mercoledì 13 ottobre 2010

Where the streets have no name

L’avevamo lasciato in una situazione politica disastrosa e preoccupante, in un momento in cui solo la morte e la disperazione faceva da padrone. Lo Stato del Kirghizistan è rimasto per lungo tempo nascosto a tutti, poi è esploso in un feroce colpo di Stato che ha portato centinai di morti infine ha visto l’inizio di un genocidio verso gli uzbeki là residenti che non si è più saputo come si andato a finire, la Premier che governava tutto questo calderone oltre a non preoccuparsi minimamente della sorte del suo popolo era stata scelta e “benedetta” da Putin. Il tempo delle elezioni è comunque arrivato è sono arrivati anche i risultati: 5 partiti hanno ottenuto seggi in parlamento, ma il Partito di Maggioranza si trova ora spiazzato in quanto solo con un lievissimo scarto ha vinto e ora propone una coalizione più ampia per portare pace e ordine nel Paese. Mentre dunque la politica almeno a parole cerca di fare qualcosa, arriva la notizia che si tornerà a contare i voti, uno per uno, perché il partito Butun Kirghizistan fuori per uno scarto dello 0,16% vuole ovviamente chiarezza.
Io non entro nel merito del partito che vuole vincere a tutti i costi, sottolineo però che il leader di questo partito è l’ex capo del Servizio di Sicurezza del paese, persona scomoda dunque, e che ora per le piazze e le strade della capitale sfilano cortei a favore di Adakhan Madumarov. Queste nuove elezioni dovevano porre la parola fine a mesi di morti, sangue, violenze e fame; dovevano porre fine alla disperazione e dare almeno una speranza, chiedere un vero cambio sarebbe troppo. Ancora una volta si sono intromessi i poteri forti in mezzo a contrastare la riuscita dell’impresa. Come gridano i manifestanti, e spero che rimangano tali e non scoppi una nuova ondata di violenza: “I risultati degli scrutini sono stati manipolati per favorire i partiti individuali”.
L’alienazione è il male di questa nostra società.
aleksej

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