Oggi voglio raccontarvi di un personaggio che da tempo lavora e vive in Palestina: Jonathan Pollock. Di religione ebraica, israeliano d’origine da tempo si batte dalla parte dei palestinesi per denunciare i soprusi che quotidianamente subiscono al “grido” di: “Io non sono sionista e non voglio che si veda Israele come una democrazia”. Ha iniziato le sue proteste nel famoso villaggio di Bi’ilin (quello di cui già vi avevo parlato e che oggi è stato dichiarato “zona militare chiusa” così da evitare l’accesso di israeliani e stranieri alle settimanali proteste non violente) per poi essere conosciuto dalla popolazione e partecipare un po’ a tutte le manifestazioni sparse nel territorio palestinese. Vi voglio riportare una sua frase che rispecchia un po’ quello che anche io penso sulla questione israelo-palestinese: "E 'vero io sono israeliano, e ho carta d'identità e passaporto israeliani, ma prima di tutto io sono un uomo, e chiunque deve essere con i palestinesi contro l'ingiustizia dell'occupazione."
Nonostante le numerose ferite e le precarie condizioni fisiche il suo lavoro continua instancabilmente. Ad oggi il suo corpo risulta avere ancora proiettili in estratti, è stato colpito da un gas lacrimogeno in testa e per questo è stato in coma tre giorni e ha perso parte dell’equilibrio, su di lui pendono gravi accuse che lo hanno portato spesso davanti ai tribunali israeliani, ma lui si difende così: “Le accuse che il sistema giudiziario israeliano mi imputa sono tutte legate al mio lavoro nel territorio palestinese, proprio perché quel territorio non è israeliano queste accuse sono illegali.
momò
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