esplicativa, coloro che non conoscono l’arabo sono obbligati a leggere il post perché solo alla fine tradurrò la piccola frase.
Non c’è bisogno che io stia qui a fare grandi introduzioni, tutti voi ben conoscete la situazione palestinese e tutti voi ben sapete che tra circa 24 ore forse i rapporti diplomatici di tutto il mondo e la cartina geografica mediorientale cambieranno per sempre. La richiesta di riconoscimento dello Stato Palestinese sta salendo le scale del Palazzo dell’Onu e domani busserà alle porte. Riconoscere lo stato Palestinese è un diritto e un dovere, come già diceva qualcuno; riconoscere lo Stato Palestinese può voler dire cambiare vita a un popolo che è distrutto e dilaniato, ma può anche voler dire, repressione folle da parte di Israele arrabbiato perché non si è fatto come voleva lui.
Qual è allora l’unico problema? Molto semplice: gli Stati Uniti hanno già fatto sapere che metteranno il veto sulla proposta. E perché lo metteranno? Perché per loro, loro che in Palestina non vivono, la pace e il riconoscimento di uno Stato ci sarà solo tramite accordi di pace diretti.
Non vi sembra follia? Dopo che quelli indiretti non hanno portato a nulla, dopo che quelli diretti non sono nemmeno cominciati ora, che un passo in avanti decisivo si può fare, loro tirano ancora fuori la cazzata dei dialoghi di pace? Ma sono scemi? L’unica spiegazione plausibile è ancora quella, è solo quella, e si chiama lobbies ebraiche.
Il problema è solo uno (e così rispondo anche a un commento che mi hanno fatto nell’ultimo post) Israele ha molti amici, ma soprattutto ha l’amico che fa la differenza, gli USA, loro, si sa, decidono vita, morte e miracoli di tutti. Ed ecco perché l’immagine, la frase in arabo dice: “Lo Stato palestinese”.
michael

domenica 18 settembre 2011

Tassare i poveri per dare ai ricchi

I nostri cari (nel senso che costa tanto mantenerli) politici come novelli Principi Giovanni girano per l'Italia-Sherwood a caccia di nuove tasse. Tasse sui prodotti di consumo, sul lavoro, sui passi carrai per uscire di casa, mezzi pubblici più cari, nessun prestito all'imprenditoria giovanile, tasse, tasse e ancora tasse. Così le brillanti menti governative, a tutti i livelli, anche comunali e anche se di "sinistra", affrontano l'eterna crisi economica. Una crisi che nasce dalla struttura stessa di questa economia moderna senza un minimo di ancoraggio alla realtà; titoli basati su altri titoli, carta basata su altra carta, consumo senza bisogno, bisogno senza risposta. In questo quadro pian piano i popoli cominciano a rumoreggiare contro stili di vita imposti, contro una classe politica che come Trimalcione si dà ai sollazzi, ignorando da ignoranti il popolo senza futuro. E come disse l'attore: "cado dalle nubi" quando le prospettive del Pil si dimezzano, quando perdo consensi elettorali, quando chiedono le mie dimissioni perchè mi occupo solo di feste e donne e non faccio il mio lavoro! La realtà ha ormai una frattura con i palazzi del potere che solo un ritorno vero alla Costituzione può sanare. C'è bisogno di uscire da una situazione di pantano culturale prima ancora che economico; interi stati muoiono di fame, le guerre impazzano e nessuno ne può parlare, la verità e la libertà sono negate in ogni istante e chi parla di una rivoluzione culturale è messo tra i pazzi utopisti. Rilanciare la cultura della solidarietà, del denaro in funzione dell'uomo e non del suo contrario, basarsi sull'istruzione come fucina di menti e caratteri in grado di influire sulla realtà. Domani cominciano le scuole, bistrattate e ignorate da ignoranti dal nostro Governo... l'augurio sia quindi di essere scuola ovunque, spiegando ai giovani e parlando alto a loro, spegnere le tv e insegnare l'un l'altro.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

