sabato 30 aprile 2011

Sul fiume c'è una piroga...

In un mondo così globalizzato come ci ostiniamo a ripeterci, in un mondo dove le culture sono diventate obbligatoriamente uno scambio sempre più proficuo, in un mondo dove la corsa al denaro è il metro di misura di tutte le vicende politiche, in un mondo in cui l’amicizia si basa in primo luogo sui rapporti virtuali pensate che possa esistere un luogo dove si vive con massimo tre (e dico tre) dollari al giorno? Sembra una follia, sembra che io vi stia prendendo in giro e invece questo posto c’è ed è il Laos (beh probabilmente molti è la prima volta che lo sentono nominare). In effetti non un posto che faccia molto parlare di sé: è molto isolato e piccolo rispetto a colossi come Cina e Thailandia e quindi dimenticato da tutti.
Sconosciuto a molti ma con una caratteristica geografica che lo rende degno di nota per gli stati a lui confinanti: il passaggio del fiume Mekong, uno dei fiumi più lunghi al mondo e che dà da vivere a migliaia di poveri e umili pescatori che mantengono la famiglia con la pesca (sia con la vendita che con il consumo).
Quando c’è l’acqua diventa subito ricchezza da sfruttare e, quindi, si pensa subito a grandi dighe che possano trasformare la potenza di scorrimento in energia, energia vendibile e quindi commerciabile. E questa idee viene proprio dal Laos, quel piccolo paesino che non ha nemmeno i soldi per poter finanziare i lavori ma che si appoggia alla Thailandia, principale acquirente di energia una volta finito il lavoro, per iniziare a mettere le fondamenta.
C’è allora un problema che a molti, in internet, non è sfuggito: se si crea la diga, l’acqua che questa deve contenere dove va a finire? È questo il vero problema: dove mettiamo quella gente che perderà tutto perché vedrà i suoi terreni sommersi dall’acqua? E il mondo politico ha pensato bene che quella gente può anche andare al diavolo, non è problema suo. A tutti coloro che verranno investiti dall’acqua sono offerti 15 (e dico quindici) dollari per andare dove a loro pare, chissenefrega dove basta che se ne vadano. E poi c’è un altro problema: l’acqua bloccata, stagnante, non può dare sviluppo ai pesci che nel fiume vivono, si prospetta quindi anche una crisi nell’unico settore che dà da mangiare ai poveri.
Il Laos, paese poverissimo, si appresta quindi a risolvere la povertà con l’energia, peccato che per farlo ucciderà (non direttamente ma indirettamente) tutti i poveri che dovrebbe aiutare. Evviva la politica che lavoro per l’uomo…
octavio

venerdì 29 aprile 2011

viaggio in italia (V)

Rieccomi a narrare del perchè continuare ad appassionarsi a questo Paese nonostante sia governato da un branco di dannosi omiciattoli. Ripartiamo da Recanati e arriviamo alla più famosa Firenze. Nella città degli Uffizzi, dei palazzi storici, della poesia ho solo l'imbarazzo della scelta. Ma vedete, come sostiene giustamente Benigni, in italia è nata prima la cultura dello Stato e come in tutte le nascite alla base ci sono dei genitori, in questo caso parleremo del padre. Dante Alighieri non è stato solo il pilastro per quel che riguarda la lingua che bene o male oggi parliamo in Italia ma, a mio modestissimo parere, ha visto quella che allora era un'accozzaglia di staterelli e poteri più o meno grandi e ha volto descriverla da interprete appassionato, al contrario di quanto ci dicono oggi sulla libertà (cioè di non prender mai parte) egli descrisse la sua epoca con la forza del genio e dell'amore. Ecco perchè davanti a questa "Serva Italia di dolore ostello" è bello poter tornare ai versi di Dante Alighieri, fiorentino. Tra i tantissimi versi adatti allo scopo pesco nel canto sesto la celebre invettiva nata in Dante alla vista dell'abbraccio tra due conterranei che si ritrovano.


Dante Alighieri

Purgatorio, Canto VI:

«O Mantoano, io son Sordello

de la tua terra!»; e l'un l'altro abbracciava.
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Quell' anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l'un l'altro si rode
di quei ch'un muro e una fossa serra.
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s'alcuna parte in te di pace gode.
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustinïano, se la sella è vòta?
Sanz' esso fora la vergogna meno.
Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota,
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella.
O Alberto tedesco ch'abbandoni
costei ch'è fatta indomita e selvaggia,
e dovresti inforcar li suoi arcioni,
giusto giudicio da le stelle caggia
sovra 'l tuo sangue, e sia novo e aperto,
tal che 'l tuo successor temenza n'aggia!
Ch'avete tu e 'l tuo padre sofferto,
per cupidigia di costà distretti,
che 'l giardin de lo 'mperio sia diserto.
Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:
color già tristi, e questi con sospetti!
Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
d'i tuoi gentili, e cura lor magagne;
e vedrai Santafior com' è oscura!
Vieni a veder la tua Roma che piagne
vedova e sola, e dì e notte chiama:
«Cesare mio, perché non m'accompagne?».
Vieni a veder la gente quanto s'ama!
e se nulla di noi pietà ti move,
a vergognar ti vien de la tua fama.
E se licito m'è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
O è preparazion che ne l'abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
in tutto de l'accorger nostro scisso?
Ché le città d'Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene.
Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
di questa digression che non ti tocca,
mercé del popol tuo che si argomenta.
Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
per non venir sanza consiglio a l'arco;
ma il popol tuo l'ha in sommo de la bocca.
Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: «I' mi sobbarco!».
Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
tu ricca, tu con pace e tu con senno!
S'io dico 'l ver, l'effetto nol nasconde.
Atene e Lacedemona, che fenno
l'antiche leggi e furon sì civili,
fecero al viver bene un picciol cenno
verso di te, che fai tanto sottili
provedimenti, ch'a mezzo novembre
non giugne quel che tu d'ottobre fili.
Quante volte, del tempo che rimembre,
legge, moneta, officio e costume
hai tu mutato, e rinovate membre!
E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume,
ma con dar volta suo dolore scherma
IoLiodioINazistiDellIllinois

I colpi bassi sono ammessi

Ogni arma è lecita se si tratta di campagna politica? La mia risposta è no, ma vedo che in realtà il mondo intero ritiene che sia sì. Anche se lo volessi accettare non capisco comunque perché questi colpi bassi per ferire l’avversario si compiono in Russia dove è vero che ci saranno le elezioni, ma stiamo parlando del 2012.
Sta di fatto che da pochi giorni un lavoratore, un uomo importante perché lavorava al Cremlino, si trova a spasso per la strada, si trova messo alla porta e l’unica motivazione valida che si può trovare per giustificare questo atto è che Gleb Pavloski, questo il suo nome, aveva e ha sempre dimostrato pubblicamente le sue preferenze per Medvedev. Ecco perché è finito nella merda, ecco perché ora il motivo del suo licenziamento ha un nome forte e altisonante come quello di Putin, il quale, pur di vincere è sempre disposto a fare terra bruciata intorno a sé, e questo vale ancora di più ora che il suo delfino, il suo leccapiedi, il suo tuttofare Medvedev gli ha detto chiaramente in faccia che ora che al potere c’è andato difficilmente lo toglierà di lì.
Vorrei solo ricordare, in modo molto paradigmatico, che Putin ha mandato in carcere e pubblicamente accusato, prima ancora che la sentenza definitiva fosse letta dal giudice, il suo unico rivale nel settore dei gasdotti, ha mandato in carcere più e più volte tutti i blogger e giovani che hanno tentato di manifestare contro il governo e, come ciliegina sulla torta, è il mandante di tutti i massacri odierni in Cecenia.
Per coloro però rimangono ancora scettici sull’idea che sia un fatto politico legato alle elezioni il licenziamento di Pavloski (e meno male che si tratta solo di licenziamento e non di pestaggio, morte o avvelenamento) rimangono le parole del Cremino: “Il rapporto di lavoro con Pavleski è stato interrotto non in seguito ad alcune sue dichiarazioni ma per questioni di professionalità ed eticità”. Questo dimostra che è stato cacciato solo per questioni politiche, da quando il cremino si interessa e opera per l’eticità?
aleksej

