mercoledì 30 dicembre 2009

Blocco dell'economia = morte di fame


Ottobre e novembre sono i mesi migliori per la raccolta delle olive ma questo lavoro può allungarsi fino a tutto il mese di dicembre a seconda delle caratteristiche e del tipo di oliva che viene raccolta. Il territorio palestinese ha sempre avuto come sua prima fonte di guadagno la raccolta e la vendita delle olive.
Sento la necessità di fare alcune precisazioni ai miei lettori: i checkpoint non sono solo i grandi posti di blocco per le macchine in entrate e uscita da ogni villaggio ma sono anche recinzioni in rete metallica con accesso controllato da soldati israeliani. È interessante notare come molti di questi checkpoint vengano costruiti attorno alle abitazioni del popolo palestinese così da impedire l’accesso ai campi coltivati. L’apertura della porta infatti ha precisi orari (che variano quasi ogni giorno) che possono essere rispettati o meno dai soldati, il tutto è lasciato al loro “buon” cuore. durante il periodo estivo e quello autunnale i cancelli non vengono quasi mai aperti così che o l’ulivo secca o la raccolta non si può fare.
I coloni hanno poi la “passione” di costruire le loro abitazioni sulle montagne o colline /terreno perfetto per la coltivazione dell’ulivo) e così il governo trasforma le aree rurali in terreno edificabile e gli oliveti vengono rasi al suolo.
C’è poi un altro gioco che ai coloni piace fare: dare fuoco alle intere colture.
“Vogliono spegnere la fiamma della libertà che è in noi… Vogliono asciugare la nostra rabbia con tutti i mezzi… Vogliono liberarsi di noi per poter occuparsi d’altro.” Bayt Sahur
momò

Non siamo occidentali, siamo africani!


Come scrive Piergiorgio Odifreddi nel suo libro “Il matematico impertinente”, i complessi di superiorità del Primo Mondo e quelli di inferiorità del Terzo Mondo si fondono su una credenza, quella che afferma che “siamo tutti occidentali”. Ironicamente, le conclusioni della genetica e della linguistica comparativa forniscono invece le prove del fatto che “siamo tutti africani”. Infatti non solo in Africa è nato l'Homo Sapiens, ma questo continente è anche il punto di partenza della “vera globalizzazione”, che ha portato alla scomparsa di tutte le altre forme di ominidi.
La linguistica comparata si basa sul confronto delle lingue e ha come scopo l'individuazione delle parentele vicine e lontane. Per esempio, l'assonanza di parole come pater in latino e padre testimonia una derivazione diretta, dovuta a una semplificazione fonetica. Altre affinità si scoprono notando che le consonanti si dividono nei vari gruppi (labiali,dentali,gutturali, palatali e linguali) a seconda di dove vengono pronunciate. La parentela fra consonanti di uno stesso gruppo permette di scoprire l'affinità di parole come pater(latino), fadar(germanico) e father(inglese). O papà e babbo, baba(turco e mongolo) e abba(ebraico e greco).
I nostri primi progenitori vissero tra i 200.000 e i 100.000 anni fa. Che “Adamo” ed “Eva” fossero africani lo si può dedurre da vari fattori, come il ritrovamento dei fossili umani più antichi nella zona sub sahariana; le etnie presenti oggi derivano tutte dal ramo subsahariano.
Circa 100.000 anni fa avvenne la prima scissione evolutiva da cui nacque la superfamiglia denè-caucasica, rimpiazzata poi dalle superfamiglie australiana, indopacifica ed euroasiatica. Gli euroasiatici tornarono poi in parte nel Nord Africa, dando origine alla superfamiglia afroasiatica. Un'altra parte migrò invece nelle Americhe, dando origine alla superfamiglia degli amerindi.
Se questa ricostruzione è corretta, allora le superfamiglie a cui abbiamo accennato provenivano tutte dall’Africa, quindi è da qui che proviene la grande rivoluzione umana, quella che ci caratterizza come specie: un cervello grande, adattabile, capace di portarci ai quattro angoli del Pianeta e, oggi, anche nello spazio. Questi primi colonizzatori del pianeta erano probabilmente alti e di pelle scura: nessuno dovrebbe dimenticarlo.
cybertwin

lunedì 28 dicembre 2009

Pubblicamente corretti


Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire si dice in Italia quando si ha di fronte una persona ottusa e che non vuole, in nessun modo, capire. Mi piacerebbe sapere la sua traduzione in lingua ebraica. Israele ha infatti annunciato la costruzione di 700 nuove abitazione nei territori limitrofi a Gerusalemme est. Il Ministero per l’Edilizia ha lanciato ieri le gare di appalto per le prime 200 case. Tutto ciò avviene dopo l’accordo firmato con gli USA per una sospensione degli insediamenti di 10 mesi in Cisgiordania. Qui sta la furboneria, o la noncuranza americana, o forse, semplicemente, il vero accordo tra USA e Israele: Cisgiordania non vuol dire territori limitrofi a Gerusalemme.
Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, ha fatto sapere che non siederà ai tavoli dei negoziati fino a che Israele non bloccherà le costruzioni edilizie e sapete qual è stata la risposta d’Israele? In parole povere “O accetti quello che facciamo e ti siedi ai negoziati oppure stai pure a Ramallah”. È perché loro possono permettersi di dire questo? Perché la stessa cosa hanno detto gli USA alla Palestina, dicendo prima in tv (la grande tv) che l’America si diceva dispiaciuta delle nuove costruzioni progettate da Israele. Ah, scusate, mi sono dimenticato di dire che in America e Israele è da ieri iniziata la Fiera dell’Incoerenza.
momò

Chi ha paura dell'uomo nero?


"Non ti ricordi di Ken Saro Wiwa?" Così una delle band italiane più importanti degli ultimi anni, il Teatro degli Orrori, ha voluto rammentare al mondo l'assassinio di questo poeta e scrittore Nigeriano, una di quelle persone che contraddicono chi pensa che la cultura sia monopolio dell'Europa o dell'America.
Per prima cosa riuscì a dare regole e importanza al linguaggio "Pidgin", quell'Inglese/Africano che si parla in Nigeria. Scrisse poesie e opere teatrali, e presto divenne una personalità di spicco anche politicamente, schierandosi contro quell'Occidente che di fatto comandava nel suo paese. Fondò il MOSOP (Movement for the Survival of the Ogoni People), che raccolse moltissimi consensi anche all'estero; venne messo in prigione per alcuni mesi, senza processo, nel 1990.
Essendo stato accusato di aver spinto le folle all'omicidio di alcuni oppositori del MOSOP, Ken Saro Wiwa venne arrestato ancora altre due volte nel 1994 e poi impiccato pubblicamente,assieme ad altri 8 attivisti.
Nel 1996 la Shell, multinazionale del petrolio, si vide avviata una causa per essere stata coinvolta nel'assassinio del poeta. Il processo non servì a nulla: la Shell riuscì a cavarsela con un risarcimento di 15 milioni e mezzo di dollari, senza però dichiararsi mai colpevole.
A quanto pare la libertà portata dall'occidente e dalla sua economia comprende anche il fermare la libertà dei paesi stranieri.
zecca

domenica 27 dicembre 2009

A proposito di terrore


C’era una volta un popolo, tra qualche anno forse non esisterà più. Oggi è il triste anniversario dell’arcinota azione Piombo Fuso, l’attacco a Gaza svolto dai militari Israeliani. Attacco voluto anche da colei che ora è accusata di crimini di guerra: la signora Livni. Attacco giustificato dalla stragrande maggioranza delle nazioni occidentali (in particolar modo USA) e non tacciato di attacco terroristico. Non si è voluto dare il vero nome a quello che accadeva. Se di terrorismo si deve parlare, allora parliamone con precisione e definiamo coloro che hanno voluto questo attacco con il loro giusto nome: terroristi.
Nel giro di pochi giorni la striscia di Gaza ha visto attacchi aerei, bombardamenti, attacchi via mare e via terra con l’utilizzo di nuove armi che hanno portato oggi a cosa? A un nulla di fatto!
Per i palestinesi rimane ancora qualcosa: l’embargo rimane, la difficoltà di uscire dai checkpoint, anche per cure mediche, rimane, le nuove armi utilizzate hanno portato danni irreversibili ai corpi mutilati (ho visto bambini di 5 o 6 anni senza braccia, gambe, completamente senza pelle a causa del fosforo), hanno portato danni irreversibile alle madri che partoriscono bambini deformi. Ha portato morti per fame, ha portato paura e lacrime negli occhi dei bambini costretti al buio continuo causa il blocco elettrico costante. Ha portato morte.
È difficile scrivere se si guardano le vere foto dell’accaduto: giovani mutilati, bambini ammazzati, genitori disperati, anziani torturati. E oggi è ancora così.
momò