venerdì 16 settembre 2011

È ora di deporlo

"La seguridad de nuestros ciudadanos no debe tener ideología ni color político y tampoco se resuelve únicamente con buenas intenciones. Necesitamos más acciones y mejores resultados, menos palabras pero más hechos concretos".
Parole dette dal Mandatario Porfirio Lobo, parole che vorrebbero incantare il popolo honduregno e vorrebbero fregare il mondo intero, parole, infatti, che vorrebbero dimostrare l’impegno autentico e sincero di Lobo nei confronti del suo popolo. Io in questo “Meno parole, più fatti” vedo però il vero volto del Presidente, vedo la sua seconda faccia sogghignare mentre dicendo queste parole sta già organizzando il prossimo attentato alla vita del suo popolo.
"En el tema de combate a la delincuencia, quiero ser totalmente sincero: no se han logrado los resultados esperados... y para cumplirle a mi pueblo tomé la decisión de hacer los cambios necesarios"
Non ci voleva di certo lui per capire che la sicurezza e la delinquenza non sono state risolte. Essendo lui il “mandatario” del 90% delle violenze che in Honduras si compiono, essendo lui la mano longa della delinquenza o si estirpa lui o il problema non si risolve. E invece Lobo cosa fa? “Licenzia” 6 ministri e sottosegretari che, a suo dire, non hanno fatto il loro lavoro; ci tiene a dire che sono stati bravi ma hanno usato troppe parole, a lui piacciono invece le armi e il sangue.
"Vamos por un reordenamiento de la policía con los procedimientos adecuados que nos permitan retirar a quienes falten a sus responsabilidades, conservando en sus filas a los mejores elementos, con salarios dignos".
È vero, anche chi fa il poliziotto deve avere uno stipendio decente che gli permetta una vita dignitosa, ma non dovrebbe essere così per tutta la popolazione? E di tutti i professori che si ritrovano senza salario e senza pensione chi se ne occupa? C’è in più da sottolineare che con queste parole Lobo presenta pubblicamente la sua nuova idea di crearsi un esercito cittadino sottomesso al suo volere e pronto ad ammazzare a destra e a manca.
"Esta será la característica de mi gobierno de ahora en adelante, más trabajo, más dedicación y mejores resultados. Esto lo deben comprender tanto los nuevos funcionarios como los que continúan, serán evaluados por los resultados reales que produzcan".
Valutiamo allora i risultati di Lobo: nessun miglioramento nella sicurezza, nessun miglioramento sull’economia, nessun miglioramento nell’educazione, nessun miglioramento nella disoccupazione, nessun miglioramento nei rapporti con l’Estero, nessun miglioramento nei rapporti politici interni. Perché lui non viene deposto?
octavio

giovedì 15 settembre 2011

È la Gerusalemme Serba

Abbiamo già affrontato l’argomento Serbia/Kosovo, solo uno sprovveduto o un menefreghista non sa cosa sia successo anni indietro e solo chi non si è mantenuto informato non sa che i dissapori (per usare un termine ottimista) si sono riaccessi.
Belgrado pensa solo che se continua così non riuscirà ad entrare in Europa mentre che la popolazione serba pensa che il Kosovo sia di loro proprietà e il Kosovo, indipendente dal 2008, oltre a vivere la propria vita da indipendente odia la Serbia per il troppo male che ha fatto verso le famiglie kosovare.
Fino a qui ho parlato di politica, ora parlo di “bellezza”. Mentre che tutto il mondo dedica più o meno risalto all’incoronazione di Miss Universo, la stampa serba e kosovara si scontra su di una foto che fa scandalo: Miss Serbia e Miss Kosovo fotografate insieme, sorridenti e felici, quasi in un abbraccio. Gli ottimisti di cui sopra direbbero che è una bella immagine che sfida la situazione politica interna e che dimostra che i popoli in realtà si amano; bene, non è così, a dirlo è proprio Miss Serbia che, vedendosi buttata su tutte le testate giornalistiche del suo paese sotto titoloni del tipo “Vergogna”, “Non è più una di noi”, “Il Kosovo non esiste è parte della Serbia”, dichiara di aver fatto quella foto in un momento di pausa e quasi “obbligata” in quanto gli organizzatori del concorso esigono buoni rapporti tra le concorrenti, tutto ciò, a detta sua, non ha niente a che vedere con la politica. Il problema è che ormai la frittata è fatta e dunque Anja, così si chiama la ragazza, con che coraggio tornerà in Serbia? Ecco allora la dichiarazione che dovrebbe salvarle il dolce faccino (per non esplicitare altre parti del corpo) della bella Miss: “Altra cosa è parlare a livello ufficiale, in tal caso dico che il Kosovo è Serbia, è la Gerusalemme serba”.
Questo è il punto. La politica è così corrotta e putrida che distingue il livello “ufficiale” da quello “normale” e in quello ufficiale, quello delle relazioni diplomatiche, vale ammazzar gente per colonizzare terre.
aleksej