giovedì 28 aprile 2011

Roulette russa

"L'occupazione israeliana prevede di prendere il pieno controllo su Gerusalemme entro il 2020". Questa affermazione può essere ritenuta da molti non veritiera in quanto detta da un musulmano, per di più predicatore alla Moschea di al-Aqsa, e quindi, inevitabilmente, ritenuta di parte. Io però voglio oggi darvi una somma di esempi che portano, come risultato, all’esemplificazione dell’affermazione appena riportata.
  1. Dopo che Netanyahu si era detto disposto a consegnare alcune zone della Cisgiordania alla Palestina, segno di una volontà di ripresa dei negoziati di pace, è arrivata una dichiarazione, che suona tanto come una fatwa, firmata da 350 (guardate che 350 è un numero smisuratamente enorme) rabbini nella quale si esplica, tramite la Torah, che il ritiro dalla Cisgiordania è proibito dalla religione ebraica.
  2. Sabato 23 aprile (il giorno prima della Pasqua cristiana) militari israeliani hanno impedito, con pestaggi e lacrimogeni, a un gruppo di cristiani palestinesi di raggiungere il Santo Sepolcro. A loro è stato impedito ai turisti cristiani e non che di lì passavano è stato dato libero accesso.
  3. Il rabbino capo della colonia di Hebron ha ufficialmente chiesto al governo israeliano di trasferire i palestinesi abitanti il Negev in Libia o Arabia Saudita apportando come giustificazione il fatto che questa popolazione avrebbe origini beduine e dovrebbero ritornare lì dove sono nati.
  4. Il deputato del Likud Elkin ha ufficialmente richiesto al governo israeliano di votare una risoluzione che ponga l’esercito israeliano come unico organo della sicurezza in Cisgiordania.
Mentre tutto ciò, vi ho presentato le notizie come fulmini perché i fatti così avvengono in Palestina, accade sembra, pare, che Hamas e al-Fatah abbiano trovato un accordo. Ma nella storia quanti accordi hanno trovato? Solo che alla fine non andavano mai bene. Insomma, detta come va detta, la politica in Palestina fa schifo, non c’è un dialogo proficuo e quindi non ci sono risultati. Per questo l’unica nota positiva arriva dall’estero, dalla Gran Bretagna: sono partite le iscrizioni per aderire alla nuova Freedom Flottilla, possibilità di iscrizione sino al 6 maggio, che partirà per cercare di portare aiuti umanitari a Gaza. Intanto io vi lascio il link per avere maggiori informazioni, staremo a vedere che cosa Israele si inventerà questa volta; spero non ci saranno morti, ma il sangue è amato da Israele.
michael

martedì 26 aprile 2011

Neocolonialismo

La Francia ci vuole far credere, e con quelli più allocchi ci riesce, che in Costa d’Avorio la situazione, grazie in particolar modo al suo intervento, ormai è a posto, non c’è più nulla da preoccuparsi, c’è solo da ringraziare che si sia messo fine a una guerra.
Va quindi subito detto che se i militari, l’esercito, era prima completamente dalla parte di Gbagbo e ora, in massa, ritorna tra le braccia del nuovo leader Ouattara subito si coglie che quest’ultimo non è altro che la nuova faccia della dittatura ivoriana. Va poi notato che quasi tutte le multinazionali francesi, che hanno interessi e sfruttano quasi tutta l’Africa, anche in Costa d’Avorio, fino all’arrivo di Gbagbo, facevano palate e palate di soldi. Oltre al cacao anche il petrolio ha fatto gola a tutti, tanto che i pozzi laggiù sono spartiti tra Canada, Russia, Inghilterra e Australia (ultima arrivata ma molto ben piazzata); e la Francia? Lei mancava perché Gbagbo glielo aveva messo gentilmente in quel posto, anche per dissapori che nascono da contrasti ben più remoti dove molte persone ci avevano pure lasciato le penne.
Detto questo si capiscono molte strategie messe in campo in questa guerra, che ha distrutto un paese e ha ammazzato tante, troppe persone, ma che, ora più che mai, vengono tranquillamente giustificate con un semplice “Parigi val bene una messa”, e il perché la Russia voleva che Gbagbo lì rimanesse mentre la Francia voleva che se ne andasse.
Il morale della favola qual è? Sono due: il primo, ormai da me trito e ritrito ma fondamentale, è che a pagare è sempre la popolazione usata come cuscino ammortizzatore delle bombe che non devono mai distruggere le industrie (quelle finita la guerra servono); il secondo è che la Francia ha iniziato la sua nuova era di colonialismo, vedremo, purtroppo, quanto tempo ci metteranno le altre potenze, europee e non, a prendere esempio.
octavio

domenica 24 aprile 2011

No más masacres

Voglio anche io raccontare di vie dolorose e prendo spunto da una protesta avvenuta circa una settimana fa in Latino America, Guatemala, dove migliaia di persone sono scese in piazza portando sulle spalle una croce con su scritti, al posto del famoso INRI, No mas masacres. Un immagine forte, un immagine dura che racconta però la vera vita del migrante. Ho trovato un blog, vi metto il link qui, formidabile; racconta giorno per giorno, o quasi, i morti a causa dell’immigrazione. Questo blog stima che dal 1988 all’11 aprile 2011 (pochi giorni fa, ma i post successivi hanno già di molto aumentato la cifra) “sono morte lungo le frontiere d’Europa almeno 16.265 persone”. Mentre noi in Europa, nel Vecchio Mondo, ci spacchiamo in due (da un lato c’è chi dice “poveretti”, dall’altro c’è chi dice “crepate tutti”) di fronte all’ondata di clandestini, così li chiamano per evitare di dover soccorrere chi ha la morte disegnata negli occhi , nel Nuovo Mondo la situazione è la medesima, la gente muore di qua e di là dagli oceani.
Così come vi ho portato le cifre dell’Europa mi sono interessato a portarvi anche le cifre del Messico, questa volta di gente viva. Viene stimato dalla Comisión Nacional de Derechos Humanos che ogni anno 400mila clandestini tentano la traversato della frontiera messicana verso gli Stati Uniti. Un’attraversata che già era difficile a suo tempo, quando ancora il narcotraffico si faceva gli affari suoi e, quindi, si doveva combattere solo con la polizia di frontiera, quella che sta a controllare il muro di cinta che chiude l’austero castello (in aria?) statunitense, ma che ora viene resa ancora più difficile perché il tragitto che il “pollero” o “coyote” deve compiere deve essere invisibile sia per la polizia che per il narcotraffico, il quale si è incazzato dopo che il presidente messicano gli ha dichiarato guerra contro.
Sapete quanto costa il viaggio clandestino verso la tanto agognata libertà, felicità, gioia (perché il punto è proprio questo, la gente scappa qui, in Italia, o lì, negli USA, perché noi diamo un nostra immagine verso l’esterno di paese agiato e tranquillo)? Dai 6mila agli 8mila dollari. Tutti questi soldi per un viaggio che nella migliore delle ipotesi porta al passaggio della frontiera, nella ipotesi più usuale porta al rientro forzato in patria dopo la detenzione e le botte della polizia messicana, nella peggiore delle ipotesi porta alla morte: è stata scoperta da poco una fossa comune contenente 177 cadaveri di clandestini sequestrati e ammazzati (inutile dire che nella fossa c’erano anche donne e bambini).
Quanti Golgota siamo ancora disposti ad accettare in giro per il mondo?
octavio

sabato 23 aprile 2011

viaggio in Italia (IV)

Ammetto che la cucina bolognese e la bellezza della città mi hanno fatto ritardare la ripresa del nostro viaggetto. L'itinerario che stiamo compiendo alla ricerca del buono che c'è in Italia, quello per cui vale la pena lottare e impegnarsi nonostante tutto ci porta oggi a Recanati. Passo dalle canzoni in musica che ci hanno descritto Genova, Milano e Bologna alle canzoni in versi affidati alla sola scrittura. Questo passaggio è facilitato dalla richezza dei nostri poeti che se fossero stati Francesi o Tedeschi sarebbero celebrati e conosciuti esponenzialmente di più rispetto a quanto siano ora. Se ci fermiamo a Recanati avrete già intuito che parliamo di Leopardi, anzi è lui che parla a noi in uno delle sue opere più brevi, famose e descrittive di quello che può far esplodere in noi uno dei tanti paesaggi taliani:

Giacomo Leopardi
L'Infinito
«Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare»