Cyber intrusioni

Mi è stato chiesto di scrivere un articolo e mi è stato consigliato di parlare di informatica. Personalmente preferisco parlare di fisica piuttosto che di informatica, così per accontentare tutti ho deciso di parlare di entrambe le scienze nello stesso articolo, in particolare cercherò di spiegare cos'è e come funziona un computer quantistico.
È necessario introdurre un principio che sta alla base della meccanica quantistica: il principio di sovrapposizione. Questo principio afferma che i sistemi microscopici si trovano in uno stato quantistico costituito dalla sovrapposizione, cioè dalla combinazione lineare in termini matematici, di tutti i possibili stati in cui esso può esistere. Per capire meglio questo principio, contrario al “buon senso”, facciamo un esempio. Supponiamo di avere due palline, una rossa e una blu. Separiamo le palline mettendone ciascuna in una scatola. Mescoliamo le due scatole in modo da non sapere più dove si trova nè quella rossa nè quella blu. In meccanica quantistica ora ogni pallina è sia blu che rossa(notare che la pallina non è metà rossa e metà blu, ma completamente rossa e blu allo stesso tempo). Se apro una delle due scatole la pallina assumerà uno dei due colori in modo probabilistico, se diventa rossa allora l'altra diventa istantaneamente blu e viceversa. Definiamo anche lo stato fondamentale(E0), ovvero lo stato in cui si trova un atomo quando possiede la minima energia. Dopo questa premessa sorge spontanea una domanda: qual è la differenza sostanziale tra un computer quantistico e un computer classico? Il computer classico usa come quantità minima d'informazione il bit, che può assumere o il valore 0 o il valore 1. Il computer quantistico utilizza invece il qubit. Immaginiamo un atomo di idrogeno nello stato fondamentale, cui corrisponda una quantità di energia E0. Per scrivere un bit 0 su questo atomo non si fa nulla; per scrivervi 1 si eccita l’atomo portandolo a un livello energetico superiore, E1. Ciò si ottiene immergendolo in una luce laser costituita da fotoni. Se il fascio laser ha la giusta intensità ed è applicato per un tempo appropriato, l’atomo passa gradualmente dallo stato fondamentale allo stato eccitato perché il suo elettrone assorbe un fotone. Se l’atomo si trova già nello stato eccitato, lo stesso impulso gli fa emettere un fotone e lo fa passare nello stato fondamentale. In termini di registrazione di informazione, l’impulso ordina all’ atomo di cambiare il suo bit. Se però la luce appropriata viene applicata per metà del tempo necessario a far passare l’atomo da 0 a 1, quest’ultimo si viene a trovare in uno stato simile alla sovrapposizione dello stato corrispondente allo 0 e dello stato corrispondente all’1. Questo bit quantistico viene commutato solo a metà, mentre il bit classico vale sempre 0 o 1. Ora se in un computer classico voglio rappresentare il numero 57, avrò bisogno della sequenza 111001 formata da 6 bit. Supponiamo invece di avere 6 bit quantistici e di prepararli tutti nel loro stato di sovrapposizione tra 0 e 1. Otterremo ben 64 stati diversi, in cui troveremo non solo il numero 57, ma tutti i numeri naturali da 0 a 63. Se volessimo memorizzare solo il 57 dovremmo sottoporre lo stato finale a opportune manipolazioni. E’ però interessante segnalare come lo stesso numero di bit necessari per immagazzinare, a livello classico, un numero di 6 cifre, ci consente di disporre potenzialmente della registrazione di tutti i numeri con un massimo di 6 cifre in notazione binaria. Con 6 qubit i 64 stati possono essere memorizzati contemporaneamente grazie al principio di sovrapposizione. I computer quantistici hanno quindi maggiori potenzialità rispetto ai computer classici perché consentono la possibilità di eseguire operazioni che finora richiedevano tempi di calcolo lunghissimi, e che erano quindi praticamente irrealizzabili. Nonostante la realizzazione di computer quantistici funzionanti richiederà ancora molti anni, è già stato costruito il primo processore quantistico a 16 qubit, che lascia sperare in una rivoluzione nel campo dell'informatica.
cybertwin

Marc Bloch


In quello che è forse il suo libro più famoso, Apologia della storia o mestiere di storico, Marc Bloch difende la legittimità della storia come scienza degli uomini nel tempo, attraverso le tracce del passato e la critica insegna il metodo storico.
Inoltre afferma che “l’ignoranza del passato non si limita a danneggiare la conoscenza del presente, essa compromette, nel presente l’azione stessa.” Per lui la storia non fu solamente un oggetto di studi ma qualcosa da “fare”.
Dopo aver combattuto nella Grande Guerra, per le sue azione fu premiato con la Légion d’honneur, partecipò poi alla resistenza nel secondo conflitto mondiale contro il governo di Vichy. Catturato morì fucilato dai tedeschi.
Sempre nell’Apologia della storia scrive: “L’incompiuto, se tende eternamente a superarsi, esercita su ogni spirito un po’ ardente una seduzione pari a quella della più perfetta riuscita.” E’questo spirito che affascina di questo storico, voler studiare e vivere il suo tempo cercando di capirlo e di fare il possibile per migliorarlo.
Raccontando della ricerca di documenti paragonandola a un imbarco dice: “L’abitudine alla ricerca non è affatto contraria, in effetti, a un’accettazione abbastanza naturale della scommessa con il destino.”

IoLiOdioINazistiDellIllinois

sabato 26 dicembre 2009

Per chi il Natale è solo dolore.


Il giorno di Natale solitamente è gioia e ritrovo dei parenti, in lunghi banchetti dove si pensa solo allo star bene del corpo e spesso si dimentica il resto del mondo. Il giorno di natale per chi non è cristiano è una giornata come le altre, nulla di più. Il giorno di Natale per i commercianti di Betlemme e il momento centrale delle loro vendite, ma ormai non hanno più rifornimenti di oggetti sacri a causa del muro e quindi muoiono di fame. Il giorno di Natale per chi sta vicino a Jenin non è mai di gioia perché, anche se non cristiano tu volessi festeggiare in casa con i tuoi parenti, non potresti: la casa ti viene demolita. Questa è la storia di Samir Mohammed, Nael Ahmad, Mohammed Yuossef, Omar Mohammed, Yasser, Ahmad, Mohammed Zuhair, Mohammed Sobhi che da ieri non hanno più la casa. Ma è anche la storia di altri tre anonimi cittadini arrestati che hanno fatto il cenone di Natale in carcere. E ancora la storia dei cittadini dei villaggi limitrofi che hanno passato il Natale sotto i raid aerei o dei pescatori di Gaza che hanno ricevuto in dono un’attacco militare in grande stile che ha distrutto le loro barche.
E allora Buon Natale a chi non ha più niente!
momò

venerdì 25 dicembre 2009

Alla ricerca del tempo perduto


Mentre Betlemme veniva maggiormente blindata per la messa di Natale (non so come si possa blindare di più dato che il muro le corre tutto intorno) in Cisgiordania un civile israeliano veniva ammazzato da colpi di arma da fuoco. Questo è il caso emblematico, doloroso ma esplicativo di ciò che sto dicendo da un po’ di tempo. La violenza non si ferma con altra violenza. E devo allora trattare tematiche care anche all’Italia. È OVVIO che il gesto violento va condannato, ma la solidarietà? Io non credo come Obama che esistano guerre giuste o necessarie, stiamo scherzando?
Quale speranza, quale solidarietà se anche il nobel per la pace è a capo della guerra? Gorkij in un suo libro fa dire a una povera donna: “Ma voi sapete cos’è un uomo? Un uomo?”. Questa domanda io la ripropongo ai signori della guerra, a coloro che per denaro calpestano i poveri. Ma attenzione ormai la guerra non si fa solo con le bombe, la si fa anche con le pandemie, con le centrali nucleari, con i muri.
Che futuro allora? Normalmente a questa domanda di risponde: “Beh c’è ancora tempo per pensarci”, no! È adesso che bisogna dire che è l’uomo che va seguito. “Siate l’inno di chi è senza inno” dice un poeta palestinese, ecco perché non si può dormire più. «In amore non può esserci tranquillità, perché il vantaggio conquistato non è che un nuovo punto di partenza per nuovi desideri» è scritto nella nostra presentazione, ecco l’amore, non quello (pieno di interessi) che viene sbandierato in Italia.
momò

giovedì 24 dicembre 2009

Ricordo natalizio


Quando si va al sud di Giaffa verso la nostra città al nord, ricordati bene… un giorno percorrerai questa strada e non dovrai perderti né avere l’aria di uno straniero che sbarca al Paese… alla tua destra troverai Salama, in questo villaggio riposa uno dei compagni del profeta e il villaggio è riconoscibile per la cupola del santuario. È circondato da campi di grano e d’avena, di banani e aranci. Salama era un piccolo villaggio ma aveva solo cinque caffè e una piccola compagnia d’autobus, la “Salama-Abassiya Automobile Company”. Il villaggio è caduto il 30 aprile 1948. Ben Gurion venne a visitare il sito e quel giorno annotò che vi era rimasta solo una “vecchia donna cieca”. Dopo Salama passerai per Masudie e poi Jarisha, e allora dovrai dirigerti verso Jammasin e…
Un giorno tu percorrerai questa strada. Ricordati bene i nomi e non ti preoccupare se non troverai tutti questi villaggi. La maggior parte sono stati rasi al suolo. Non ti preoccupare, essi ti vedranno perché sono ancora là. La terra è ostinata.
Elias Sanbar


Buon Natale a tutti i nostri lettori.

momò

mercoledì 23 dicembre 2009

Tacito rimase scioccato


Il 30 giugno 2009 è la data di chiusura dei processi gacaca in Rwanda, giorno storico per lo sviluppo della giustizia contro i crimini di guerra e il genocidio dei tutsi. Questi processi, di stampo tradizionale, sono nati nel 1994 per “aiutare” il tribunale istituito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU a terminare in tempi brevi le centinai e centinaia di pratiche giudiziarie aperte. Sembrò un passo decisivo la chiusura di tali processi dato che le loro decisioni portavano nuove violenze e ritorsioni a tutta la popolazione. Il problema nacque però quando tutti i casi si spostarono sull’ONU: le sue strutture non sono ancora riuscite a terminare i casi. È di ieri la decisione del Consiglio di Sicurezza di dare come scadenza ultima il 2012 come fine dei processi avviati. Da lungo tempo la popolazione lamentava la troppa lentezza nei processi e l’elevato costo delle azioni legali. Il problema ora si pone sul tempo. Una data così breve e perentoria preoccupa la popolazione rwandese che ha già visto nel 2008 vedere cambiare il giudice dichiaratamente corrotto. L’attenzione è spostata sui nuovi giudici e i legali degli accusati che potrebbero iniziare a chiedere trasferimenti di processo o altre azioni legali atte a ritardare lo svolgersi degli stessi. Ad oggi poco più dell’80% dei processi è stato concluso con pene di vario grado. Questo 20% rimane quindi nell’oblio della disorganizzazione. La gente ancora muore di fame, rischia ancora di essere maltratta per la sua origine etnica tutto nel ricordo di un aiuto che arrivò solo a genocidio finito.
momò

martedì 22 dicembre 2009

c'era una volta un re


Oggi è l’anniversario dell’adozione della Costituzione Italiana, firmata poi da De Nicola il 27 dicembre 1947. Pensando al secondo dopoguerra e all’assemblea costituente rimane un mistero per me, guardando i politici di oggi, come abbiano fatto persone di ideologie così diverse a scrivere un testo simile. Oggi ci sarà pure un nuovo clima di “amore”, soprattutto le iniziative leghiste lo testimoniano, ma non trovo nei nostri parlamentari la passione alla “cosa pubblica”, al cittadino, all’uomo, a un principio superiore di giustizia e libertà necessari per occuparsi sinceramente della legge per tutti. Basta guardare a chi componeva l’assemblea costituente, al curriculum professionale e umano di persone che avevano combattuto, studiato e lavorato per questo stato. Guardando la biografia di buona parte dei deputati, deputate, ministri e ministre attuali sorge, quanto meno, un senso di tradimento.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