mercoledì 14 settembre 2011

Camminare sulle acque

La stampa intera riporta il monito che arriva dal nuovo Egitto “rivoluzionato” e detta per bocca del nuovo “santone” mediorientale Erdogan: “Riconoscere lo Stato Palestinese è un dovere”. E io sono d’accordo, certo è che di maggiore interesse un’altra dichiarazione successiva a queste parole: “La loro causa (del popolo palestinese) è una questione di dignità umana”. È questa le verità, bisogna riconoscere la Palestina per ridare dignità a un popolo da troppo tempo sofferente e violentato.
Israele si trova ormai, a pochi giorni dall’incontro dell’ONU, sulla cima di un dirupo, da un lato la primavera araba che non lascia di certo tranquillo il Governo Israeliano, dall’altro la distruzione dei rapporti fra Israele e Turchia.
È di pochi giorni la dichiarazione preoccupante di volontà di forzare il blocco navale a Gaza da parte dell’esercito navale turco per permettere l’arrivo di aiuti umanitari, i turchi dicono che è un’azione per difender la libertà di navigazione; Israele dichiara, forte anche delle dichiarazioni ONU, che l’azione sarà illegittima. Sarà quel che sarà, la preoccupazione va a una nuova guerra in mare, e non sarebbe di certo piccola dati i rancori che da troppo tempo vengono sottaciuti e fomentati.
Infine le proteste interne. Ciò che stavolta è importante sottolineare è che per la prima volta, da quando Israele è nato, le proteste sono per il sociale e non per la sicurezza.
Il governo dunque si trova di fronte a un problema: politica di sicurezza o politica sociale? Certo è che per la politica sociale bisognerebbe abbandonare la politica sionista, sarà possibile? Forse sì, certo è che bisogna cambiare, ribaltare, il governo.
michael

martedì 13 settembre 2011

Disastri naturali (per mano umana)

Due continenti, due condizioni politiche, livelli di vita agli antipodi, ma stesso (nella grandezza) disastro naturale.
Kenya: un mozzicone di sigaretta cade su un rigagnolo di carburante che fuoriesce da un oleodotto ed è l’inferno. Proprio quello descritto ai bambini: deflagrazione esagerata e fiamme che si scatenano sulla baraccopoli vicina portano a 120 (ma i dati sono di ieri, quindi chissà quanto sono aumentati…) le vittime e centinai i feriti, alcuni molto gravi. I primi morti sono quei poveri disperati che cercavano di raccogliere il carburante che fuoriusciva dalle tubature per poterlo poi rivendere al mercato nero. Scioccanti sono le immagini di altri abitanti della zona marginale che, mentre i soccorritori chiudevano in sacchi i resti carbonizzati dei loro vicini di casa, continuavano, imperterriti, a raccogliere tutto l’oro nero, qui è proprio il caso di dirlo, che continuava a fuoriuscire. Chi vive con poco più di un euro al giorno (un caffè e un cioccolatino qui in Italia) sa cosa significa tirare la cinghia, sa anche cosa significa arrotondare, ma più di tutto sa cosa vuol dire la morte.
Francia: è esplosa ieri una centrale nucleare, o meglio, il sito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, una centrale che è vicina, vicinissima, a famose città del Nord Italia che, farebbero bene a tremare. È triste dirlo ma, alla faccia di tutti coloro che volevano le centrali nucleari in Italia per soffocarci meglio ora siamo nella merda e le centrali non sono nemmeno nostre. Il Commissariato dell’Energia Atomica ha comunicato che il sito è già stato isolato e che le scorie radioattive hanno e avevano un’attività radioattiva molto debole, il che assicura l’impossibilità di fughe di vapori e gas nucleari all’estero ma sarà poi vero? Se è così, va bene potrò ritirare il mio “siamo nella merda” ma ai cittadini di Marcoule, ai cittadini delle città e dei paesi confinanti, alla flora e alla fauna lì cresciuta chi ci pensa, le fughe lì sono inevitabili. Abbia dunque inquinato un nuovo pezzo di mondo con lo schifo del nucleare.
Che cosa unisce i due avvenimenti? So che i miei lettori sono accorti e già sanno la risposta, ma vale la pena ripeterlo: il denaro. È proprio l’ottica politica del profitto per gonfiare le tasche che era marcia quando è stata pensata ed è, oggi, putrefatta. Quest’ottica uccide fisicamente e metaforicamente. Bisogna guardare più in alto dal portafogli passare ai volti.
octavio

lunedì 12 settembre 2011

A tomar café mi amor

Non c’è bisogno che io stia qui a disquisire sulla precarietà di vita dei coltivatori latinoamericani (ma non solo loro) di caffè. Internet straripa di indagini, documenti e immagini che testimoniano il lavoro duro e difficile che l’uomo compie prima di portare la pianta in produzione e dopo durante la raccolta; fatica ripagata con quasi nulla in cambio. El Salvador ha però da sempre avuto la “fortuna” di poter basare su queste piantagioni l’economia nazionale che ha sì arricchito i soliti latifondisti ma ha anche permesso di non mandare alla completa deriva un paese dove la povertà estrema è esperienza che quasi tutta la popolazione vive o ha vissuto.
Dal 2008 è nata una nuova idea al crimine organizzato: derubare il caffè dalle piantagioni. Oggi, 2011, gli assalti sono così organizzati che è nato un vero e proprio mercato nero del caffè, lo potrei definire mercato nero legalizzato essendo che tutto lo Stato sa quali torrefazioni comprano caffè rubato ma nessuno fa nulla per fermarle.
Le aggressioni si caratterizzano dall’arrivo di uno o più camion carichi di giovani che, armati di tutto punto, bloccano la piantagione per ore, obbligano i lavoranti a caricare i sacchi sui camion e le donne a cucinare per loro, inutile dire che chi prova ad alzare la testa è subito ferito o ucciso.
La polizia? Inesistente. O non si presenta sul luogo dell’assalto o si presenta ma in numero troppo ridotto per poter fare qualcosa. Il governo? Lo dicevo anche prima: se ne frega. I coltivatori? Non hanno altra scelta. O accettano di essere derubati non solo del loro vivere ma anche della loro fatica o se ne vanno, abbandona i campi per andare in città nella “speranza” di un futuro migliore.
octavio