IoLiodioINazistiDellillinois

La via dolorosa continua

Oggi per il mondo cristiano è la giornata del silenzio, del doloroso silenzio che attende la speranza preannunciata da chi sulla croce pendeva. In questo silenzio vorrei ricordare alcune delle vie dolorose che nel mondo continuano a essere percorse, in particolare, data la mia indole, mi soffermerò sul mondo mediorientale.
Vorrei ricordare le proteste e gli scontri in Palestina: a Bil’in, la città delle proteste pacifiche, decine di feriti e decine di auto incendiate.
Vorrei ricordare la Siria: in una giornata di proteste 75 le persone rimaste uccise per mano dell’esercito.
Vorrei ricordare la Libia: donne e bambini sono i nuovi bersagli della follia dittatoriale del leader da troppi anni al potere.
Vorrei ricordare il Bahrein: una poetessa, vent’anni, ripetutamente stuprata e picchiata fino alla morte (avvenuta in ospedale dove era arrivata già in coma) solo perché scriveva poesie contro il regime.
Vorrei ricordare che il mondo è marcio, a molti può fare schifo, a molti può sembrare inutile viverci sopra, a me fa dire: “Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov'è questo Dio?”.
michael

mercoledì 20 aprile 2011

La Serbia chiede, grida, AIUTO

Raccontare della situazione serba mi sembra qualcosa di ridondante e eccessivo. Tutti sanno della guerra, dei morti, del genocidio contro i kosovari, è inutile che mi dilunghi io. Basta solo sottolineare il fatto che dopo la crisi economica la situazione è molto peggiorata e ora lo stipendio medio mensile è pari a circa 400€; ecco perché le proteste a non finire che sono iniziate già negli ultimi mesi dell’anno scorso. Nel periodo in cui si volgevano le prime manifestazioni l’Unione Europea sbloccava la richiesta di ingresso fatta dalla Serbia e incominciava l’iter di valutazione, questo fatto portò grande positività nei confronti del Premier Tadic (filoeuropeista) che promise nuove elezioni appena la Serbia sarebbe entrata in Europa.
Soffermiamoci un attimo sul significato dell’entrata in Europa delle Serbia. In primo luogo far parte dell’UE significherebbe aiuto nella cattura e nel processo dei criminali di guerra che hanno perpetrato il genocidio kosovaro (e non sarebbe poco) e inizio del riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. In secondo luogo, e qui troviamo, credo, i veri motivi del perché questa entrata in Europa sarebbe valida, la Serbia dentro all’UE sarebbe il territorio di confine migliore per avvicinarsi sempre di più al dominio russo (soprattutto ora che le scaramucce iniziano a fuoriuscire dati i due galli nel pollaio, Putin e Medvedev, che vogliono entrambi presentarsi alle prossime elezioni).
Fino a qui mi sono limitato a descrivere i soliti intrighi di potere, che, però, hanno ricevuto una solenne e totale smascherata da parte del leader dell’opposizione Nikolic, il quale accusa di corruzione Tadic e, per il bene del popolo che è in una situazione angosciante, chiede nuove elezioni anticipate. L’accusa di corruzione non la commento, sarà certamente fondata, ma non credo che Tadic sia l’unico corrotto e Nikolic è ora a capo di un partito solo perché il vero leader è sotto il Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia e quindi non fa una grande figura nemmeno lui. quello che commento è che Nikolic ha iniziato, da quattro giorni, uno sciopero della fame che non smetterà sino alla definitiva decisione di nuove elezioni; ora è ricoverato per problemi renali. È stato accusato pure, da parte della chiesa ortodossa, di suicidio volontario.
La situazione quindi è tragica, da una parte un leader che sta lanciando un appello violento di aiuto per ottenere nuove elezioni, dall’altro uno che non cede e non si muove dalla sua posizione politica filoeuropea. L’Europa continua il lavoro di ordinaria burocrazia per decidere “Serbia sì, Serbia no”. Nessuno guarda in faccia a nessuno, nessuno se ne frega di nessuno: definire tutto ciò alienazione sarebbe un eufemismo.
aleksej

martedì 19 aprile 2011

Giorni di "passaggio"

Oggi si festeggia la Pasqua Ebraica, Israele si mette a lucido e cerca di presentare il meglio di sé, non è solo l’apparato religioso che deve risplendere, anche la politica ha il suo ruolo fondamentale. Non penso che ci sia molto da spiegare il significato della Pasqua Ebraica, è ormai di dominio pubblico, voglio però soffermarmi sul significato della parola “Pesah”: passaggio. Ho allora pensato di darvi alcuni esempi di passaggio, i passaggi moderni che accadono in questi giorni, i giorni di Pasqua.
Il primo passaggio è un blocco, il blocco Iron Dome, quell’insieme di mezzi militari che circondano Gaza e sono lì stanziati per bloccare i razzi da là provenienti. Un blocco che costa centinaia di migliaia di sheqel, che ha avuto un ulteriore finanziamento e che ha ottenuto i complimenti da parte di Obama. L’Ex Nobel per la Pace, ma il titolo rimane anche se uno nuovo è stato istituito e soprattutto anche se è dimostrato che è in realtà Obama è il Nobel per la Morte, oltre a portare gli auguri di una buona Pasqua a Bibi (dopo averli fatti a tutti i rappresentanti delle lobby ebraiche stanziate negli States) si è complimentato per l’organizzazione di Iron Dome e per come Israele si è comportato dopo i recenti eventi a Gaza. Obama insomma dice al mondo intero che Netanyahu è un santo che in questa festa del Passaggio a fatto bene a bloccare i palestinesi perché loro è meglio trattarli come ratti.
Il secondo passaggio è a ricordo, dopo che molti lo hanno criticato anche da morto, di Vittorio Arrigoni, è in fatti avvenuto il passaggio per uscire da Gaza, per essere “libero” di ritornare dai suoi cari. Israele ha gentilmente concesso di aprire le frontiere anche se non era tempo di apertura: Grazie Eretz Israele, tu si che sei magnanimo!
Il terzo passaggio è un trasferimento in galere di molti palestinesi della città di Nablus. Nessuna motivazione, nessuna giustificazione. I militari sionisti sono entrati a Nablus di notte e hanno arrestato 150 tra donne e bambini, arrestati e portati via.
Come vedete Pasqua non ferma le oscenità. Pasqua è importantissima per il mondo ebraico, è una delle feste fondamentali, ancora più importante, però, è la distruzione dello Stato palestinese, non c’è festa o religione che tenga: bisogna ammazzare e estirpare, questa è la vera religione israeliana.
michael

lunedì 18 aprile 2011

艾未未

Partiamo dal presupposto che è in cinese quindi dei miei amici blogger solo 小王子 sarà in grado di leggere senza problema il blog che metto a link qui. Dobbiamo poi precisare un altro presupposto se no non si capirà mai nulla: io non sono contro Facebook. C’è chi lo dipinge come fosse la reincarnazione di Satana tentatore (il periodo liturgico mi offre questa metafora) e io non lo vedo in tal modo. Certo non comprendo quelli che raccontano ai propri amici virtuali anche quante volte vanno al bagno, ma anche questa è una esagerazione tanto quanto quella di Satana.
Ora come ora Facebook e i blog (il modo più rapido e semplice per dire alla gente ciò che uno pensa) fanno molta paura, spaventano perché è difficile poter mettere dei filtri alla voce di un singolo individuo e, soprattutto, in questo modo, tramite messaggi o post, si sono organizzate le rivolte in tutto il Medio Oriente; c’è quindi da avere davvero paura di che cosa il mondo di internet può creare: addirittura rivolte popolari. Tutti bene o male corrono ai ripari e oscurano profili o siti, è interessante notare come ormai, nel mondo della tecnologia, esistano anche i desaparecidos informatici, vanno a tamponare il danno finchè è ancora nascondibile. In alcuni paesi non esiste, però, solo l’orrido mezzo della censura mediatica, esiste anche il più pericoloso e angosciante mezzo della censura fisica.
E ritorniamo dunque alle righe iniziali perché questo destino è capitato all’autore del blog di cui sopra, Ai Wei Wei attivista e artista, che nel suo blog ha raccontato quotidianamente la sparizione degli individui scomodi al Governo Cinese o i segreti più scottanti che la Cina voleva nascondere, è stato arrestato, dopo la chiusura sistematica dei suoi profili facebook o dei suoi blog.
Cosa ha portato tutto ciò? Oltre alla preoccupazione per la vita dell’attivista, la Cina in questo senso non va per il sottile e comunque, ripeto, molti invisi al governo sono scomparsi e non li si ritrova più, il suo arresto ha portato a un crollo pari al 40% dei profili facebook di utenti cinesi: la gente ha paura di ritorsioni, addirittura molti cinesi si iscrivono a FB sotto falso nome e falsa nazionalità.
Io credo che il peggior modo di fare politica sia quello del controllo sistematico dei propri elettori, sia creare un Grande Fratello Governativo. Il vero problema oggi è la necessità che la politica ha di creare mostri che incutano il timore nelle persone di poter essere arrestati o messi al pubblico ludibrio. La politica dovrebbe, anzi deve, essere per la gente non contro la gente.
octavio

domenica 17 aprile 2011

Ven a celebrar. Sigue tu deseo de matar...