Nuovi muri crescono


È un po’ di giorni che sto seguendo gli sviluppi delle notizie e dei commenti sulla costruzione, già in atto, di un nuovo muro nella città di Rafah che bloccherà i viaggi tra Gaza e l’Egitto. Come sempre la giustificazione è la sicurezza, il voler bloccare l’accesso di contrabbando dagli ormai noti tunnel sotterranei. Sarà lungo 10 km circa e arriverà fino a 30 metri sottoterra in acciaio rinforzato antifuoco e antibomba. Ho letto sui giornali italiani che nessuno grida allo scandalo ma là, in Palestina, si susseguono manifestazioni contro questa nuovo gigantesco mostro. E ho notato che molti, nel mondo di internet, hanno alzato la voce. Anche io faccio la mia parte allora. Io continuerò a ripetere che un muro non risolverà nessun problema, non ci sarà meno violenza se si continua a reprimere violentemente. E voglio tornare a pensare al mio post di ieri cercando di essere ancora più precisa; mi devo correggere non stiamo assistendo a un nuovo reality stiamo assistendo alla caccia al topo. Nel mese di Natale, nella città da cui proviene questo natale si vede solo la disfatta dell’umanità.
- Caino disse al fratello Abele: “Andiamo in campagna!”. Mentre erano in campagna, Caino alzò contro il fratello Abele e lo uccise.
Non so se questo passaggio vi ricorda qualcosa.
momò

lunedì 21 dicembre 2009

Quale educazione?

Prima di iniziare a lavorare alla scuola materna non credevo che educare fosse così difficile, se vedi le cose dall'esterno sembra tutto abbastanza semplice, credi di sapere già come comportarti "tanto sono bambini...". No, non è così.
Ho imparato che devi sare attento anche soltanto ad ogni piccola parola che dici, tu per loro in quel momento sei una "autorità", anche se stanno con te poche ore al giorno e tutto quello che dici o che fai è un esempio.
Nulla è mai neutrale, attraverso gli strumenti che usi passa e si trasmette il tuo significato dell'esistere, e quindi viene trasmesso il tuo modo di vivere.
Ho imparato che quello che devi trasmettere è innanzi tutto la gioia, il saper stare insieme agli altri, devono imparare da te persino il gioco, ma soprattutto l'amicizia, fargli capire che l'amicizia, anche se difficile per loro, essendo così piccoli, è una cosa che va costruita, perchè i litigi ci sono a tutte le età.
Ho imparato che educare significa anche accompagnare e tu non sei quello che impone, ma colui che stando in compagnia del quale si sente crescere.
Ho imparato che un insegnante, un educatore, deve avere pazienza e amore, in modo tale da rendere questa professione "vocazione" e "missione".
La scuola materna, come altrettanto l'asilo nido, non sono "parcheggi", come purtroppo molti genitori considerano, ma luoghi in cui ogni istante imparano e tuo compito è avere a cuore e preoccuparti della loro crescita, sotto ogni punto di vista.
Non ho mai avuto, fino a qualche anno fa, una buona opinione della scuola materna o dell'asilo nido perchè ho sempre pensato che fosse per i bambini un' esperienza negativa, forse perchè avevo solo nella mia mente impressi i pianti al momento del distacco con il genitore. Ora però la mia idea è cambiata, credo che sia un'esperienza positiva che stimola e che ti provoca già da piccolo, e anzi, credo che in alcuni casi sia più costruttivo per il bambino stare alla scuola materna piuttosto che a casa, perchè putroppo spesso è abbandonato a sè stesso, ma soprattutto alla tv, la quale "distrugge" tutto il lavoro costruito con l'educatore. Tutto ciò naturalmente è valido solamente se alle spalle c'è una scuola con una passione educativa e che desidera collaborare alla società futura e al mondo.
Sembrerà strano e paradossale ma ho imparato molto dai bambini in questi pochissimi anni e altrettanto ho ancora da imparare, un po' come loro..
noemi.

Big brother


Il quotidiano Haaretz ha pubblicato la notizia della decisione del governo israeliano di iniziare un’opera di catalogazione e di catasto su tutte le case “indebitamente” abitate dai coloni. Le case vengono occupate dai coloni abusivamente e con la forza portando all’abbandono della stessa dai civili palestinesi. Questo grande lavoro di catalogazione inizierà fin da subito con foto aeree delle zone a maggior densità di occupazione, ma si dice anche che le forze militari israeliane saranno chiamati a evacuare i coloni "solo in casi di emergenza evidente”. Forse ho perso la voglia di sperare in positivo, soprattutto ora che è natale, ma credo che sia una nuova intuitiva trovata dello stato israeliano per maggior controllo dei territori occupati. Abbiamo un nuovo Grande Fratello che sta per iniziare, il blocco e l’impedimento di uscire dalle case già c’è con il muro e con i coprifuoco, ora inizia il controllo dall’alto. È evidente che le foto non sarà solo sulle case occupate ma sulla vita quotidiana di un popolo che soffre non solo moralmente ma anche fisicamente. E ci sarà anche una nuova prova da superare in questo nuovo reality: il gelo, iniziano infatti i blocchi di gas e luce quotidiani anche in quelle regioni montagnose dove rimane la neve fino a marzo.

momò

sabato 19 dicembre 2009

Nuovi presepi


1. 24/06/2009: Mohammed Khalil Abu Rahma (23 anni)
2. 24/06/2009: Moatassem Faisal Al-Khatib (17 anni)
3. 26/06/2009: Khaleel Ibrahim (15 anni)
4. 26/06/2009: Kamel Alkhateeb (15 anni)
5. 29/06/2009: Emad Mahmoud Yassin (16 anni)
6. 29/06/2009: Hosni Rasim al-Khatib (16 anni)
7. 29/06/2009: Mohsen Kateb (16 anni)
8. 29/06/2009: Hamoda Yaseen (16 anni)
9. 30/06/2009: Suleiman Seif (17 anni)
10. 5/07/2009: Oda Rebhe Abu Rahma (20 anni)
11. 5/07/2009: Mahmoud Issa Yassein (17 anni)
12. 7/07/2009: Abdel Muamer Majdi Abu Rahma
13. 10/07/2009: Adeeb Abu Rahme
14. 17/07/2009: Muhammed abde Fatah al Burnat (21 anni)
15. 19/07/2009: Imad Burnat (37 anni)
16. 3/08/2009: Khaled gut Show Alrazic Abd-al-Khatib (23 anni)
17. 3/08/2009: gut Mustafa Show Alrazic Abd-al-Khatib (18 anni)
18. 3/08/2009: Mohammed Abd-gut Mostra Alrazic Al-Khatib (16 anni)
19. 3/08/2009: Abdullah Ahmad Yassen (18 anni)
20. 3/08/2009: Abdullah Mohammed Ali Yassen (16 anni)
21. 3/08/2009: Issa Mahmoud Issa Abu Rahma (40 anni)
22. 3/08/2009: Mohammed Khatib (35 anni), Liberato il 18/08/2009 uno Condizione di presentarsi al posto di polizia tutti i venerdì e di restarci fino alle ore 17, fino alla fine del Suo processo
23. 15/08/2009: Nashmi Mohammed Ibrahim Abu Rahma (14 anni)
24. 20/08/2009: Mohammad Abu Rahma alias Abu Nizar (50 anni), Liberato dietro Cauzione il 23/08/2009
25. 29/08/2009: Tofik Ashraf Mohammad Jamal Al-Khatib (29 anni)
26. 29/08/2009: Hamru Hisham Bornat (24 anni)
27. 1/09/2009: Abed BaseT Mohammed Abu Rahme (19 anni)
28. 25/09/2009: Haitham al Khatib (33 anni)
Siamo a Bi'ilin villaggio da dove sono iniziate le campagne intimidatorie contro i Palestinesi Che protestano contro il muro e contro il blocco economico. Ieri una nuova notizia altri venti arresti stavolta tra Gerusalemme e Betlemme. Hanno tutti già usato l'immagine di Gesù Che nasce in una città bloccata dal muro, QUEST'ANNO CI Sarà una novità nel presenpe: via i pastori e le pecore. I primi Saranno sostituiti da una prigione Che li Possa contenere, le seconde sdraitale così Che Siano morte o di fama o Perché UCCISE.
momò