domenica 11 settembre 2011

Rèquiem aetèrnam, dona eis, Domine,

Dolore, sgomento, rabbia, odio, gioia, paura, morte. Queste, se si possono catalogare, i vari sentimenti in giro per il mondo dopo che davanti agli occhi di tutto il mondo crollavano le Twin Towers. Le testimonianze audio che rimangono fanno venire i brividi, le immagini di chi si buttava dalle finestre per scampare da una morte certa e andare verso una morte certa sono terribili, pensare a quante persone sono morte è raccapricciante. Oggi la memoria si fa però forte, forte e audace perché Bin Laden è stato catturato e, come dice Obama, sì sono passati dieci anni ma al-Qaeda è più debole e noi più forte, dimentica Obama che oggi è il giorno delle lacrime non certo il giorno delle congratulazioni.
I dubbi, le interpretazioni, le indagini tutto ciò che riguarda l’ormai storico 9/11 sono stati da tutti studiati, filmati, giudicati e, ormai, tutti hanno una loro ipotesi rispetto al dramma; quando la verità verrà a galla immagino ci saranno anche le scommesse e qualcuno vincerà anche denaro, colui il quale, di sicuro, l’avrà sparata più grossa.
Ma oggi, ed è qui che i capi di stato, i giornali, le TV, internet ecc. ecc. sbagliano, è il giorno del compianto non dei discorsi, oggi è la data di morte scritta su numerose, infinite silenti tombe e da oggi iniziano le successive (ed è triste dirlo ma giorno per giorno) date scritte su altre infinite silenti tombe, questa volta scavate in tutto il mondo.
Oggi l’unico discorso che può forse essere valido è questo: Perché tanto odio? Perché tanti morti? Qualcuno sa cosa vuol dire morire? Ma, forse, il discorso perfetto è questo: chi le asciuga le lacrime a chi piange?
octavio

venerdì 9 settembre 2011

La corsa agli armamenti

Israele – Palestina, Corea del Nord – Corea del Sud, ci troviamo essenzialmente di fronte alla medesima situazione, per ragioni sicuramente opposte e con situazioni economiche e sociali molto differenti ma, come sempre nel mondo, le ragioni di lotta e contrasto sono le stesse.
Il punto focale è sicuramente da un parte la frontiera tra Striscia di Gaza e Israele e dall’altra la frontiera tra il Nord e il Sud: zone entrambe militarizzate, possibilità di accesso dall’una o dall’altra parte pressoché inesistenti, controllo costante dei confini, armi sempre spianate e pronte a sparare.
Ecco perché la Corea del Sud si erge a nuovo stato indifeso e bistratto dal Nord e si accorda così con Israele (lo stato maltrattato del Medio Oriente) per avere, in cambio di 43 milioni di dollari (mica bruscolini), missili ad altra tecnologia per proteggere la frontiera. Questi missili, capaci, a detta delle ditta sioniste produttrici, di viaggiare sino a 25 km di distanza e in grado di colpire anche obbiettivi nascosti, sono i medesimi che vengono lanciati su Gaza e che dovrebbero bloccare il fuco nemico ma che, per la maggioranza delle volte, guarda a caso, finiscono per colpire obbiettivi civili e non militari.
Dopo il bombardamento dello scorso anno in cui morirono 4 sudcoreani e dopo che il Ministero della Difesa ha dimostrato di non essere in grado di rispondere adeguatamente al fuoco nemico il governo di Seoul ha deciso di affidarsi ai maestri d’armi israeliani per meglio “rispondere” all’esigenze di sicurezza del suo popolo.
Non voglio stare qui a discutere su questioni di difesa o di guerra, è inutile discutere di ciò che credo sia solo barbarie disumana. La scelta sudcoreana, come d’altronde il modus operandi israeliano, dimostra solo una posizione chiara; nessuno ha intenzione di ricorrere al dialogo, nessuno ha intenzione di porre fine alla guerra, nessuna ha intenzione di cessare la spirale di violenza che ha portato già troppi morti. Si ragiona solo ad armi in mano, ma il cervello dov’è finito?
michael

