giovedì 16 giugno 2011

Educazione alle armi

Non è una novità che El Salvador veda nel problema giovanile un cancro insanibile, non è nemmeno una novità che moltissime ONG lavorano per evitare che i ragazzi (anche giovanissimi) finiscano nelle mani delle maras e segnino per sempre la loro vita. Non è solo un segno fisico (il o i tatuaggi) ma anche psicologico che difficilmente è possibile superare. La situazione in Salvador però sta degenerando e la violenza è sempre più alta, è ora che intervenga il governo. Detto, fatto, solo che Funes e i suoi sbagliano completamente di rotta: il nuovo sistema per evitare che i giovani rimangano nulla tenenti e girino a vuoto per la strada è l’introduzione (non ancora certa ma quasi pronta) della leva obbligatoria. È vero che Funes ha precisato che non verranno usate armi, ma questo vale solo per il primo corso, quello che ti insegna a essere sì una persona civile ma a non avere nulla in tasca per migliorare la tua vita. Lavoro nell’esercito lo si ha solo se si sanno usare le armi e quindi prima o poi fucili, pistole e bombe a mano finiscono nelle mani di giovani adolescenti che per svariati motivi, primi fra tutti i problemi famigliari che ogni salvadoregno vive, possono poi abbandonare il corso e essere già addestrati per entrare nelle bande. Ma guardando il fatto in maniera più generale è possibile davvero credere che un giovane che vive per le strade, che non ha soldi, che non ha lavoro, che non ha nulla, magari con un figlio a carico, smetta di pensare al crimine come soluzione dei suoi problemi dopo 6 o 12 mesi di corso presso l’Esercito?
Ancora una volta vince l’idea della tolleranza zero, ancora una volta vince l’idea del “facciamo fuori chi è selvaggio”. Noi, giovani e meno giovani, ricchi ben pensanti e borghesi, vestiti in abiti chic e con i soldi sempre in tasca non riusciamo più ad accettare chi è troppo selvaggio rispetto a noi. Non sarebbe più semplice (e anche meno costoso) incrementare quei centri già esistenti che lavorano per dare a quei giovani disagiati non solo mangiare e vestiti, ma anche un modo nuovo di essere accolti e sostenuti? È si un problema di educazione quello che va affrontato, ma non certo un’educazione alle armi.
octavio

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