venerdì 18 dicembre 2009

La decima possibilità si chiama Grazia

Devo preparare l’esame di diritto penale II, e a parte dover imparare 900 pagine, il professore ci ha fatto studiare due casi già passati in giudicato, facendo scegliere a noi se difendere il colpevole o rappresentare l’accusa.
Uno di questi casi riguarda la denuncia dei familiari di una donna sposata con un uomo sieropositivo, che per anni gli ha tenuto nascosta l’esistenza della sua malattia, causandone così la morte.
Il primo istinto che mi è venuto è quello di rappresentare l’accusa per “farla pagare” a quest’uomo che, senza nemmeno avere letto gli atti del processo, già ritenevo colpevole.
Mi sono chiesta solo dopo come mai l’istinto è sempre quello di condannare una persona senza nemmeno aver ascoltato le due difese.
Semplice, pensavo, colpa = condanna. Ma se è così allora a che serve il sistema giudiziario?
È vero che esistono delle regole e che se non vengono rispettate ci deve essere, per forza, una punizione, altrimenti se non esiste la paura della sanzione a livello sociale, la norma perde il suo valore.
Ma è tutto qui? Chi sbaglia, è condannato a pagare e per lui non c’è nessuna possibilità?
Tornando all’esempio di prima, mi è bastato leggere le prime due righe di riassunto che anticipavano i fatti esposti nella sentenza perché la mia mente lo ritenesse colpevole e meritevole della pena sancita per dolo.
Anche se non fosse colpevole, o anche se ci fossero delle motivazioni valide al suo comportamento, non importa io l’ho già marchiato: è colpevole, deve pagare.
Pensavo, però, che tutti hanno diritto a una difesa, e anche qualora uno fosse colpevole la pena deve essere rieducativi altrimenti a cosa serve?
“Voi dimenticate un particolare…Voi dimenticate Dio… E Lui si beffa altamente della logica del mondo… Se la speranza non esiste allora cosa ci faccio io qui questa notte? Voi avete ragione, ma ragione secondo la maniera dei medici, degli psichiatri, degli psicologi, ossia nove volte su dieci. Ma la decima possibilità mio caro si chiama Grazia… ” Non può esserci - conclude Lamy - “giustizia senza amore.” Ho letto questo passo in un libro di Cesbron, e mi sono chiesta dov’era finita in me questa convinzione per cui la giustizia non può esserci senza amore.
La stessa convinzione che mi ha accompagnato all’inizio dei miei studi ma che pian piano è andata scomparendo. Sono diventata succube dello stesso stato “sociale” perbenista, nel quale vige la legge del più forte, per cui se sbagli, indipendentemente dal motivo per cui sbagli, devi pagare. Non si guarda più al particolare ma si resta solo in superficie. Lo stesso ho fatto io quando mi sono accostata al caso menzionato prima. Sono rimasta in superficie, avevo già condannato tizio nella mia testa senza scendere nel suo particolare di uomo, senza chiedermi il perché delle sue azioni. Era colpevole e doveva pagare.
Lo stesso spirito colpevolista, per cui l’importante è, se si viola una legge, infliggere una pena esemplare per dare un buon esempio a tutti, questo stesso sistema che criticavo nei miei professori diventava inconsciamente parte di me.Per fortuna, però, a volte c’è qualcuno che ti ricorda che la decima possibilità si chiama Grazia.
loner

Terra!


Nel 2008 Ehud Olmert presentò ad Abu Mazen una cartina del territorio israeliano suddiviso in maniera da poter far nascere uno stato palestinese ma Abu Mazen non rispose nulla a tale proposta. Ieri il quotdiano Haaretz ha pubblicato la cartina e a guardare sembra che le condizioni proposte da Olmert siano accettabili, le sue promesse a parole sembrano quasi allettanti. Olmert intendeva annettere a Israele il 6,3% della Cisgiordania, in aree che ospitano il 75% della popolazione ebraica che vive in quel territorio. La sua proposta avrebbe comportato lo sgombero di decine di insediamenti dalla valle del Giordano, dai colli della Samaria orientale e dalla regione di Hebron. In cambio dell’annessione a Israele di Ma'aleh Adumim, del blocco Gush Etzion, di Ariel, di Beit Aryeh e degli insediamenti attigui a Gerusalemme, Olmert proponeva il trasferimento al territorio dei palestinesi di terre equivalenti a un 5,8% della Cisgiordania più una corridoio garantito fra Hebron e striscia di Gaza.Vi invito quindi a prendere una cartina del territorio israeliano e notare che la maggioranza di questi nome in realtà sono kibbutz stanziati nel deserto de Negev (non molte possibilità agricole quindi), viene poi annullata l’idea, che inizialmente circolava, di concedere anche i colli orientali di Lachish, questi a suo dire sono meglio per i coloni sfollati (capisco questa mossa in senso militare, sui colli si controlla meglio). Altra grande trovata è la proposta di una grande autostrada che colleghi Gaza a Hebron senza presenza di militari israeliani, ciò ad una condizione: niente soldati se il territorio rimane di sovranità israeliani (ciò significa che i soldati posso comunque entrare quando vogliono e il terreno potrà successivamente essere cambiato di destinazione).
Dietro a tutto questo anche l’ombra di un accordo non scritto con l’ex presidente Bush per far ottenere a Israele aiuti finanziari che servissero allo sviluppo di quelle zone del Negev non date ai palestinesi e della Galilea che avrebbero ospitato i coloni sfollati. Chissà perché i coloni sfollati vengono tutti mandati sui territori di confine più importanti.
momò

giovedì 17 dicembre 2009

Dag Hammarskjöld


Pur studiando Storia, compreso il secondo dopoguerra e la guerra fredda, non ho mai incontrato nei testi o nelle spiegazioni dei docenti qualcuno che parlasse o accennasse a Dag Hammarskjöld. E’ stato un amico a citarlo e a farmi incuriosire. Propongo la sua figura sia per il suo lavoro diplomatico, che almeno in due casi ha contribuito a distendere la tensione tra mondo capitalista e mondo comunista, sia per la discrezione con cui ha svolto questo ruolo, in un modo così silenzioso per i nostri giorni da risultare enigmatico.
Veniamo ai fatti. Mister H. (come lo chiamarono i giornalisti americani dopo aver definito il suo nome “impossibile”) divenne segretario generale dell’ONU nel 1953 a coronamento di una brillantissima e rapida carriera diplomatica. Il 13 gennaio 1953 un aereo in forza al comando dell’Onu in Corea era stato abbattuto presso la frontiera Cinese e degli undici americani che formavano l’equipaggio non si era saputo più niente. Il 14 novembre ’54 un dispaccio di Radio Pechino recita: “il popolo cinese ha condannato a pesanti pene detentive undici aviatori americani accusati di spionaggio”. La Cina puntava a un seggio permanente all’ ONU ed era apertissimo il problema riguardante l'isola di Formosa.
Hammarskjöld ebbe il mandato “affinchè attui continui e costanti sforzi per il rilascio delle persone in oggetto, con i mezzi più appropriati a suo giudizio”. In Cina lo accolsero, dell’incontro con Ciu-En-Lai non c’è registrazione o scritti. Quello che si sa è che il 30 luglio, il giorno dopo il compleanno di mister H, fu rilasciato il primo degli ostaggi.
Anche nella crisi di Suez, inventandosi la prima Forza di Emergenza delle Nazioni Unite (UNEF), si pose come mediatore e allontanò ancora una volta lo spettro di una guerra totale.
Fu la crisi del Congo e probabilmente il dover trattare con Ciombe a costargli l’ultimo volo su un aereo che misteriosamente precipitò uccidendo tutto l’equipaggio, era la notte tra il 17 e il 18 settembre 1961.
In quell’anno gli venne attribuito postumo il Premio Nobel per la Pace.
Dal suo diario si può conoscere la profondità di questo diplomatico del quale oggi poco si ricorda.
Ho voluto parlare di Mister H perché in questo momento dove la tensione nazionale e internazionale aumenta giorno per giorno si ricordi l’esempio di chi ha lavorato per il dialogo tra i popoli.

IoLiOdioINazistiDellIllinois

In quattro giorni


Inizio a domandarmi se vale davvero la pena continuare a scrivere, continuare a ripetere sempre le stesse cose, le stesse atrocità. E allora prima del consueto post mi preme dire che non ho interesse nella semplice denuncia, non ci si può accontentare solo di alzare la voce. Io so come alzano la voce i soldati israeliani, so cosa vuol dire avere un mitra addosso per un semplice controllo passaporti; non vorrei ridurmi a essere come loro. Non sono però un uomo politico (forse non vorrei neanche esserlo perché come dice un mio amico palestinese politica è corruzione) e non posso cambiare le sorti della Palestina da solo. Posso solo dire, stavolta sì, a voce alta che non c’è pace senza un dialogo riuscito. Non c’è pace senza giustizia, ma soprattutto non c’è pace senza un perdono. L’ho sentito una volta a un convegno culturale e ho pensato che sarà difficile da attuare o accettare ma è una verità. Tutta questa enorme premessa per poter metter con nuova fiducia qui sotto un nuovo bollettino di guerra:

12 dicembre ’09 Un gruppo di ebrei fondamentalisti ha dato fuoco all’alba a una cospicua sezione della Grande Moschea di Yasouf (West Bank), sulla parte non distrutta dal fuoco hanno scritto con bombolette la frase “Vi bruceremo tutti”.

15 dicembre ’09 Soldati israeliani hanno attaccato con cani e armi due bambini palestinesi a Salfit e Hebron.

15 dicembre ’09 in un villaggio vicino Nablus è stata arrestata una famiglia intera, composta dall’anziana madre 5 figli e la moglie del figlio più grande, per ragioni non precisate. È stata emessa sentenza di arresto per i figli con permesso di visita dei parenti ogni 8 mesi.

15 dicembre ’09 Grande attaccato della marina israeliana contro i pescatori palestinesi abitanti nella striscia di Gaza a causa dell’embargo. I pescatori erano usciti in mare per poter avere qualcosa in più da mangiare oltre le poche razioni che vengono lasciate passare dalle frontiere.