La fatidica domanda

A chiunque abbia mai partecipato a una manifestazione, organizzato un volantinaggio, scritto un articolo sul giornalino della scuola o, almeno, a chiunque abbia ben chiara la propria posizione politica, è arrivata più volte a bruciapelo la domanda fatidica. Cioè, tu sei lì che ti arrabatti a spiegare che cosa fai nella tua vita per dare un corpo alle tue idee, sudando e provando a dare una serietà alle parole, e quello che hai davanti, che finora non sembra aver dato segni di vita, butta la cicca, ti guarda come per dirti: "Tu sei un demente", e te lo chiede.
"Ma perchè lo fate? Tanto non cambia niente, no?"
E certo che bisogna chiederselo. Perchè lo facciamo? Tutto parte da un'altra domanda (quante domande... adesso metto un punto esclamativo, così, per variare!): Cosa mi rende totalmente felice? Cosa mi realizza? E cosa realizza tutti gli uomini? Di sicuro so che qualcosa che impedisce agli altri uomini di stare bene non è la mia risposta. Il desiderio che tutti hanno è la felicità, la giustizia.
"Ok, vecchio, c'ero arrivato da solo" - e l'interlocutore si mette un dito nel naso - "Ma tanto non ci si arriva alla cosa, alla giustizia. Perchè faticare tanto per quello che non puoi avere? O pensi che un giorno tutti si possano svegliare buoni e belli e i ricchi daranno via i loro soldi e tutti canteranno alleluia per strada?"
Certo, vecchio, che non ci arriveremo alla giustizia. Ma una cosa a cui si può "arrivare" non ti dà la felicità che cerchi, la soddisfazione totale. Ogni traguardo è un gradino per qualcosa che è più in là, ma non ci arrivi mai. A quello per cui io, noi, combattiamo, non ci si può arrivare; se no sapremmo che è una cosa falsa, che non copre tutti gli aspetti della realtà. Se l'obiettivo della tua vita è diventare ricco, quando sei ricco, cosa fai? Diventi ancora più ricco, all'infinito senza uno scopo. E perciò ci ripetiamo sempre le idee che sappiamo essere giuste proprio perchè i potenti ci dicono il contrario. Ma c'è un problema: per farlo, bisogna essere in tanti: se si è soli ci si distrae, si cade dentro al bombardamento dei Media, e si finisce a credere che una cosa è giusta se la maggioranza è d'accordo. Per cui se sai parlare, dillo; se sai cantare, cantalo; se sai scrivere, scrivilo: perchè noi abbiamo bisogno di voi e delle vostre parole.
zecca

giovedì 8 settembre 2011

I compagni sono tornati (?)

Uno stato che ha presidente e Premier legati da così “profonda amicizia” tanto da spalleggiarsi, un servizio segreto che lavora solo agli ordini di queste due prime donne, una corruzione al limite del pensabile, questa è la Russia. La gente quotidianamente muore di fame, le carceri straripano e hanno condizioni invivibili, la disoccupazione è alle stelle e, dulcis in fundo, l’etichetta di “segreto di stato” viene ormai attaccata su ogni luogo, su ogni scandalo su ogni violenza.
Ecco perché il partito comunista russo ha deciso di aprire un sito internet, sarà attivo dal 17 settembre, dedicato a Stalin e nato per denunciare la corruzione dilagante, in particolar modo negli uffici statali.
È sicuramente un’azione interessante perché tenta di tirare fuori le mele marce che sì, esistono in tutto il mondo, ma che in Russia sono all’ordine del giorno: tangenti, affari loschi, mafia locale e nazionale e chi più ne ha più ne metta.
Il sito invita dunque tutti i compagni a rialzare la testa e denunciare tutti gli episodi di corruzione di cui sono stati testimoni, direttamente o indirettamente; tentativo, dunque, di mettere sull’attenti dirigenti pubblici e loro lacchè.
È evidente e, direi, non troppo sottaciuta l’azione anche in prospettiva di campagna elettorale, le prossime legislative saranno il 4 dicembre e, gli stalinisti, hanno bisogno di assoluta promozione e pubblicità data la posizione politica che Mosca da diverso tempo ha preso, che di certo non premia loro, ma a me questo poco importa. Lo strumento è buono e speriamo che funzioni, la lotta per il cambiamento del modo di fare politica attuale è sacrosante e necessaria, c’è solo da sperare che sia vera politica per i compagni, considerando con ciò il popolo, e non un boomerang pubblicitario. Ecco, su questo io sono molto dubbioso, gli ideali politici sono ormai morti e sepolti da tempo fama e potere sono ormai l’ago della bilancia per ogni individuo.
aleksej