Dopo i morti per proteste necessarie e dovute ma che al Governo Golpista e Dittatoriale non andavano bene, dopo le uccisioni di giornalisti e personaggi scomodi che dicevano troppo spesso la verità (se abitassi in Honduras io sarei già un uomo morto), dopo che all’esercito è stato comandato (dall’alto, da Lobo, da colui che è assoluto), ora arriva la notizia che l’Honduras continua ad essere nella “lista nera” dei paesi che in America devono migliorare il rispetto dei diritti umani.
Anzi tutto bisogna precisare che non c’era bisogno di questa classifica per capire che in Honduras la morte è più certa della vita e soprattutto la morte violenta, e per avvallare meglio la mia ipotesi voglio sottolineare che l’unico paese di Centro e Sud America che è stato graziato è stato Haiti, per ovvi motivi. I diritti umani non sono mai stati presi in considerazione nei paesi dove la povertà è estrema e, spesso, la violenza è l’unico modo per fare soldi.
In questa classifica viene però precisato un fattore fondamentale: “La CIDH (Commissione Interamericana per i Diritti Umani) recibió información sobre asesinatos, hostigamientos y amenazas contra defensores, periodistas, profesores, sindicalistas y sobre persecuciones contra jueces, violaciones a la libertad de expresión, la impunidad de crímenes cometidos y la deficiente aplicación de medidas cautelares. El organismo expresa su preocupación por el decreto de amnistía y la presencia de militares o ex militares con denuncias contra dependencias públicas, y sostiene que los esfuerzos en el intento de normalización institucional han sido insuficientes”.
Ecco questo è davvero fondamentale. È stato pubblicamente presentato il potere politico che ora è al governo come un potere assassino e ignorante, capace solo di governare con le minacce, insensibile e sordo alle richieste del suo popolo, solo in grado di fare accordi basati sul denaro.
Questo tipo di accusa è grave, anzi è gravissima, viene praticamente detto che i Diritti Umani in Honduras non sono rispettati non per la violenza delle strade o la violenza delle bande; i Diritti Umani vengono cancellati e dimenticati dal Governo stesso.
Tutto il mondo si è dunque accorto che ci troviamo di fronte a una dittatura violenta di stampo nazista che sta uccidendo a destra e a manca senza porsi problemi sul sesso, l’età e la provenienza delle loro vittime. Che cazzo aspettiamo ancora per fermarli?
octavio

sabato 16 aprile 2011

Con il lutto al braccio

Fermi tutti. Qui non si scherza più, ora il mio cuore è distrutto. Un italiano, come me, un amante (nel senso più vero e profondo che possa avere questa parola) della Palestina, come me, è stato ucciso, picchiato e poi strangolato (forse impiccato) e ora ha raggiunto il paradiso come un martire. Il mondo intero è scioccato, la Palestina stessa lo è. Il video che è stato girato prima della morte del volontario rimanda e incolpa al 100% un gruppo estremista islamico, il quale però nega tutto; Hamas nel mentre incolpa Israele dicendo che ha mandato a morte Vittorio Arrigoni solo perché aiutava i palestinesi e voleva la fine del blocco di Gaza. Il destino ha voluto che ora la sua salma non potrà muoversi da Gaza presumibilmente fino a domenica giorno in cui i valichi verranno riaperti. Nemmeno i morti hanno diritto di essere seppelliti a Gaza, li lasciano marcire al sole, nell’attesa che la porta si apra.
Io non so a chi credere, non so se è stato terrorismo islamico o è stato terrorismo ebraico, io so solo che questo è un atto di terrorismo. Qui la parola terrorismo è d’obbligo usarla, non è un etichetta che viene appiccicata sulla faccia di chi non ci va a genio, no, in questa occasione è solo la descrizione migliore che si può dare a un atto che manda alla deriva tutto il lavoro che volontari, politici e gente comune ha fatto fino ad oggi.
Non bastavano i razzi Qassam, non bastavano i raid israeliani, non bastavano i checkpoint, i muri, le grate o il fil di ferro, no, bisognava anche uccidere, e uccidere chi era ben inserito nel tessuto palestinese ed era amato da quel popolo.
Guarda a caso la morte di Vittorio arriva dopo quella di Juliano Mer-Khamis, altro rappresentante di quelle persone che per nulla in cambio lavorano per portare la pace, la vera pace, quella che non si ha firmando un foglio mentre i cameramen riprendono la scena. Siamo dolorosamente passati ad una nuova fase in Palestina, quella dell’uccisione di singoli individui rappresentanti di quel lavoro per la speranza che è l’unica salvezza in questo conflitto. Non importa chi siano i sicari e nemmeno chi siano i mandatari, ora il problema è che ci sono dei morti, dei morti da piangere. Da oggi ci si veste a lutto.
michael

venerdì 15 aprile 2011

Giano Bifronte

Oggi il post è piuttosto intricato quindi vi prego di seguire bene tutti passaggi se no si rischia di non capire nulla o capire il contrario di ciò che voglio dire io.
Putin ha viaggiato in Ucraina e ha incontrato il Premier Azarov per parlare di questione delicate riguardanti i gasdotti, le questioni sono delicate solo perché vi ricordo che in tempi non troppo lontani per gli stessi motivi la Russia ha organizzato una guerra. Il problema quindi è serio anche perché Kiev deve ora decidere se stare con Putin ma contro l’Europa o stare con l’Europa ma contro Putin. E ora viene il difficile, mentre Putin (che in questa occasione rappresentava la Russia) era a colloquio con Azarov (rappresentante Ucraina) per parlare di questa situazione, quest’ultimo informava il rappresentante dello Stato Russo di una possibile offerta che Kiev avrebbe potuto dare a Gazprom per l’utilizzo di alcuni giacimenti di metano sul Mar Nero. Cioè per dirla alla complicata: Azarov ha informato Putin (rappresentante Russia) che Putin (capo d Gazprom) avrebbe potuto beneficiare di nuovi giacimenti ucraini; in più Putin ha informato Azarov che se sta con loro (in questo caso Russia e Gazprom) avrà entrate fino a 9 miliardi di dollari l’anno.
Ma che cosa perderebbe Kiev se andasse con Putin e non con l’Europa (l’opzione inversa prevede l’innalzamento delle spese per i combustibili che arrivano dalla Madre Russia e una possibile/probabile, dati i precedenti, guerra)? Ovviamente una non integrazione con il mondo europeo e, soprattutto, l’uscita dal WTO (World Trade Organization, Organizzazione Mondiale del Commercio, per chi non sa l’inglese…). Dato che Putin ha giocato pesante anche l’UE tira fuori gli artigli e cerca di correre ai ripari mandando avanti la pratica di sblocco dei visti per entrare in Ucraina, un “cancro” che affliggeva moltissime persone che volevano entrare nel paese dato anche l’elevato costo della procedura. Detta in parole semplici l’UE cerca di portare sempre più dalla sua parte Kiev iniziando ad agevolare lì proprio dove era necessario agevolare.
Cosa succede ora? questo spetta deciderlo all’Ucraina, a me non interessa la decisione finale perché comunque, qualunque sarà la sua scelta, sarà una decisione presa con il denaro come metro di misura. È obbrobrioso vedere come i poteri forti (in questo caso Russia e Europa) organizzino e riorganizzino le loro agende lavorative solo nell’ottica di maggior rientro economico. Chissenefrega se sotto di loro c’è un popolo che vuole lavoro, qualità della vita e giustizia; il popolo rimanga pure lì a protestare quello che conta oggi è il denaro.
aleksej

giovedì 14 aprile 2011

viaggio in italia (III)

Avrei voluto portarvi anche a Torino e Venezia ma visti gli eventi ho voluto passare subito alla città madre degli studi di Diritto.