Ho voluto riportare solo i fatti più eclatanti.
momò

mercoledì 16 dicembre 2009

Como se mueve en su pantalone blanco


Stamattina i quotidiani palestinesi riportavano una notizia molto importante: Israele ha avvertito la Gran Bretagna di non poter svolgere “un ruolo attivo nel processo di pace” in Medio Oriente se non prenderà provvedimenti per impedire il perseguimento dei funzionari israeliani da parte di un tribunale britannico. Hanno poi aggiunto: “i leader d’Israele non possono visitare la Gran Bretagna in un ambiente dignitoso e rispettabile e questo è un ostacolo naturale al processo di pace”. Ormai non mi stupisco più di nulla, sono abituato al cinismo. Ma quello che mi interesse sottolineare è che ora il reo è confesso.

momò

martedì 15 dicembre 2009

Crimini di guerra


È ormai notizia risaputa che nella famosa operazione Piombo Fuso l’esercito israeliano abbia usato armi nuovi, la popolazione sia stata usata come test umano. L’arma in questione viene chiamata DIME che significa “Dense Inert Metal Explosive”. Si tratta di un involucro di carbonio che al momento dell’esplosione si frantuma in piccole schegge e nello stesso momento fa esplodere una carica che spara una lama di polvere di tungsteno caricata di energia che brucia e distrugge con un’angolatura molto precisa quello che incontra nell’arco di quattro metri.
Non voglio dunque ripetere ciò che è già stato detto.
Volevo solo sottolineare una notizia data ieri da al-jazira: un presunto ordine di cattura internazionale contro Tzipi Livni per crimini di guerra. La quantità di smentite su tale affermazione è notevole ovviamente e nessuno ha ancora confermato né da Inghilterra né da Israele. Un silenzio pesante cerca di far passare in sordina il fatto. La popolazione che ha subito l’attacco però sa che i crimini di guerra sono stati compiuti. Tutto il mondo sa ma tace nascosto dietro alla giustificazione che a Gaza sono solo terroristi.
momò

lunedì 14 dicembre 2009

Destini che si uniscono


La questione arabo-israeliana e gli eventi in Medio Oriente dimostrano come il progetto statunitense soffre di gravi difficoltà e scopre i reali interessi che stanno dietro a questi sanguinosi eventi. Se a ciò si somma la crisi economica mondiale diventa evidente il motivo per cui si notano cambiamenti di rotta della politica americana senza però eliminare l’interesse per l’area. È dimostrato da molte prove che le lobby israeliane stanno facendo pressioni al Congresso per un compromesso: la riforma della sanità voluta da Obama sarà approvata in cambio di una completa adozione delle politiche del governo israeliano per quanto riguarda la Palestina. Nonostante le dichiarazioni statunitensi a proposito degli insediamenti e della situazione di Gerusalemme, è evidente che l’Amministrazione nordamericana non ha effettivamente messo in campo nessuna misura punitiva per quanto riguarda la costruzione di migliaia di nuove unità abitative nei territori occupati e per quanto riguarda il rifiuto israeliano di applicare la legge 194 che garantisce il diritto al ritorno dei rifugiati.
E non ci fermiamo qui ai confini del territorio israeliano abbiamo il Libano. Il Primo Ministro, Saad Hariri, trova ancora difficoltà a formare il nuovo governo a causa dei tanti fattori negativi regionali e interni; l’assistente del segretario di Stato americano, Geoffrey Feltman, e l’attuale Ambasciatore statunitense, Michelle Sisson, stanno esercitando una notevole pressione sulla maggioranza parlamentare per formare un governo senza l’opposizione. Ciò allo scopo di creare una situazione in cui il governo sia completamente in sintonia con il vecchio piano di creazione di una base militare americana nel nord del Libano e con il nuovo piano americano resuscitato dal progetto Mitchell. Tutto questo avviene mentre la minoranza parlamentare, con il sostegno siriano e iraniano, sta cercando di esercitare pressioni per migliorare la loro quota all’interno del governo. La crisi economica è arrivata anche in Libano e, come sempre, a risentirne sono i più deboli che, qui, ancora una volta, sono i palestinesi. Più di 422 mila profughi palestinesi registrati vivono principalmente in 12 campi profughi sovraffollati e squallidi. Ma a questi bisogna aggiungere la quantità di persone non registrate costrette alla povertà cronica a causa della mancanza di aiuti. Tutti i palestinesi in Libano non hanno uno statuto legale e non hanno quasi alcun accesso all’istruzione, alla sanità o ai servizi sociali al di fuori dell’aiuto dell’organo internazionale UNWRA. È strano, forse, ma due stati confinanti con una popolazione con i medesimi problemi e nell’ombra le medesime istituzioni, due destini che si uniscono.
momò

domenica 13 dicembre 2009

Palestina: il commento di Noam Chomsky

Durante un colloquio telefonico con Press TV, il socio-analista politico Noam Chomsky ha detto: "Israele funziona come la principale base di armi e di stoccaggio in Medio Oriente per Washington”. Chomsky ha detto in materia di armi degli Stati Uniti, che sono stati consegnati a Israele prima del suo attacco su Gaza (2007-2008) che lo scambio di armi tra le due parti non è stato sorprendente. Israele sta ricevendo armi costantemente. Quando è stato chiesto al Pentagono a riguardo, hanno risposto che le armi non sono stati inviate per l'invasione di Gaza, ma che erano armi di posizionamento in Israele. Chomsky ha sottolineato che se è vero che Israele ha avuto influenza sulla politica estera degli Stati Uniti, deve ancora però agire entro i confini di ciò che viene permesso a Washington.

"[Gli Stati Uniti e Israele] costantemente e regolarmente ricorrono alla forza e alla minaccia della forza per svolgere l'aggressione regolarmente e ripetutamente al fine di invadere altri paesi, occupare altri paesi, e invocare il terrore e la violenza".
momò

sabato 12 dicembre 2009

"il mare non ha paese nemmeno lui"


“Quello non fu un buon Natale per i Malavoglia; giusto in quel tempo anche Luca prese il suo numero alla leva, un numero basso da povero diavolo, e se ne andò a fare il soldato senza tanti piagnistei, che ormai ci avevano fatto il callo”.
Nell’avvicinarsi delle feste il romanzo di Verga, I Malavoglia, mi fa guardare con più affetto e tristezza il mio strano Paese. Quando ho letto per la prima volta questo romanzo le ambientazioni in cui mi immaginavo lo svolgersi della storia mi hanno coinvolto subito. Le vicende dei protagonisti sono così sfortunate da voler entrare nel libro per dar loro una mano pensando che “è l’Italia di tanto tempo fa, oggi si sta bene”. Viene raccontata la storia dell’Italia dopo l’Unità in un paesino in cui si era semplicemente cambiato re.
Per più di un secolo gli italiani sono stati migranti, all’interno della loro stessa nazione è vero, ma soprattutto all’estero, in America. In molti sono poi tornati più o meno arricchiti più o meno legalmente, altri sono rimasti.
Era solo per ricordare, con la scusa delle feste, che anche noi abbiamo avuto, e abbiamo, bisogno di cambiar paese per mangiare, o quantomeno per avere un futuro un po’ più positivo delle 3 diverse lauree-concorsi-scuole (ognuna con tasse sempre più alte) o che diavolo siano per avere un titolo di studio decente. I proclami di impossibile integrazione, mito dell’italianità e leghismi del genere sono l’eco di un ignoranza storica “sparato” attraverso i media e urlati duranti i ritrovi “celtici”.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

Atti di fratellanza


Su molti siti internet che spiegano la religione ebraica si trova questa affermazione: L'amore e la bontà sono state una parte del giudaismo fin dalle sue origini. Ho pensato allora di dare ai nostri lettori due esempi di amore e bontà.
2.500 residenti di Jalbun, vivendo in una zona situata in una depressione e adiacente a una fattoria di bovini, così come per via della deviazione delle acque nere provocata dal muro di separazione, si sono trovati inondati dalle stesse. Ora i loro campi agricoli sono improduttivi e le poche risorse d’acqua sono state contaminate. Jalbun, inoltre, non è collegata alla rete di distribuzione dell'acqua, il che significa che i residenti si vedono costretti a comprarla.
Il Centro “al-Mizan” (“La Bilancia”) per i diritti umani accusa le autorità israeliane di schedare i malati palestinesi che attraversano il valico di Eretz, spingendoli a diventare delle spie in cambio di cure mediche fuori della Striscia di Gaza assediata. In un rapporto concernente quest’argomento, il Centro rivela che Ahmad ‘Asfur, di 19 anni, e suo padre, sono stati bloccati al checkpoint mentre stavano dirigendosi all’ospedale di Mar Yusuf, per ricevere cure mediche.
Entrambi sono stati costretti a spogliarsi, poi sono stati sottoposti ad un interrogatorio, malgrado le pessime condizioni del ragazzo. I circa 3.000 dollari che avevano con sé per le cure di Ahmad sono stati requisiti assieme ai passaporti e ai referti medici.
“Ahmad necessita di cure speciali. Non riesce a mangiare da solo, né ad andare al bagno senza aiuto. Ci dev’essere sempre qualcuno con lui che lo aiuti”, ha sottolineato il padre.
Che questo amore e bontà vi diano il buongiorno.
momò

venerdì 11 dicembre 2009

Nobel per la pace


Discorso di Bush subito dopo l’attacco in Afghanistan:
Allo stesso tempo il popolo oppresso dell'Afghanistan conoscerà la generosità dell'America e dei nostri alleati. Mentre colpiremo gli obiettivi militari, effettueremo lanci di cibo, medicinali, e rifornimenti per gli uomini, le donne e i bambini che stanno soffrendo e morendo di fame in Afghanistan. Gli Stati Uniti di America sono amici del popolo afgano e siamo amici di quasi u miliardo di persone nel mondo che professano la religione islamica. Gli Stati Uniti d'America sono nemici di tutti coloro che aiutano i terroristi e di quei barbari criminali che profanano una grande religione commettendo stragi nel suo nome. Questa azione militare e' parte della nostra campagna contro il terrorismo, un altro fronte in questa guerra che e' stata già ingaggiata attraverso gli sforzi diplomatici, le azioni di intelligence, il congelamento delle disponibilità finanziarie e l'arresto di noti terroristi da parte di agenti dei servizi di 38 paesi. Oggi ci concentriamo sull'Afghanistan, ma la battaglia e' molto più ampia. Ogni paese deve fare una scelta. In questo conflitto non esiste neutralità. Se un qualsiasi Governo sostiene i fuorilegge e gli assassini degli innocenti, diventa fuorilegge e assassino esso stesso. E percorrerà tale via solitaria a suo rischio e pericolo. Sto parlandovi oggi dalla Stanza dei Trattati della Casa Bianca, un luogo in cui i presidenti americani hanno lavorato per la pace da sempre. Siamo una nazione pacifica. Però, come abbiamo imparato improvvisamente e tragicamente, non ci può essere pace in un mondo di improvvisi terrori. Di fronte all'odierna nuova minaccia, l'unico modo per perseguire la pace e perseguire coloro che la minacciano. Non abbiamo chiesto questa missione, ma la porteremo a termine.

