domenica 29 novembre 2009

Why don't you kill me?


All’aeroporto devi (se vuoi entrarci) raccontare quello che vuoi, ma mai che andrai nei “famigerati” territori occupati. Là sono terroristi.
Questa è la prima giustificazione che si trova per permettere creazione di muri, check point, militari (armati di tutto punto) e odio.
Quello che più fa paura è proprio l’odio.
I giornali non ti raccontano l’odio, la tv non te lo fa vedere.
E poi bisogna sempre stare attenti alle parole, alle definizioni, perchè se è El che agisce è ovvio che si tratta di semplice azione militare, ma se è la Palestina allora è terrorismo.
Prendi una macchina e fai attenzione subito alla targa (gialla preferibilmente, se non vuoi problemi all’infinito), finalmente parti. Vedi come è bella la Palestina.
Poi si fa buio ti avvicini al terrorismo e inizi a vedere l’odio. Vedi i blocchi di cemento in mezzo alla strada, luci abbaglianti che ti costringono a rallentare, le reti con il filo spinato.
Avanzi ed ecco, chi ci apre le porte della bella Palestina? Un mitra.
Hebron
È difficile poter credere che all’interno del miglior amico di Dio possa vivere l’odio, sei nella città vecchia ed è emozionante pensarlo e vederlo. Il tipico mondo arabo, la tipica architettura araba, il tipico mercato arabo. A starci in mezzo un po’ ti senti anche tu il miglior amico di dio.
(chi ha passione per il mondo arabo, forse capisce)
Poi ti guardi intorno, c’è tanta gente è vero, ma ti senti un po’ solo, ti senti soprattutto osservato (ma non dalla gente che ti sta intorno, dall’alto). Non sai che sensazione sia. Torna il mitra.
Hanno munito di muro anche Abramo.
È strano pensarlo ma per voler pregare devi superare tre controlli, se devi andare al bagno, sei libero di farlo ma la camionetta con il mitra è lì con te.
L’odio.
Esci dalla gabbia che hanno creato e torni alla tua bella Palestina.
È ancora tutto strano ma la differenza, la senti e la vedi. Qui almeno si è meno osservati. E poi, in fin dei conti, qui l’odio è più “tranquillo”. Vedi la gente fare la sua vita, chi apre il ristornate, chi il suo negozio (bisogna sempre trattare, se no il prezzo sale), chi squarta una mucca (sembra terrificante invece dentro questa tranquillità capisci che è la normalità).
Si sente l’oppressione ma si va avanti. Chiusi in una gabbia, si va a Gerusalemme e molti non possono venire, per entrare solito gioco di macchine per fare contenti gli amanti del colore giallo (forse il verde è troppo terrorista, io sapevo che calmava...). Prima della città ti stupisci di due cose: 1 il muro. Che spesso è solo montagna o a volte è così basso che ti stupisci che ci sia e a volte è così alto che non capisci perchè ci sia. 2. le colonie: la finta gioia delle case perfette, della vita perfetta, ma anche del terrore continuo.
Attenzione! Non mi sono dimenticato, passato le colonie e il muro cosa c’è? La più bella e maestosa costruzione di cemento dopo il muro, il famoso check point di Gerusalemme... e di nuovo c’è il mitra.
Si torna nella bella Palestina e finalmente vado all’università (lì si incontra l’uomo, beh qui più che altro la donna). È bello sapere che almeno qui (dove prima c’era l’odio e il mitra di El, quindi un attacco militare, ma dove sono finiti gli studenti?) qualcuno parla, o scrive, come sto facendo io, o organizza qualcosa di vivo. Forse è verò per andare contro l’odio prima di tutto bisogna essere vivi (mi sembra anche che qui a volte, è difficile rimanere vivi...”uomini sotto il sole”?).
Non c’è niente da fare, bisogna rimanere vivi. Anche perchè l’odio non lo racconta nessuno, e se non lo racconta nessuno come si fa a ricordarsi dell’amico di dio?
Vedi... solo rimanendo vivi.
momò

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