Prendiamo quindi l'A1 da Milano e procediamo nella piana Padana fino a vedere di lontano la chiesa di San Luca che ci guarda dai colli bolognesi e usciamo a Borgo Panigale. Si paga il pedaggio (perchè il pedaggio è il pedaggio e il formaggio è il formaggio e se non paghi il pedaggio non mangi il formaggio) tangenziale, uscita sette, via Stalingrado dritti verso i viali, lasciate la macchina in via Irnerio ed eccoci nella Città Universitaria!
E' di questa Bologna che voglio parlare oggi nel nostro itinerario alla ricerca dei motivi che l'Italia ci propone per lottare per essa (insomma una ricerca di buono in questo Paese da difendere), la città degli studenti. In effetti una bella fetta dei portici sotto le Due Torri è veramente in mano agli universitari, anche se oggi si cerca di limitare questa libertà il più possibile. E' una situazione che crea incontri, dialoghi, passioni e per chi viene da città senza vera vita universitaria è una possibilità unica per "alzare un pò il livello", per conoscere l'altro; ed è sicuramente per questo che le Università fanno così paura a chi ci vuole tutti sedati e ubbidienti. Quindi nel Giorno Dopo il voto sul processo breve eccoci nella patria degli studi giuridici.
Chi ha narrato meglio di tutti questa Bologna universitaria è, a mio avviso, Francesco Guccini, tra i suoi tanti testi che potevano andare benissimo mi permetto di optare per quello che descrive meglio (e che aumenta le invidie dei pendolari nei confronti dei "fuori sede") la situazione: la seguente "storia di altre storie":


Francesco Guccini
VIA PAOLO FABRI 43

Fra "krapfen" e "boiate" le ore strane son volate,

grasso l' autobus m' insegue lungo il viale
e l' alba è un pugno in faccia verso cui tendo le braccia,
scoppia il mondo fuori porta San Vitale
e in via Petroni si svegliano,
preparano libri e caffè
e io danzo con Snoopy e con Linus
un tango argentino col caschè!
Se fossi più gatto, se fossi un po' più vagabondo,
vedrei in questo sole, vedrei dentro l' alba e nel mondo,
ma c'è da sporcarsi il vestito e c'è da sgualcire il gilet:
che mamma mi trovi pulito qui all' alba in via Fabbri 43!
I geni musicali preannunciati dai giornali
hanno officiato e i sacri versi hanno cantati,
le elettriche impazziscono, sogni e malattie guariscono,
son poeti, santi, taumaturghi e vati:
con gioia e tremore li seguo
dal fondo della mia città,
poi chiusa la soglia do sfogo
alla mia turpe voglia.... ascolto Bach!
Se solo affrontassi la mia vita come la morte,
avrei clown, giannizzeri, nani a stupir la tua corte,
ma voci imperiose mi chiamano e devo tornare perchè
ho un posto da vecchio giullare qui in via Paolo Fabbri 43!
Gli arguti intellettuali trancian pezzi e manuali,
poi stremati fanno cure di cinismo,
son pallidi nei visi e hanno deboli sorrisi
solo se si parla di strutturalismo.
In fondo mi sono simpatici
da quando ho incontrato Descartes:
ma pensa se le canzonette
me le recensisse Roland Barthes!
Se fossi accademico, fossi maestro o dottore,
ti insignirei in toga di quindici lauree ad honorem,
ma a scuola ero scarso in latino e il "pop" non è fatto per me:
ti diplomerò in canti e in vino qui in via Paolo Fabbri 43!
Jorge Luis Borges mi ha promesso l' altra notte
di parlar personalmente col "persiano",
ma il cielo dei poeti è un po' affollato in questi tempi,
forse avrò un posto da usciere o da scrivano:
dovrò lucidare i suoi specchi,
trascriver quartine a Kayyam,
ma un lauro da genio minore
per me, sul suo onore, non mancherà...
Se avessi coraggio, se aprissi del tutto le porte,
farei fuochi greci e girandole per la tua fronte,
ma sai cosa io pensi del tempo e lui cosa pensa di me:
sii saggia com' io son contento qui in via Paolo Fabbri 43!
La piccola infelice si è incontrata con Alice
ad un summit per il canto popolare,
Marinella non c' era, fa la vita in balera
ed ha altro per la testa a cui pensare:
ma i miei ubriachi non cambiano,
soltanto ora bevon di più
e "il frate" non certo la smette
per fare lo speaker in TV.
Se fossi poeta, se fossi più bravo e più bello,
avrei nastri e gale francesi per il tuo cappello,
ma anche i miei eroi sono poveri, si chiedono troppi perchè:
già sbronzi al mattino mi svegliano urlando in via Fabbri 43!
Gli eroi su Kawasaki coi maglioni colorati
van scialando sulle strade bionde e fretta,
personalmente austero vesto in blu perchè odio il nero
e ho paura anche d' andare in bicicletta:
scartato alla leva del jet-set,
non piango, ma compro le Clark,
se devo emigrare in America,
come mio nonno, prendo il tram!
Se tutto mi uscisse, se aprissi del tutto i cancelli,
farei con parole ghirlande da ornarti i capelli,
ma madri e morali mi chiudono,
ritorno a giocare da me:
do un party, con gatti e poeti,
qui all' alba in via Fabbri 43!

IoliodioINazistiDellillinois




La crisi (politica, umanitaria ecc.) è davvero finita?

L’unica domanda che è rimasta dopo l’arresto di Gbagbo è: adesso inizia davvero una nuova era per la Costa d’Avorio? Al nuovo presidente, che poi tanto nuovo non è dato che è eletto dallo scorso novembre, spetta un lavoro gigantesco primo fra tutti quello di portare la sicurezza dopo che le armi e la violenza sono state l’unica regola ammessa fino a pochi giorni fa.
La gente è ancora barricata in casa, un po’ perché continua ad avere paura e un po’ perché non si sa bene chi si incontrerà nelle strade e non si sa bene chi è ancora alleato di chi e chi vuole sfogare la sua ira solo per il gusto di sfogarla. Il problema umanitario continua: i supermercati sono poco riforniti e aprono a singhiozzo, la gente in alcuni casi ha perso tutto, i profughi sono troppi per poter risolvere il problema in breve tempo. Oltre a tutto ciò inizia ora un vero e proprio problema di violenza per le strade non più legato allo scontro tra i due leader ma causato proprio da loro. Entrambi hanno infatti armato giovani e prigionieri affinché diventassero i loro mercenari, ora queste persone sono libere di girare indisturbate (e soprattutto armate) per la città facendo un po’ quello che gli pare. Insomma il vero problema che oggi c’è in Costa d’Avorio è il rischio della nascita di bande armate che insanguinino il paese.
Un altro fatto è avvenuto ieri, la riconciliazione fra l’esercito e il nuovo presidente in carica. Gbagbo è riuscito a “durare” in carica così tanto tempo da dopo le elezioni perché aveva dalla sua parte l’esercito; ora, dato che Gbagbo non c’è più (lui stesso alla cattura aveva incitato i suoi sostenitori a deporre le armi), i militari fanno marcia indietro e vanno sotto l’ala protettiva di Ouattara. Molti hanno commentato questo gesto come un primo passo positivo vero la pace e la calma nel paese, io non sono di quest’idea. Sarà che ho visto l’esercito ribellarsi troppe volte, sarà che sono nato “Bastian Contrario” ma io di questi militari non mi fido. Davvero voi credete che un esercito che è riuscito, nel giro di un giorno, a cambiare completamente idea politica solo perché il loro leader è stato sconfitto non possa più cambiare idea e schierarsi contro il leader attuale? Credete davvero che al primo lauto compenso esterno non siano in grado di mettere in atto un colpo di stato?
La situazione in Costa d’Avorio è ancora troppo fragile per poter cantare vittoria, chi lo spiega al mondo internazionale che, avendo visto la vittoria di Ouattara, vede conclusa la necessità di aiuto a quel paese e sta abbandonando tutti al loro destino?
octavio

mercoledì 13 aprile 2011

In fiamme per la libertà, ma quale libertà?