Discorso di Obama al Nobel per la Pace:
La guerra è talvolta necessaria ed è in una certa qual misura un’espressione dei sentimenti umani. Concretamente, dobbiamo dirigere i nostri sforzi verso quell’impegno che il presidente Kennedy delineò tempo fa: «Cerchiamo di focalizzarci su una pace più pratica e più raggiungibile, che si basi non tanto su una repentina trasformazione radicale della natura umana, bensì su una graduale evoluzione delle istituzioni umane». Come potrebbe essere un’evoluzione di questo tipo? Quali potrebbero essere questi progressi pratici?
Io credo che il ricorso alla forza possa essere legittimo per motivi umanitari, come accaduto nei Balcani, o in altri luoghi segnati profondamente dalla guerra. L’inazione lacera le nostre coscienze e può comportare prezzi ancora più alti da pagare in seguito.
Ecco perché tutte le nazioni responsabili dovrebbero abbracciare il ruolo che gli eserciti – con mandati ben chiari e definiti – possono rivestire in tempo di pace.
momò
Cara Redazione di Nessun Dorma più,
ho scoperto il vostro blog qualche settimana fa e vorrei condividere con voi une inquietudine che mi abita dal 22 settembre scorso. Io sono una straniera trapiantata in Francia, paese che amo profondamente e al quale sono molto riconoscente.
Mi permetto perciò di raccontarvi i fatti che seguono, solamente perché sono cose che succedono sotto i miei occhi e perché tutto ciò non si limita al solo suolo francese, come lo dimostrate col vostro blog.
Il 22 settembre scorso, alle 7 e 30 del mattino, nel campo degli immigrati illegali di Calais, un folto gruppo di giornalisti, cameraman, della stampa nazionale e internazionale, guardavano in silenzio gli abitanti del campo seduti vicini a qualche fuoco, in compagnia dei membri delle associazioni umanitarie che non hanno voluto lasciarli soli quella notte.
Questo accampamento è chiamato la “giungla” dai suoi stessi abitanti e esso è ( cioè era..) situato in prossimità delle strade riservate agli autocarri. Due settimane prima, gli immigrati che ci vivevano erano tra i 700 e gli 800, la maggioranza di loro veniva dall’Afghanistan e aspettava di poter partire per l’Inghilterra. Gli altri sono scappati nel frattempo, dopo la dichiarazione d’Éric Besson, che prometteva di smantellare il campo.
Il Signor Besson è Ministro dell’Immigrazione, nonché il disegnatore della distruzione di questo campo che lui stimava essere “la base dei traghettatori”, popolata da immigrati “sfruttati” e “vittime di violenza”. Fino all’alba del 22 settembre, però, l’accampamento era, per i suoi abitanti, anche il luogo della speranza, quella di poter, un giorno, andare in Inghilterra. E’ chiaro che quelli che sono rimasti, (e che all’alba hanno visto arrivare 500 poliziotti preceduti dall’avviso dei megafoni, con i furgoni cellulari e i bulldozers, che avevano già circondato il campo poco prima delle 7 e 30) non avevano nessun altra alternativa. Gli immigrati e i membri delle associazioni si sono riparati dietro a degli striscioni. “ Abbiamo bisogno di un riparo e di protezione. Volgiamo l’asilo e la pace. La Giungla è la nostra casa”, diceva uno striscione. Ma il loro messaggio non è passato, due ore più tardi gli autocarri della polizia avevano già smantellato tutto, avevano già distrutto in così poco tempo tutto ciò che altri uomini avevano costruito a fatica ( anche se si trattava solo di qualche tenda e di baracche..)
Nel suo comunicato stampa, il Signor Ministro Besson, ha dichiarato “ L’operazione di smantellamento della giungla, realizzata il 22 settembre, stata un successo. L’oggettivo, che era quello di distruggere un accampamento insalubre e uno snodo per le filiere clandestine in destinazione dell’Inghilterra, è raggiunto. La zona è stata resa al suo stato naturale e diventerà una zona di sviluppo economico”.
La presenza della stampa, le numerose fotografie scattate quel mattino, i volti dei giovani, i video che circolano dappertutto, lasciano credere il contrario. Tutto ciò fa pensare a un’intimidazione mediatizzata e non a un’azione umanitaria ( nonostante tutto non siamo ancora del tutto scemi e non possiamo ascoltare il Signor Besson quando definisce la sua politica “ di fermezza e umanità”) Riconosciamo un male, ma (aimé!) non possiamo localizzare da dove viene. Si tratta di un male del quale anche io mi sento malata, nonostante tutto.
Éric Besson ha dato a ciascuno degli immigrati tre “soluzioni individuali” : il ritorno volontario, la domanda di asilo o l’espulsione. Solo che la maggioranza degli abitanti della giungla veniva dall’Afghanistan e che essi rientreranno in un paese in guerra. Solo che per loro sarà difficile ottenere l’asilo, anzi impossibile. Solo che quel 22 settembre, c’erano dei ragazzini a affrontare alla polizia, e alcuni di loro erano malati di scabbia. Qual è il nostro problema Signor Ministro? Ammettiamolo, ecco qui il nostro male: la paura dell’altro, di tutto ciò che è altro da me, che potrebbe venire a bussare alla mia porta, disturbarmi, mettere in discussione le mie opinioni, i miei valori, le mie certezze. ( Ammettiamolo, Signor Ministro, voi ed io, dobbiamo curare il nostro cancro. Non è un caso se lei è sia il Ministro dell’Immigrazione che il Ministro dell’Identità Nazionale, come per dire, con belle parole, che gli stranieri sono un pericolo per la nostra identità…Non è un caso se il 12 novembre lei ha aperto un grande dibattito (su Internet, alla tele, sui giornali, sugli opuscoli gratuiti nel metro, nei giornaletti per adolescenti) “che avrà fine il 4 febbraio 2010 con un convegno sull’identità nazionale, durante il quale il Ministro presenterà la sintesi dei lavori”. Non è un caso se, con belle parole, come “persona di origine straniera”, “integrazione”, e “sviluppo solidale” lei ha cercato di nascondere il tumore che si espande. Perché altrimenti cominciare un dibattito sull’identità nazionale, con un testo che sposta tutto il problema, già dalla prima riga, sulle “persone di origine straniera” e non su quello che noi siamo? Possiamo definire la nostra identità solo sulla paura dell’altro? Che scopo abbiamo? Metterci in una condizione di superiorità rispetto all’altro, al diverso, allo straniero? Forse. Solo che tutto questo è ciò che ascoltava mio nonno da un ometto dai baffi neri alla radio. Vogliate scusarmi, Signor Ministro, se oso esprimermi è solo per l’amore verso il paese che mi a accolta qualche anno fa).
Tutto questo non fa che confermare la presenza di un tumore, di un cattivo funzionamento delle nostre cellule, della nostra umanità.