mercoledì 7 settembre 2011

La Gomorra finanziaria d'America

Così viene definita Wall Street dal sito di Asbusters, già da tempo famosa per la sua contro-informazione ora celeberrimo dopo le manifestazioni di indignazione degli Indignati di Grecia, Spagna, Islanda e Israele.
Il 17 settembre toccherà agli Stati Uniti “subire” l’occupazione pacifica di centinaia di migliaia di cittadini che non ne possono più di soffrire e tirare la cinghia per il bene di quei pochi ricchi rimasti al potere. Degna di nota è questa iniziativa perché si andrà proprio là dove i destini finanziari di tutto il mondo sono decisi: Wall Street, è lì infatti che si accamperanno circa ventimila persone.
Armati di sole tende e richieste, decisi e non cedere nemmeno davanti alla polizia, che sicuramente cercherà di mettere a tacere una voce di protesta così forte, gli indignati statunitensi cercheranno di richiamare su di loro l’attenzione di Obama.
Idea di fondo è l’attacco a tutte quelle corporazioni che finanziano la politica per avere favori in cambio, attaccare loro per rendere più democratico lo Stato e cercare di combattere tutte le azioni politiche volte a salvare solo l’economia da un punto di vista bancario e non da un punto di vista umano. L’auspicio di un New Deal è il loro grido di battaglia.
Tutto il mio appoggio va a queste manifestazioni di protesta, solo con una mobilitazione forte, radicale e continua si riuscirà almeno ad ottenere ascolto e poi, forse, anche risposta. E perché dobbiamo muoverci noi già così indaffarati nel cercare di “tirare avanti il carretto”? perché deve esserci bene chiaro in testa che o la situazione politica, economica e sociale cambia in modo radicale o noi moriremo, psicologicamente, fisicamente, finanziariamente e moralmente.
octavio

martedì 6 settembre 2011

Si fanno i dispetti: bambini in politica

Ed ecco l’evoluzione del disastro. Ieri pubblicavo il rapporto dell’ONU oggi sono costretto a dover raccontare l’orrenda prosecuzione di tutto ciò: quaranta cittadini israeliani fermati ad Istanbul dalla polizia turca, non è chiaro il motivo, non sono chiare le condizioni in cui vengono tenuti questi passeggeri.
Azione che sì risponde a quella identica fatta da Israele nell’aeroporto di Tel Aviv con alcuni passeggeri turchi ma che suona e puzza di vendetta o, meglio, di ripicca. Ritenendo l’ONU valido, vedi il rapporto pubblicato ieri, il Blocco che Israele impone su Gaza viene implicitamente condannata l’azione della Freedom Flottilla e questo, logicamente, la Turchia non lo può accettare.
Questo arresto avviene dopo che il governo turco aveva annunciato il declassamento delle relazioni diplomatiche con Israele, aveva espulso l’ambasciatore israeliano e aveva sospeso gli accordi militari tra i due paesi, dopo che, per dirla in breve, la Turchia chiudeva ogni tipo di rapporto e ogni tipo di legame con la terra di Netanyahu.
Per ben quattro volte Turchia e Israele si sono incontrati per decidere quale parola dovesse andare nel documento redatto riguardante la morte dei passeggeri della Freedom Flottilla, Turchia tifa per “scuse” Israele per “rammarico”, nessuno ha mai deciso, l’ONU non ha risolto nulla e dunque ora tutti si fanno giustizia da soli.
Il problema dunque qual è? Non certo che l’ONU propende per una parte piuttosto che un’altra, non è nemmeno che la Turchia ha cacciato tutti i rappresentanti politici di Israele, neppure il fermo di turchi in Israele o di israeliani in Turchia; il problema è che nel mondo non esiste una vera politica che miri all’uomo e ai suoi bisogni. Questo non può fare altro che continuare a perpetrare la politica folle che ha macchiato di sangue tutto il mondo, e che oggi, in questo caso, si presenta nella sua forma più cinica: una politica che vive sui dispetti non è certo una politica che aiuta la gente e che interessa i popoli.
michael

lunedì 5 settembre 2011

Report of the Secretary-General’s Panel of Inquiry on the 31 May 2010 Flotilla Incident