La storia del mondo arabo dimostra che le lotte interne sono sempre nate per portare a un cambiamento, purtroppo i morti ci sono sempre stati e questa regola non vale solo per il mondo arabo. Ciò che è successo o sta succedendo ora in Maghreb e Mashreq non è altro che espressione di ciò che la storia ci ha già insegnato, la ricerca della libertà è il motore che spinge tutte le rivolte, ma oggi quegli stati che hanno deposto i dittatori l’hanno raggiunta? Vorrei concentrarmi sull’Egitto e su di una notizia che un po’ mi ha scioccato: un blogger egiziano è stato condannato a tre anni di reclusione da un tribunale militare per aver insultato l’esercito: è il secondo; l’altro è stato condannato a 26 anni solo perché nel suo blog aveva caricato i video che dimostravano gli abusi di potere dei militari durante i giorni della protesta.
La prima osservazione che mi viene da fare è che a questo punto pure io sono passibile di incarcerazione, quali parole dovrò scegliere per evitare di essere messo a tacere?
La notizia se viene approfondita offre, poi, degli scenari davvero inquietanti. Sapete come sono nate le proteste in Egitto (e questo vale anche per la Libia)? Grazie al passaparola nato tra i vari blog che si opponevano al potere di Mubarak e gli annunci mandati via facebook. Internet è stato, scusate il gioco di parole, il motore di ricerca per far sì che la libertà cercasse di sfondare i muri dorati dei dittatori.
Ecco il perché delle incarcerazioni dei blogger (ecco perché tutto il mondo dei blogger deve iniziare a tremare), il governo militare che si è instaurato dopo Mubarak oltre a non accettare le accuse (tutte fondatissime e giustissime) di violenze contro i civili ha paura che si possano organizzare nuove proteste. È chiaro che si teme sempre che il potere acquisito venga messo in discussione e allora chi al potere ci va si ingegna in tutti i modi per mettere a tacere tutti quelli che potrebbero, anche solo lontanamente, mettere in discussione la situazione favorevole.
Tante proteste, tanti morti, tanti feriti, che libertà si è ottenuta? Nessuna, anche i migliori rappresentanti del popolo si corrompono appena sentono l’odore dei soldi.
octavio

martedì 12 aprile 2011

La follia omicida

Risoluzione dell’ONU 1860, emanata agli inizi del 2009 e mai, ripeto MAI, rispettata e che ora torna di moda data la richiesta da parte della Lega Araba, dopo che Hamas è giunta a una tregua con Israele, di una no fly zone su Gaza sull’esempio della Libia. Una richiesta che è stata portata avanti dai rappresentanti presso la Nazioni Unite e che, sembra, abbia iniziato (almeno nella testa di qualcheduno) a prendere vigore.
È chiaro ed evidente ai più che una no fly zone sarebbe l’ideale per Gaza, sarebbe in parte la sua salvezza, sarebbe ciò che tutti aspettano anche perché i raid aerei che Israele ha organizzato per rispondere al lancio di Qassam (che non hanno fatto feriti) ha portato alla morte di 19 persone e a decine e decine di feriti, è stato stimato che sia la carneficina più alta dopo la strage di Piombo Fuso. É vero che 19 non sono 1400 ma ricordo a tutti che non si calcola l’accumulo di morti ma il fatto che ci siano stati dei morti e soprattutto che Netanyahu ha già preannunciato un attacco in grande stile se non smetteranno i lanci di razzi.
Rimane il fatto che questa idea della no fly zone piace ad alcuni e quindi Israele inizia già ad alzare la cresta e a puntare i piedi, lo fa con le parole di Lieberman: “Hamas non ha il diritto di avanzare richieste per poter raggiungere una tregua. Un eventuale ritardo di Netanyahu e del suo partito nel perseguire un approccio più duro contro i militanti di Gaza non causerà una crisi di governo”. E invece ciò che molto del mondo israeliano vede è il tentativo di Lieberman di stringere in un cerchio stretto Bibi e il suo partito per obbligarlo ad accettare posizione sempre più di estrema destra. Tanto che il Ministro ha continuato il suo discorso dicendo: “Possiamo influenzare il governo di più noi, che ci siamo dentro, che l’opposizione”. Ritornando poi sul “problema” Hamas ha voluto spiegare come secondo lui bisognerebbe agire contro i militanti riecheggiando la figura di Eichmann e il trattamento che gli hanno riservato gli israeliani.
Per chi non lo sapesse stiamo parlando di un ex generale delle SS che fu processato, primo nella storia, in Israele, fu ovviamente condannato e mandato a morte: venne impiccato, il corpo cremato, sparse le ceneri per il mar Mediterraneo e poi ripulito il contenitore dei resti dal corpo perché non si riportassero ceneri in territorio israeliano.
Questo è il trattamento che Israele spera di attuare anche contro i palestinesi e a dirlo è un Ministro.
michael

lunedì 11 aprile 2011

viaggio in italia (II)

Piaciuta Genova?
Oggi il nostro giro in Italia alla ricerca del perchè appassionarsi ancora a questa terra e lottare per essa ci porta, non a caso, a Milano (proprio oggi e!).
La canzone non descrive la città ma lo spirito di chi è milanese senza essere in stile imprenditorial televisivo, è la canzone di uno che ha visto un re! (ogni riferimento nella canzone all'attuale situazione italiana è puramente voluto)

Enzo Jannacci
HO VISTO UN RE

Dai dai, conta su...ah be, sì be....
- Ho visto un re.
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un re!
- Ah, beh; si`, beh.
- Un re che piangeva seduto sulla sella
piangeva tante lacrime, ma tante che
bagnava anche il cavallo!
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; si`, beh.
- è l'imperatore che gli ha portato via
un bel castello...
- Ohi che baloss!
- ...di trentadue che lui ne ha.
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho visto un vesc...
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un vescovo!
- Ah, beh; si`, beh.
- Anche lui, lui, piangeva, faceva
un gran baccano, mordeva anche una mano.
- La mano di chi?
- La mano del sacrestano!
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; si`, beh.
- e` il cardinale che gli ha portato via
un'abbazia...
- Oh poer crist!
- ...di trentadue che lui ce ne ha.
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; si`, beh.
- Ho visto un ric...
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un ricco! Un sciur!
- S'...Ah, beh; si`, beh.
- Il tapino lacrimava su un calice di vino
ed ogni go, ed ogni goccia andava...
- Deren't al vin?
- Si`, che tutto l'annacquava!
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; si`, beh.
- Il vescovo, il re, l'imperatore
l'han mezzo rovinato
gli han portato via
tre case e un caseggiato
di trentadue che lui ce ne ha.
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; si`, beh.
- Ho vist un villan.
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Un contadino!
- Ah, beh; si`, beh.
- Il vescovo, il re, il ricco, l'imperatore,
persino il cardinale, l'han mezzo rovinato
gli han portato via:
la casa
il cascinale
la mucca
il violino
la scatola di kaki
la radio a transistor
i dischi di Little Tony
la moglie!
- E po`, cus'e`?
- Un figlio militare
gli hanno ammazzato anche il maiale...
- Pover purscel!
- Nel senso del maiale...
- Ah, beh; si`, beh.
- Ma lui no, lui non piangeva, anzi: ridacchiava!
Ah! Ah! Ah!
- Ma sa l'e`, matt?
- No!
- Il fatto e` che noi villan...
Noi villan...
E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam,
e sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam!
Dai dai, conta su...ah be, sì be....
- Ho visto un re.
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un re!
- Ah, beh; si`, beh.
- Un re che piangeva seduto sulla sella
piangeva tante lacrime, ma tante che
bagnava anche il cavallo!
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; si`, beh.
- è l'imperatore che gli ha portato via
un bel castello...
- Ohi che baloss!
- ...di trentadue che lui ne ha.
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho visto un vesc...
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un vescovo!
- Ah, beh; si`, beh.
- Anche lui, lui, piangeva, faceva
un gran baccano, mordeva anche una mano.
- La mano di chi?
- La mano del sacrestano!
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; si`, beh.
- e` il cardinale che gli ha portato via
un'abbazia...
- Oh poer crist!
- ...di trentadue che lui ce ne ha.
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; si`, beh.
- Ho visto un ric...
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un ricco! Un sciur!
- S'...Ah, beh; si`, beh.
- Il tapino lacrimava su un calice di vino
ed ogni go, ed ogni goccia andava...
- Deren't al vin?
- Si`, che tutto l'annacquava!
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; si`, beh.
- Il vescovo, il re, l'imperatore
l'han mezzo rovinato
gli han portato via
tre case e un caseggiato
di trentadue che lui ce ne ha.
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; si`, beh.
- Ho vist un villan.
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Un contadino!
- Ah, beh; si`, beh.
- Il vescovo, il re, il ricco, l'imperatore,
persino il cardinale, l'han mezzo rovinato
gli han portato via:
la casa
il cascinale
la mucca
il violino
la scatola di kaki
la radio a transistor
i dischi di Little Tony
la moglie!
- E po`, cus'e`?
- Un figlio militare
gli hanno ammazzato anche il maiale...
- Pover purscel!
- Nel senso del maiale...
- Ah, beh; si`, beh.
- Ma lui no, lui non piangeva, anzi: ridacchiava!
Ah! Ah! Ah!
- Ma sa l'e`, matt?
- No!
- Il fatto e` che noi villan...
Noi villan...
E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam,
e sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam

IoLiOdioINazistiDellIllinois

La politique a les yeux couverts d'un voile

Non c’è stato nulla da fare, hanno cercato in tanti di correggere il tiro, di trovare un modo per farla suonare meglio, per far sì che nessuno si accorgesse dell’abominio che stavano mettendo in piedi e invece, tanto lavoro per nulla, la legge esce nuda e cruda così com’era stata pensata: in Francia il velo musulmano non lo si può portare più.
O meglio, il burqa e il niqab nei luoghi pubblici non li si può più indossare; ma non è che detta così la situazione migliora più di tanto, perché voi potete raccontarmi tutte le storie che volete sull’oppressione della donna e il suo diritto ad essere libera, pienamente d’accordo con voi, ma non vi siete accorti che la maggioranza (anzi la stragrande maggioranza) delle donne che portano il tipo di velo in questione si sentono libere?
Detto questo una prima parte della legge che è stata approvata va già a farsi benedire perché andrebbe a multare quei mariti o padri che impongono alle donne di indossare il velo integrale, pensate che la cosa andrà in porto? E non mi venite a raccontare che le donne non denunciano i padri o i mariti perché sono spaventati dalle possibili reazioni violente perché non è vero: bisogna, E’ DOVEROSO PER RISPETTO ALL’ISLAM COSI’ COME SI PORTA RISPETTO ALLE VARIE RELIGIONI DEL MONDO, uscire dall’idea dell’Islam come religione che fomenta i terroristi o crea dei mostri; non ha senso. E poi, se è vero che ci sono dei musulmani violenti che hanno compiuto delle atrocità immani è altrettanto vero che ci sono dei cristiani che hanno compiuto delle stragi o hanno sterminato la famiglia, per i musulmani vale il “fattore religione” e per i cristiani no? Perché?
Ritornando quindi alla legge, perché eliminare una tradizione religiosa? Solo perché ci fa paura? È vero che il burqa non permette l’identificazione ma da qui a far pagare una multa ce ne passa di acqua sotto i ponti. E poi i politici non hanno il compito anche di occuparsi dei propri elettori? E allora, dati i lauti stipendi, che trovino un modo per decorosamente risolvere il problema, se di problema si tratta, mettere una multa è assurdo. E infine un ultima domanda: pensate davvero che bloccare l’utilizzo del velo possa aiutare la lotta al terrorismo? Ma non fatemi ridere.
octavio

domenica 10 aprile 2011

viaggio in italia (I)

Cosa rispondere a chi dice "tanto in Italia non funziona  nulla e mai funzionerà"? Cosa controbattere a chi dice "non puoi farci nulla", come affrontare chi ripete "fatti i fatti tuoi" o ancora "perchè dovrei"?
Mi è venuta una piccola idea per rispondere e spero che ai miei piccoli lettori non dispiaccia se divago un pò dal solito stile. Ho pensato ad un breve Viaggio in Italia, nelle descrizioni in musica o in versi di alcune rappresentative città del "Bel Paese", rapidi attimi che ci ricordino che non siamo tutti berlusconiani, non solo per quanto concerne il voto, ma per il modo di pensare sempre più televisivo e sempre meno umano. Ecco la politica come dovrebbe essere, attenzione all'altro, alla città, cultura e formazione di uomini liberi non di impunibili lobomizzatori del popolo.

Cominciamo dunque il nostro viaggio. Come prima tappa pensavo a una città di mare, a un porto dove da sempre si incontrano e scontrano diverse realtà, una città, come tante in Italia, storicamente importante. Questa città ha quasi un tono di leggende su pirati e vecchi lupi di mare, una città di poeti e menestrelli, la città che forse meglio di tutti ha descritto De Andrè nella sua Via del Campo. A Genova dunque, ma con il piacere di contraddirmi, nelle parole e nel canto di Gino Paoli:
IoLiOdioINazistiDellIllinois


Genova per noi


Con quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi prima di andare a Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c'inghiotte e non torniamo più.
Eppur parenti siamo un po'
di quella gente che c'è lì
che in fondo in fondo è come noi, selvatica,
ma che paura ci fa quel mare scuro
che si muove anche di notte e non sta fermo mai.
Genova per noi
che stiamo in fondo alla campagna
e abbiamo il sole in piazza rare volte
e il resto è pioggia che ci bagna.
Genova, dicevo, è un'idea come un'altra.
Ah, la la la la la la
Ma quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi mentre guardiamo Genova
ed ogni volta l'annusiamo
e circospetti ci muoviamo
un po' randagi ci sentiamo noi.
Macaia, scimmia di luce e di follia,
foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia...
e intanto, nell'ombra dei loro armadi
tengono lini e vecchie lavande
lasciaci tornare ai nostri temporali
Genova ha i giorni tutti uguali.
In un'immobile campagna
con la pioggia che ci bagna
e i gamberoni rossi sono un sogno
e il sole è un lampo giallo al parabrise...
Con quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi che abbiamo visto Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c'inghiotte e non torniamo più.

Riposino in pace, Amen

Nemmeno i morti vengono lasciati in pace, nemmeno nel giorno delle loro commemorazione. Un anno è passato dal disastro aereo che ha visto la morte del presidente polacco e di buona parte del suo staff. Un disastro che ha portato il lutto per tutta Europa, un disastro che ha accesso dissidi e contrasti. Un anno è passato, la neve ha coperto il terreno dello schianto e il mondo dopo qualche mese ha ripreso ha correre nelle sue frenetiche giornate lavorative. Qualche tempo fa ci eravamo occupati dei fascicoli che archiviavano definitivamente l’incidente come errore dei piloti polacchi, poi c’eravamo occupati della risposta del governo polacco che aveva dato la colpa alla torre di controllo russa. Insomma nessuno ci aveva (e ci ha) capito un cavolo.
Ognuno, essenzialmente, propende per una parte o per l’altra e mai si saprà perché il premier polacco è morto in circostanze così strane. Nel momento della commemorazione però, tutti i ragionamenti e le arguzie mentali dovrebbero finire, cedere il posto al cordoglio e alla memoria, per dare degno ricordo di una persona, un uomo, che comunque (nel bene o nel male) ha lavorato per il suo paese. E invece nemmeno il ricordo dei morti viene preservato e così mentre il presidente polacco Komorowki con i famigliari delle vittime si preparava a lasciare i fiori sul luogo della strage i due governi litigavano. O meglio uno litigava (quello polacco) e l’altro non rispondeva (quello russo) infischiandosene del problema. Il contenzioso è la targa apposta dai polacchi a ricordo delle vittime che, alcuni giorni prima della fatidica commemorazione, è stata cambiata dal governo russo, senza chiedere commento alcuno al governo polacco.
Io non mi voglio soffermare sul problema della targa, questa è una piccolezza; quello che voglio sottolineare io è l’indecenza del gesto. Il ricordo di un morto (e poi qui stiamo parlando di molti morti) è sempre portatore di tensione e dolore (anche qui, nel bene o nel male), infischiarsene di questo dolore solo per fare dispetto a un governo che politicamente non si vuole sottomettere allo strapotere “putiniano” è un gioco al massacro ed è violenza psicologica. Quando ci sarà una risposta a questo atto, forse violenta (io spero di no), non stupiamoci di ciò che succederà. Homo homini lupus docet.
aleksej

sabato 9 aprile 2011

Di nuovo la resa dei conti

Siamo arrivati, a mio avviso, al punto di non ritorno, da qui in avanti non potrà altro che peggiorare la situazione e Israele e Palestina non vedranno altro che morti e sangue. Non voglio essere profeta di sventura ma alcuni fatti non possono altro che portare a pensare a una nuova guerra che, di fatto, è già iniziata.
Da un lato Israele che non smette di organizzare raid aerei su Gaza, solo ieri 12 morti e decine di ferite e al contempo continua a fomentare l’odio musulmano con dichiarazioni sullo stile di quelle del Ministro degli Interni Eli Yishai: “Israele deve oggi affrontare il grave problema del numero crescente di musulmani sul suo territorio. Hanno forzato le loro donne ad indossare veli per le strade, al fine di confermare la loro presenza nel paese, e pregare in qualsiasi luogo essi vogliano, per le strade, nei parchi e nei luoghi di lavoro. Chi non ama Israele dovrebbe andare a Gaza”. Dichiarazione, non c’è neanche bisogno che ve lo dica io, che sottintende un ben più violento: “Andate a crepare a Gaza e non rompeteci più i coglioni”.
Dall’altro lato Hamas che, oltre a continuare a schierarsi sempre e comunque contro l’unita del popolo palestinese, trovando nella violenza ad oltranza l’unica possibile via di fuga, e a tentare di eliminare, proprio come fa Israele, chi è troppo scomodo per poter continuare a parlare, invoca la terza Intifada. Una nuova Intifada in Cisgiordania, sotto il controllo dell’ANP, da scagliare (il verbo non è scelto a caso) contro gli ultimi “crimini di guerra” (e questa definizione io la condivido tutta e pienamente) di Israele.
Il punto allora è: come e quando si potrà vedere uno spiraglio di speranza in Palestina? Ora, con la terza intifada richiesta e i raid aerei che non si arrestano, quanto pensate manchi allo scoppio vero e proprio di un nuovo scontro? A questo punto sarebbe facile dire che non c’è più nulla da fare, ci si è provato per tanto tempo, adesso basta, che si scannino tra di loro. Invece una possibilità ancora c’è, bisogna solo cercare di riconoscere le proprie colpe, e soprattutto perdonare.
michael