Nuovi amici

Chère rédaction de Nessun Dorma più,
J’ai découvert votre blog il y a quelques semaines et je voudrais partager avec vous une inquiétude qui m’habite depuis le 22 septembre dernier. Je suis une étrangère installée en France, pays que j’aime profondément et auquel je suis très reconnaissante.
Je me permets donc de vous raconter les faits qui suivent, exclusivement parce que ces choses se passent sous mes yeux, et parce que cela ne se limite pas au sol français, comme vous le démontrez avec votre blog.
Le 22 septembre dernier à 7h30 dans le campement de migrants sans papier de Calais, un grand groupe de journalistes, caméramans, de la presse nationale et internationale, regardaient en silence les habitants du campement assis à côté de quelques feux, en compagnie des membres des associations humanitaires qui n’ont pas voulu les laisser seuls cette nuit là.
Ce campement est nommé la "jungle" par ses propres habitants, et il est (était…) situé à proximité des axes empruntés par les poids lourds. Deux semaines plus tôt, les migrants qu’y vivaient étaient entre le 700 et le 800, la plupart d’eux venait d’Afghanistan et attendait de pouvoir partir pour l’Angleterre. Le matin du 22 septembre, ils n’étaient que 276, dont 135 mineurs. Les autres se sont enfuis entre temps, après la déclaration d’Éric Besson qui promettait de démanteler le campement.
Monsieur Besson est le Ministre de l’Immigration, et aussi le dessinateur de la destruction de ce camp qu’il estimait « la base des passeurs », peuplée par des immigrés "exploités" et "victimes de violences". Jusqu’à l’aube du 22 septembre, par contre, le campement était aussi pour ses habitants, le lieu de l’espoir, celui de pouvoir, un jour, aller en Angleterre. Il est évident que ceux qui sont restés, (et qui, à l’aube, ont vu 500 policiers arriver, précédés par les annonces des mégaphones, avec leurs cars et bulldozers qui avaient déjà encerclé le camp peu avant 7 h 30), n’avaient vraiment aucune autre alternative. Les migrants et les membres des associations se sont placés derrière des banderoles. "Nous avons besoin d'un abri et de protection. Nous voulons l'asile et la paix. La jungle est notre maison", proclamait l'une d'elles. Mais le message n’est pas passé, deux heures pus tard les cars de la police avaient tout démantelé, détruit en si peu de temps tout ce que d’autres hommes avaient construit avec autant de peine ( même s’il ne s’agissait que de quelques tentes et baraques..). Dans son communiqué de presse, Monsieur le Ministre Besson, a déclaré : « L’opération de démantèlement de la « jungle », réalisée le 22 septembre 2009, fut un succès : L’objectif, qui était de détruire un campement insalubre et une plaque tournante des filières clandestines à destination de l’Angleterre, est atteint. La zone a été rendue à son état naturel, et deviendra une zone de développement économique. »
La présence de la presse, les nombreuses photographies prises ce matin là, les visages des jeunes, les vidéos qui circulent par tout, laissent croire le contraire. Tout cela fait penser à une intimidation médiatisée et non à une action humanitaire (malgré tout, on est pas encore idiot, et nous ne pouvons pas écouter Monsieur Éric Besson quand il définit sa politique « de fermeté et humanité ») On reconnaît à un mal, mais nous ne pouvons pas (hélas !) localiser sa source. C’est un mal dont je me reconnais malade, moi aussi, après tout.
Éric Besson a donné à chacun des migrants trois « solution individuelles » : le retour volontaire, la demande d'asile ou l'expulsion. Sauf que la majorité des habitants de la jungle venait de l’Afghanistan, et qu’ils rentrerons dans un pays en guerre. Sauf que pour eux sera difficile d’obtenir l’asile, voir impossible. Sauf que, le 22 septembre il y avait des gamins devant la police, et certains parmi eux étaient malades de gale. C’est quoi notre problème, Monsieur le Ministre ? Avouons-le, voici notre mal: la peur de l’autre, tout ce qui est autre que moi, qui pourrait venir frapper à ma porte, me déranger, mettre en cause mes opinions, mes valeurs, mes certitudes. (Avouons-le, Monsieur le Ministre, vous et moi, on doit soigner notre cancer. Ce n’est pas un hasard si vous êtes à la fois Ministre de l’Immigration et Ministre de l’identité Nationale, comme pour dire d’une façon grandiloquente que les étrangers sont un danger pour notre identité… Ce n’est pas un hasard si le 2 novembre, vous avez ouvert un grand débat sur l’identité nationale, (par Internet, à la télé, sur les journaux, sur les opuscules gratuits dans le métro, sur les magazines pour ados… ), « qui se clôturera le 4 février 2010 par un colloque sur l’identité nationale, au cours duquel le Ministre présentera la synthèse des travaux. » C’est ne pas un hasard si, avec des beaux mots, comme « ressortissants étrangers » , « intégration » et « développement solidaire », vous avez essayé de cacher la tumeur qui s’élargit. Pourquoi sinon commencer un débat sur l’identité nationale, par un texte qui pose, dès la première ligne, le problème sur les « personnes d’origine étrangère » et non pas sur ce que nous sommes ? Pouvons-nous définir notre identité uniquement sur la peur de l’autre ? Quel est notre but ? Nous placer dans une situation de supériorité par rapport à l’autre, le différent, l’étranger ? Peut-être. Sauf que cela est ce que mon grand-père entendait dire à la radio par un certain bon homme aux moustaches noirs . Tâchez de m’excuser, Monsieur le Ministre, si j’ose me prononcer, c’est seulement pour l’amour à l’égard du pays qui m’a accueillie il y a quelques années). Tout cela ne prouve que la présence de la tumeur, d’un mauvais fonctionnement de nos cellules, de notre humanité.

giovedì 10 dicembre 2009

Missioni umanitarie e di "pace".

L'Italia e l'Europa sostengono la creazione di uno stato palestinese: lo ha detto il ministro degli Esteri Frattini.''Per questo - ha aggiunto - occorre tornare al tavolo dei negoziati''.
È un’affermazione che suona strana se si va guardare la storia recente degli accordi italo-israeliani:

L’accordo militare tra Italia e Israele è indicato come Legge 17 maggio 2005 n° 94 è stata pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale del 7.6.2005.
E’ stata approvata dal Parlamento Italiano (anche con i voti coscienti o distratti dell’opposizione di centro-sinistra) in piena epoca Berlusconi con Fini Ministro degli Esteri e Martino alla Difesa. La Legge 94/2005 ha per oggetto la ratifica e l’esecuzione del Memorandum d’intesa tra il Governo dello Stato della Repubblica Italiana e il Governo dello Stato di Israele in materia - viene specificato nel testo - di cooperazione nel settore militare e della difesa, firmato a Parigi .
La Legge nr.94/2005 si compone di 11 articoli e di un memorandum segreto, tenuto segreto anche al Parlamento per “motivi di sicurezza”.
Mi limito a citare l’articolo 2 – obbiettivi dell’intesa:
1 – Entrambe le Parti del presente MoU convengono di stabilire rapporti reciproci fra i Ministeri della Difesa e le loro Forze Armate, al fine di stabilire una cooperazione nei settori della difesa, il che consentirà loro di aumentare le capacità di difesa.
2 – La cooperazione fra le Parti riguarderà i seguenti settori:

* Industria della difesa e politica di approvvigionamento di competenza dei Ministeri della Difesa,

* Importazione, esportazione e transito di materiali militari e di difesa, .Operazioni umanitarie,

* Organizzazione delle forze Armate, struttura e materiali di reparti militari e gestione del personale,

* Formazione/Addestramento,

* Questioni ambientali e inquinamento provocati da strutture militari

* Servizi medici militari,

* Storia militare,

* Sport militari.

La cooperazione militare non si limiterà ai settori sopra menzionati. Le Parti cercheranno nuovi settori di cooperazione di interesse reciproco.

Scusate io ho poca fiducia nelle dichiarazioni che cercano solo di attirare attenzione e non pensano al dolore e alla sofferenza di un popolo, a meno che non vogliate farmi davvero credere che una missione umanitaria e di PACE si debba fare con le armi.
momò

Senza parole.

"Il re David componeva canzoni ma sapeva utilizzare anche la fionda contro i nemici di Dio", si difende il giovane rabbino Arié Lipo installatosi a Havat Gilad per "vivere come al tempo della Bibbia.” Il blocco delle colonie non lo spaventa perché "la sola legge di Havat Gilad, è la legge divina." La testa coperta dal talit, lo scialle rituale per la preghiera, e dai tefillin, contenenti le pergamene sacre che gli ebrei praticanti portano durante la preghiera, il rabbino Lipo preferisce evocare "il regno divino a cui spetta regnare su tutta la terra" piuttosto che le pressioni americane o gli scontri con le forze dell'ordine. "Il mondo deve riconoscere che siamo il popolo della Bibbia che ritorna sulla sua terra, come Dio ci aveva promesso", predica. Non crede che il governo distruggererà la sua casa, ma è pronto ad ogni eventualità. "Se verrano a sloggiarmi, dirò alto e forte che è la mia terra, la terra del popolo ebraico, e che nessuno ha il diritto di costringerci a lasciarla."
momò

mercoledì 9 dicembre 2009

Jim Crow


Tra il 1876 e il 1965 negli Stati Uniti era in vigore il “Jim Crow System”, leggi di segregazione razziale. Esistevano negozi, bar, ristoranti, alberghi sale da concerto dove i neri non erano ammessi. Seguendo il fine ragionamento “uguali ma separati” si perpetuò in tono leggermente diverso quello schiavismo che teoricamente era finito con la guerra civile americana. Uno tra i tanti paradossi di questa situazione è che buona parte dell’economia degli Stati Uniti (soprattutto al sud) era, e credo ancora sia come in tutto il mondo “civile”, basata sullo sfruttamento. In sostanza i neri tanto odiati dai bianchi erano la chiave di volta della loro sopravvivenza e ricchezza. Odiarli, aggredirli, sfruttarli, ucciderli portava però voti oltre ad essere un veloce capro espiatorio in momenti di tensione. Non ricorda un po’ il posto riservato sul tram per i milanesi? Le classi per soli cinesi?
No, sicuramente no i leghisti mi direbbero che faccio solo “razzismo all’incontario”.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

Accordi (segreti) di pace.


È di ieri la notizia che il governo delle Filippine e il più imponente gruppo di ribelli musulmani hanno trovato un'intesa. Pochi però sanno perché si è arrivato a questo accordo e cosa nasconde la storia delle Filippine. Il 40 per cento degli abitanti é povero, il 23 per cento é denutrito, mentre circa il 30 per cento dei bambini (metà della popolazione filippina) non ha accesso a una alimentazione adeguata. La miseria colpisce prevalentemente le genti delle zone rurali come quelle musulmane del sud, alimentando le insurrezioni dei guerriglieri separatisti in nome dell'Islam. Nel sud delle Filippine il governo, che rappresenta la maggioranza cristiana della popolazione (83 per cento), combatte da trent’anni contro diversi gruppi separatisti musulmani: il Fronte di Liberazione Nazionale Moro (MNLF) fondato dal carismatico Misuari e che ha firmato un accordo di cessate il fuoco nel '96, il Fronte Islamico di Liberazione (MILF) costola dell'MNLF nata nell'84 e Abu Sayyaf di cui l'origine non è chiara.
Trent’anni di guerra che ha portato alla fuga di milioni di civili ma nei campi profughi gli aiuti insufficienti del governo e del Programma di alimentazione mondiale aggravano la situazione. La critica che maggiormente viene fatta all’autorità civile è che il governo dovrebbe provvedere agli aiuti necessari come cibo, acqua potabile e assistenza medica in attesa di condizioni che consentano ai profughi di rientrare nei propri villaggi.
In mezzo alla catastrofe umanitaria l’annuncio di un accordo e la “promessa” che la pace sarà firmata entro aprile. Un altro annuncio ci si è scordati di fare: le accuse mosse dai militari ribelli contro Arroyo: "Il presidente finanzierebbe i guerriglieri secessionisti del sud per assicurarsi il supporto degli Stati Uniti".
momò

martedì 8 dicembre 2009

Ogni uom pianga amaramente


Alcuni racconti, senza data perché sono la normalità in Palestina:
«Tutto è cominciato giovedì, l'attacco israeliano era cominciato il giorno prima con delle cannonate. Poi sono arrivati gli elicotteri che hanno aperto il fuoco sulle case. Munir, mio fratello di 17 anni, era in casa ed è stato ferito in modo grave al torace. Abbiamo cercato di chiamare un'ambulanza ma non c'è stato nulla da fare. I soldati e carri armati sparavano ovunque, senza sosta». Munir, prosegue Abdallah, è spirato qualche ora dopo. «Sabato pomeriggio gli spari si sono placati. Mamma, dopo aver pianto per ore, ha aperto la porta ed è andata fuori. Voleva dare una sepoltura a Munir. Si è guardata intorno, qualche secondo dopo è crollata colpita alla testa da un colpo, pensiamo sparato da un cecchino». La donna uccisa è rimasta nello stesso posto fino a domenica. «Quel giorno con mio padre e i miei fratelli, insieme a tante altre persone, siamo usciti in strada con le mani alzate. Mamma era sempre lì, a terra, ed è stata l'ultima volta che l'ho vista. I soldati ci hanno ammanettato e portato via». Il giovane è stato trasferito nel campo militare della Foresta Saada, non lontana da Jenin. «Per tre giorni non abbiamo mangiato, ci hanno lasciati seminudi all'aperto, anche di notte, sempre con le mani legate. Ci siamo orinati addosso. E' stato terribile». Il gruppo di detenuti è stato poi lasciato libero al posto di blocco di Salem. «Siamo arrivati a Rumena quasi nudi, in mutande, molti a piedi nudi» ricorda Munir con gli occhi gonfi di lacrime.