Here are some points of the most ridiculous report that the UN has ever made. A report made by two position: Turkey and Israel.
Turkey:
The convoy had a purely humanitarian purpose and represented no security threat to Israel.32 Its intention was to deliver humanitarian aid to the people of Gaza, responding to the call made by the United Nations Security Council in its resolution 1860 (2009) and a statement by a senior UNRWA official.33 The convoy consisted of six vessels: Mavi Marmara (Comoros); Sfendoni (Togo); Challenger I (USA); Gazze I (Turkey); Eleftheri Mesogeio (Greece); Defne-Y (Kiribati).34
Those on board the vessels were civilians, including politicians, academics, journalists and religious leaders.36 The vessels were carrying in excess of 10,000 tonnes of humanitarian supplies.37 There were no guns or other weapons on board.38 All passengers and baggage were thoroughly screened prior to boarding,
Israel:
The main goal of the flotilla participants was to bring publicity to the humanitarian situation in Gaza by attempting to breach the blockade.140 The flotilla was organized by a coalition of a number of organizations, of which the leading organization was the IHH.141 The Commission describes the IHH as a “humanitarian organization with a radical-Islamic orientation”142 which provides support to radical-Islamic and anti-Western terrorist organizations, including Hamas,143 and has been declared an “impermissible association” in Israel.
Turkey:
Pushed, shoved, kicked and beaten, with numerous cases of severe beatings at Ben Gurion airport; The mistreatment continued once the vessels had docked at the Israeli port of Ashdod and passengers had been disembarked. Passengers were taken to a specially prepared detention area for processing, with some also transferred to prison facilities prior to deportation.
Subjected to verbal and physical harassment, intimidation and humiliation; Interrogated, with interrogations secretly filmed without consent. Edited video footage was released, providing a distorted picture of what was said; Forced to sign incriminating statements to the effect that they had illegally entered Israel, such statements often provided only in Hebrew without translation;
Israel:
The vessels arrived in Ashdod from 11 a.m. on 31 May.222 Passengers were disembarked and underwent security screening, issuance of a detention order, medical examination and taking of fingerprints and a photograph.223 In general physical searches were not conducted; where they were, they were carried out by male or female personnel as appropriate.224 Some of the passengers refused to cooperate and had to be physically dragged through the screening process by security staff.225
After screening had been completed, passengers were transferred to prison facilities, where they were kept in open cells, given food and personal effects and permitted to meet with legal counsel and consular officials.226 Passengers were not handcuffed during transfer227 and reasonable force was only used on one occasion in order to control a passenger who had confronted security staff.228
Now the position of the UN:
The fundamental principle of the freedom of navigation on the high seas is subject to only certain limited exceptions under international law. Israel faces a real threat to its security from militant groups in Gaza. The naval blockade was imposed as a legitimate security measure in order to prevent weapons from entering Gaza by sea and its implementation complied with the requirements of international law.
Is it legitimate to let the people die of hunger and thirst?
Although people are entitled to express their political views, the flotilla acted recklessly in attempting to breach the naval blockade. The majority of the flotilla participants had no violent intentions, but there exist serious questions about the conduct, true nature and objectives of the flotilla organizers, particularly IHH. The actions of the flotilla needlessly carried the potential for escalation.
In short, the UN, as always, justify Israel, the most They can say is this:
Israel’s decision to board the vessels with such substantial force at a great distance from the blockade zone and with no final warning immediately prior to the boarding was excessive and unreasonable.
Ie: They exaggerated, it is true, but they are fighting for peace, if someone dies in this fight, it’s nobody’s fault.
michael

domenica 4 settembre 2011

Vongole e molluschi freschi: leggende ed economia europea

A Dublino si canta la storia della famosa pescivendola (e non solo) che girava per la città con il carretto vendendo "Cockles and Mussels". 
In Italia oggi "si spegne anche l'insegna di quell'ultimo caffè" nella strozzatura che la manovra di prossima approvazione darà ai lavoratori.
Nella foresta di Sherwood Robin Hood riprende l'arco chiudendo il libro; "finchè gli angnelli diverranno leoni", sperando non si riferisca alla nota stirpe torinese.
In Germania i Fratelli Grimm, riprendono a scrivere e riordinare fiabe che parlano di occupazione, energia solare e altre utopie.
Re Carlo torna dalla Battaglia di Poitiers, si fa incornonare con i nuovi contratti del petrolio Libico e prepara gli aerei per un prossimo pozzo di greggio.
Crisi economiche, guerre e le afflizioni che chi governa usa per spaventarci sono sempre state li, non facciamoci ricattare ancora.
IoLiOdioINazzistiDellIllinois


We shall never forget 9/11: The Kid's Book of Freedom

“Non dovremmo dimenticare l’11 settembre: il Libro della Libertà per i bambini”, ovvero il nuovo metodo educativo statunitense. Questo libro uscirà nel decennale del 9/11 ma sta già facendo discutere il mondo intero, e io lo trovo pure giusto, uno schifo del genere non si era mai visto.
Avete presente i divertenti libri in cui i bambini devono colorare le immagini che vengono loro presentate in bianco e nero? Avrete certamente presente che questi libri o hanno scene di genere, “animali nel bosco”, “tavole imbandite”, “animali fantastici”, o sono legati a un personaggio noto ai più piccoli. Bene, gli Stati Uniti hanno pensato che sia meglio modificare tali testi in modo da osannare le gesta dei militari e condannare l’azione dei terroristi.
L’immagine che vedete qui è una di queste “divertenti scene da colorare” in cui viene raffigurato l’arresto di Bin Laden, nel testo che vedete in alto si legge, fra le tante parole questa frase “lui fu ucciso mentre si nascondeva dietro a una giovane donna”.
Ovviamente tutte i rappresentanti del mondo musulmano si sono rivoltati contro questa idea insulsa di presentare la religione islamica, immagini che non fanno altro che diffondere l’idea che l’Islam sia tutto estremismo e violenza. L’editore del libro si è invece giustificato dicendo che il libro è stato realizzato con integrità, rispetto e onestà e che aiuterà i bambini a comprendere ciò che è successo e cosa succede a un terrorista.
Gli Stati Uniti d’America, la superpotenza che ha in mano le redine di tutte le politiche mondiali, che ha il potere di decidere chi far saltare e chi mantenere in giro per il mondo, i responsabili dei più grandi massacri che la storia abbia mai visto (sia in maniera attiva che passiva), hanno iniziato una nuova campagna di lavaggio del cervello. Hanno pensato che sia meglio cominciare fin da piccoli a inculcare le idee razziste, false e kukluxklaniste che hanno giustificato e giustificano le guerre che insanguinano la nostra terra.
Questo non è solo un post, è un vero e proprio allarme; ormai non c’è scampo più per nessuno, gli zombi al potere stanno arrivando.
octavio