venerdì 8 aprile 2011

A.A.A. Aiuti umanitari cercasi

"Farò piena luce su crimini e massacri e gli autori saranno puniti. Chiedo all’esercito di mantenere un comportamento esemplare e di astenersi da qualsiasi crimine, da violenze contro la popolazione e da saccheggi e invito tutta la popolazione a non cadere nella vendetta. Sarò il presidente di tutti gli ivoriani".
Queste le ultimissime parole di Ouattara, dopo che Gbagbo si trova assediato dalle forze internazionale e anche i suoi sostenitori sono ormai chiusi in una gabbia d’acciaio dalla quale difficilmente usciranno se non da perdenti. Gbagbo continua a dire che lui non riconosce i risultati delle scorse elezioni e, per questo, lui è l’unico presidente in carica, ma ormai poco manca: la sua fine è vicina. Può sembrare una frase piuttosto macabra, ma chi non è d’accordo con me nel credere che i peacekeeper dell’ONU altro non sono che militari ben armati che sparano appena qualcosa va storto? È quindi evidente che anche Gbagbo rischia la vita.
Forte di questa fine imminente il vero presidente tenta di riportare il sereno tra la popolazione, invita all’unità, promette una rinascita rapida e senza troppi dolori. Per questo chiede alle Nazioni Unite di togliere le sanzioni economiche che hanno bloccato tonnellate di cacao e chiede alle banche che prima lavoravano nel paese di tornare ad essere attive, così che l’economia riprenda e, con essa, la vita normale che la popolazione da troppo tempo aspetta.
Tutto ciò fa pensare al meglio, sembra che il paese si stia riprendendo in maniera positiva da una crisi che ha fatto pensare a un nuovo Rwanda (dio ce ne scampi!). Va premesso che nel mondo non tutto funziona così bene da permettere un cambiamento repentino delle situazioni e la Costa d’Avorio ha ora, di fronte a sé (buon lavoro Ouattara, ora vediamo se davvero sei il cambio che questo paese aspettava e aspetta), una crisi umanitaria che è ben lungi dal finire rapidamente. Gli ospedali sono pieni di feriti e i medicinali scarseggiano, la popolazione spesso è senza cibo perché questo on riesce ad arrivare ai mercati, gli scontri e le sanzioni dell’ONU hanno portato a un blocco del lavoro e con questo anche un blocco del pagamento degli stipendi, la popolazione è quasi sempre senza acqua (testimonianze raccontano di gente che esce la mattina presto per andare a ricercare ovunque l’acqua; si esce presto per “evitare” che altri la trovino prima).
Questa è la descrizione della situazione che qualsiasi paese deve affrontare una volta che fortunatamente finisce una guerra; l’unica nota dolente è che ogni volta che la guerra finisce tutto il mondo esterno se ne va e nella merda ci rimane solo chi lì vive, questi sono gli aiuti internazionali?
octavio

giovedì 7 aprile 2011

Monkeys do not see, do not hear, do not speak

September 10, 2010. I wrote a post on Terry Jones, the pastor who became famous for organizing the burning of the Koran to commemorate the past 9/11. The best representation of ignorance and fundamentalism that America has produced also write a book: “Islam is of the Devil”.
In recent days he is back to be talk about: he burned a Koran in his little church in Florida. Reactions weren’t swift and in few days protests have bloodied Arab countries: only in Afghanistan 21 deaths.
Now the pastor’s comment: “We have caused them with our action? Sure. But when lawyers, banks, journalists causing me, I cannot kill them”. Ie, to better explain his words, “I do what I do, I was proud to act in this way, I don’t care if people die”.
I always thought that Jones was a fool who lived in Florida; now, looking at the political trends that characterize this state, I understand why Jones is so blind and deaf.
The General Attorney of Florida is ready to pass a law to stop immigration: “Will be harder than Arizona”, this is his comment.
If approved anyone suspected of illegal immigration could be arrested, and we have to underline the world “suspected”, ie if the Police think you are illegal (the police think, not the police is sure) can arrest you.
Immigration law in Arizona has been changed by the request of the White House because against the Constitution, now we must wait, in order to see what will happens in Florida. But all this show us such as cancers the U.S. has to heal to be truly free.
octavio

Le gesta dei deboli

Giuseppe di Matteo, così si chiamava il bambino sequestrato il 23 novembre del 1993. Saranno 779 giorni di agonia, di spostamenti da un bunker all’altro. Il 1 dicembre del 1993 la famiglia riceve un Pizzino, con scritto: “tappaci la bocca”. Si riferisce al padre di Giuseppe: Santino di Matteo, arrestato e divenuto “collaboratore di giustizia”, così li chiamano i pentiti mafiosi.
Giuseppe Monticciolo, anch’egli boss ai vertici della cupola di Cosa Nostra, racconta in un libro il sequestro del piccolo bambino, che verrà poi ammazzato e sciolto nell’acido.
In contrada Giambascio il bunker dove è stato rinchiuso e ammazzato Giuseppe di Matteo doveva diventare un giardino d’infanzia dedicato al ragazzo. L’idea, da parte del sindaco di centro sinistra, era di farne un simbolo della lotta alla mafia, a Cosa Nostra. Ma l’amministrazione comunale ha cambiato volto e anche idea: il nuovo sindaco di destra Giuseppe Siviglia ha un poco rimpicciolito il progetto e ha deciso di intitolarlo alla memoria di tutte le “vittime della violenza”. Mi sembra ovvio. È giusto condannare la mafia, ma come la mettiamo quando essa è ormai una parte integrante dello stato? Facciamo un passo indietro.
La cupola vuole dare un chiaro segnale a quello “staterello” che c’è oltre lo stretto e quindi mette in opera una nuova campagna di guerra che fa saltare un pezzo degli Uffizi di Firenze e altre opere artistiche. Così lo stato per salvare il patrimonio artistico culturale dell’Italia decide di sacrificare quelli che lo stavano aiutando a sconfiggere la mafia. Sette stragi in sette città diverse: a Firenze, Roma, Milano. Undici mesi e novantatrè feriti, dieci vittime, e molti danni per l’arte italiana.
Ancora non si nulla dei mandati occulti, non si sa dei rapporti intercorsi con lo stato, non si sa nulla visto che le traversie giudiziarie sono finite nell’archiviazione per Silvio Berlusconi e Marcello dell’Utri.
E si torna all’inizio. La lotta alla mafia non è la lotta ai capi di Cosa Nostra, non è solamente una lotta alla cupola, ma deve essere una lotta all’infiltrazioni che essa ha nello stato, nel giro degli appalti, dei rifiuti. Ma tanto a nessuno interessa più di tanto, ognuno cura il proprio orticello, e l’indifferenza e il cinismo regnano sovrani, tanto che nonostante tutto Silvio Berlusconi è il nostro premier attualmente.
Come è possibile che l’Italia abbia scelto per l’illegalità e l’ingiustizia? Credo sia perché non importa a nessuno la verità, quello che importa è quello che io ti presento come verosimile, e se io comando tutte le televisioni e l’informazione non è nemmeno troppo difficile.
Ma non a tutti piace questa indifferenza, lo testimonia questo blog, lo testimoniano quelli che scendono ancora in piazza a manifestare, come scriveva qualcuno, anche se sono pochi e sembrano non avere peso.
Se valessero solo le gesta dei forti e dei potenti nella storia, Giuseppe di Matteo sarebbe morto invano. Ma non è così.
loner