«Mohammad è stato ucciso domenica scorsa, mentre con un amico cercava di portare all'ospedale di Jenin un giovane rimasto ferito - racconta - è morto sul colpo mi hanno detto amici e parenti. Non sono riuscito a vederlo, non so dove sia il suo corpo, se sia stato sepolto come vuole la nostra religione o se è stato lasciato in strada come tanti altri».
Alcune stime per ricordare il dolore di alcuni basato sul sollazzo di altri:

32.720 sono i palestinesi feriti: 3530 hanno riportato handicap permanenti.
I bambini uccisi sono 995
135 malati sono morti a causa dell’impossibilità di raggiungere gli ospedali e i centri medici. Sono stati registrati 70 parti ai checkpoint: 35 neonati sono deceduti a seguito delle complicazioni igienico-sanitarie.
I posti di blocco sono 630, di cui 93 con la presenza di soldati e 537 formati da barriere di cemento e di cumuli di terra. L’esercito israeliano ha chiuso il 65% delle strade della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.

Sono cifre del 2008, non ho voluto aggiornare i conti dopo l’operazione piombo fuso.
momò

lunedì 7 dicembre 2009

(Dis)interessi personali


In Piazza Palestina, dal lato opposto della moschea chiamata al-Aqsa, vi è una sinagoga dove gli ebrei di questa antica città si riuniscono all’alba. Soleiman Sedighpoor, un vecchio commerciante con un negozio pieno di tesori, dirige la funzione dal podio sotto al lampadario. Siamo in Iran (il terribile Iran) quest’uomo ha avuto il coraggio di questa affermazione: “Sono in questo negozio da 43 anni e non ho mai avuto un problema. Ho visitato i miei parenti in Israele, ma quando vedo cose come l’attacco a Gaza, anche io manifesto come un iraniano”. Non è l’unico che non accetta la violenza sul popolo palestinese esitono infatti molti gruppi di ebrei che si dichiarano anti-sionisti e fondano la loro convinzione su alcuni punti chiave: L'Ebraismo e il Sionismo sono due concezioni totalmente e diametralmente opposte. L'Ebraismo è un antico modo, che risale a migliaia di anni fa, di vivere secondo la volontà di Dio, pieno di contenuto morale, etico e religioso. Il Sionismo è relativamente giovane – poco più di cent'anni - ed ha una concezione secolare e nazionalista, completamente priva di etica e di morale. Dalla diaspora il Popolo Ebraico è, per decreto divino, in esilio, nel quale si deve essere leali cittadini delle nazioni in cui ci si trova ed è proibito sotto giuramento di tentare di uscire dall'esilio con le nostre forze. È proibito sotto giuramento di tentare di formare uno Stato in Palestina. Trasgredire questi divieti costituirebbe una ribellione contro i voleri dell'Onnipotente. Se anche il mondo ebraico la pensa così perché le violenze continuano? Non esiste più un controllo vero dello stato d’Israele perchè è vietato e se si prova ad alzare la voce si è subito tacciati di antisemitismo. È sorprendente vedere come si rigirino le carte in tavola perché se è uno stato musulmano che attacca (un qualsivoglia stato musulmano) si parla subito di terrorismo ma se è Israele che massacra i civili lui è autorizzato. Prego di notare che dentro alla parola civili si racchiudono anche i bambini, piccoli o appena nati. Fa scalpore, scandolo, rabbia e dolore la notizia di due maestre che picchiavano i bambini perché è successo in Italia; perché non si pensa lo stesso di soldati addestrati a farlo quotidianamente?
momò

domenica 6 dicembre 2009

Manifestar significar per verba non si poria ma per urli si


Come ricorda Momò il 6 dicembre è il giorno di Alexandros Grigoropoulos. E in Italia?
In alcuni momenti storici re, capitani, imperatori hanno ricevuto il proprio potere per acclamazione. Un popolo, un esercito, una folla si riuniva e urlava un nome. Le folle potevano essere facilmente manipolate (Barabba!) ma quanto meno si radunavano ed erano ascoltate. Ora ci sono il No B Day, il movimento (anche se in verità nostalgico del ’68) dell’Onda studentesca, i diversi V Day (che personalmente comunque non mi esaltano) che richiamano la possibilità di riunirsi per gridare un disagio. Il lancio di monetine a Craxi sembra però oggi comunque lontano, si scende sempre più difficilmente in strada e appena gli organizzatori chiudono la manifestazione cessa. Ma chi manifesta solitamente? Operai e studenti è la risposta immediata (“è un valore che distrugge ogni altro valore\ perché ogni valore non è che una difesa\ eretta contro di lei;\ e i valori, appunto, sono sentiti specialmente dai semplici;\ dai giovani). Ormai comincio a credere che la rivoluzione francese o quella russa non ci sarebbero state se la televisione fosse stata già in atto nella sua opera di appiattimento sulla poltrona del cittadino. Siamo alle porte di una nuova campagna elettorale per il controllo delle regioni italiane, spero di vedere i candidati anche, e soprattutto, per strada in comizi nelle piazze non solo in dibattiti televisivi o incontri organizzati in stanze chiuse. Spero di sentire qualche voce cantare una campagna culturale prima che elettorale, umana prima che economica. Vorrei credere che gli studenti possano scollarsi di dosso il torpore televisivo e aver la forza di rischiare una lotta che, anche nella sconfitta, possa essere l’inizio di un eco che in qualche modo dilaghi tra le montagne. Ecco perché “nessun dorma più”.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

E tu mi tolleri?


Vi ricordate un anno fa in Grecia? Alcuni poliziotti ammazzarono un giovane quindicenne: Alexandros Grigoropoulos. Ieri è stata fatta una manifestazione a ricordo dello stesso povero ragazzo; ieri la polizia è tornata ad agire. "Cinque italiani e sette greci sono stati arrestati, fra decine di altri fermati. alcuni hanno lanciato pietre contro la polizia, altri erano armati di bastoni", ha detto un funzionario di polizia. Questa è la Grecia.
Il nuovo governo socialista ha dispiegato seimila agenti nelle strade di Atene per evitare che si ripetano i gravi disordini che lo scorso anno in diverse città hanno causato danni per milioni di euro. Ancora una volta siamo di fronte alla famosa tolleranza zero che porta sempre con sé una guerra preventiva. Ci si nasconde sempre dietro all’idea, che i ben pensanti moralisti (sepolcri imbiancati?) con le tasche gonfie di soldi sempre accettano, che i giovani non sono capaci di fare niente, solo essere violenti. Si nascondono dietro alla scusa che sono annoiati. La guerra preventiva è anche uccidere o arrestare chi non la pensa come te.

Forse rischio la vita anche io allora? Vi rimando a un mio vecchio post, why don’t you kill me?Facciamo un gioco: trovate le differenze.
momò

venerdì 4 dicembre 2009

Home sweet Home


La demolizione di case da parte delle forze israeliane è un fenomeno già radicato e sta diventando una prassi nei territori occupati e soprattutto a Gerusalemme Est. Secondo l'Ichad, commissione israeliana contro la demolizione delle case, dal 1967 più di 19000 abitazioni palestinesi sono state abbattute, anche se non tutte con la stessa motivazione ufficiale. Nel 5% dei casi le demolizioni sono definite come punitive perché vengono usate dalle autorità israeliane come strumento attraverso il quale punire coloro che hanno compiuto azioni da condannare. A queste si sommano le demolizioni definite di natura amministrativa, il 35%, cioè quelle realizzate a discapito delle abitazioni costruite senza permesso. E’importante ricordare che molto spesso i palestinesi non hanno altra scelta se non quella di costruire illegalmente perché ottenere i permessi è diventato quasi impossibile. Infine, ben il 65% delle demolizioni è di tipo militare. In questi casi si tratta quindi di abitazioni rase al suolo dall’esercito israeliano nel corso di operazioni militari. Cosa ancora più grave è che anche se durante la conferenza di pace di Annapolis del novembre 2007 Israele si era impegnata a non intraprendere azioni contro i palestinesi e le loro proprietà, non solo il numero dei morti e dei feriti palestinesi non si è bloccato, ma le operazioni di demolizione hanno continuano a susseguirsi giorno dopo giorno soprattutto a Gerusalemme Est.
Secondo dati precedenti alla recente operazione Piombo Fuso, dal 2004 più di 1100 civili sono stati vittime di queste demolizioni; dalla conferenza di Annapolis del novembre 2007 ben 330 abitazioni palestinesi sono state abbattute, solo 95 a Gerusalemme Est.
È di ieri la notizia che la Corte Centrale d’Israele ha respinto la petizione di una famiglia curda nella quale si richiedeva che fossero evacuati i coloni che si erano stabiliti nella loro casa. L’avvocato dei coloni ha respinto tale petizione in quanto era già stato emesso ordine di demolizione della casa. È nuova norma infatti nello stato d’Israele imettere con la forza famiglie di coloni nelle case che hanno avuto ordine di demolizione.
momò