venerdì 2 settembre 2011

C'è ancora chi crede in Israele?

Il presidente della Knesset ha pochi giorni fa dichiarato che la pace in Israele si avrà solo quando i palestinesi accetteranno di vivere con gli ebrei. Un’affermazione che potrebbe essere sensata, il condizionale è d’obbligo perché, in effetti, il convivere deve essere accettato da entrambi i lati e non certo solo dai palestinesi. Il fatto, poi, che lo dica il Presidente della Knesset farebbe ancora di più ben sperare; il problema è che questa è solo la seconda parte del suo intervento, nella prima si può trovare solo il deliro di un pazzo; affermare che Israele è tutta degli ebrei o che sionismo significa insediamenti non è certo discorsi di un sano di mente.
Israele, dunque, continua ad usare questo orrendo doppiogioco anche nelle dichiarazioni che serve solo come giustificazione per poter dire tutto quello che a loro pare.
Tanto che se è vero che la pace si avrà quando si accetterà di vivere insieme è anche vero che il Capo di Stato Maggiore Sionista ha minacciato gli abitanti di Gaza di un prossimo devastante attacco da parte dell’Esercito nel caso in cui venissero colpiti obbiettivi israeliani dai razzi che partono da Gaza.
Se è vero che la pace si otterrà quando ci sarà un incontro senza armi è anche vero che l’esercito israeliano ha regalato armi ai coloni e ha spiegato loro come usarle, permettendo dunque che anche i civili possano sparare veri proiettili.
Siamo insomma di fronte alla solita azione israeliana: si dà violenza in cambio di violenza, si fomenta la spirale dell’odio, non si mette mai la parola fine a bombardamenti e sparatorie, non si tenta nemmeno più di dialogare. Oggi si lavora per la pace tentando solo di alzare sempre più la voce.
michael

giovedì 1 settembre 2011

Si scongela il conflitto

È allarme in Kosovo, gli scontri ritornano e si sta rapidamente ritornando agli anni del terrore più puro. Non che la situazione si fosse mai risolta, anzi è giusto definire, come fanno gli osservatori internazionali, la situazione laggiù “conflitto congelato”, quindi non finito, ma ora sta rapidamente degenerando. A luglio un poliziotto kosovaro è morto negli scontri che da tempo si sono sviluppati nelle regioni settentrionali, sulla frontiera con la Serbia le manifestazioni, i blocchi delle strade e delle frontiere sono all’ordine del giorno e, con il passare del tempo, entrambi i governi hanno deciso di schierare l’esercito per mettere fine a queste proteste; i risultati sono ovviamente stati gli scontri e con loro, ultimamente, il morto.
Ad appesantire tutto ciò ritorna l’ombra nera dell’Esercito Nazionale Albanese (Aksh) che dopo ben tre anni
di silenzio (che non significa però inoperosità) dichiara, tramite il suo portavoce, che se entro il 30 di settembre il presidente e il premier kosovari non firmeranno il decreto per la formazione di un esercito regolare del Kosovo nuove azioni militari saranno condotte nel nord del paese. L’Aksh è responsabile di violenze inaudite su tutto il territorio kosovaro e lo si può (se qualcuno ancora non li conoscesse) ben capire dal loro ideale politico che si potrebbe riassumere così: “Ovunque ci sia presenza albanese dovrà sventolare la bandiera di Tirana”. Un ‘ideal di Grende Albania che dovrebbe, nella loro folle ottica, comprendere anche la Macedonia e addirittura parte della Grecia.
Solo da qualche giorno la Polizia Speciale dell’Unione Europea per il Kosovo ha iniziato un’operazione di controllo della parte settentrionale della regione, perché ora? perché solo ora l’UE si è accorta che in Kosovo la violenza è ritornata e solo ora si è accorta che a luglio un uomo è morto. L’UE dà costantemente di sé l’immagine di una unione che non guarda ai propri stati, disinteressata a ciò che in essi accada, assopita davanti alle violenze, arzilla solo quando si tratta di contar denaro.
aleksej