martedì 13 settembre 2011

Disastri naturali (per mano umana)

Due continenti, due condizioni politiche, livelli di vita agli antipodi, ma stesso (nella grandezza) disastro naturale.
Kenya: un mozzicone di sigaretta cade su un rigagnolo di carburante che fuoriesce da un oleodotto ed è l’inferno. Proprio quello descritto ai bambini: deflagrazione esagerata e fiamme che si scatenano sulla baraccopoli vicina portano a 120 (ma i dati sono di ieri, quindi chissà quanto sono aumentati…) le vittime e centinai i feriti, alcuni molto gravi. I primi morti sono quei poveri disperati che cercavano di raccogliere il carburante che fuoriusciva dalle tubature per poterlo poi rivendere al mercato nero. Scioccanti sono le immagini di altri abitanti della zona marginale che, mentre i soccorritori chiudevano in sacchi i resti carbonizzati dei loro vicini di casa, continuavano, imperterriti, a raccogliere tutto l’oro nero, qui è proprio il caso di dirlo, che continuava a fuoriuscire. Chi vive con poco più di un euro al giorno (un caffè e un cioccolatino qui in Italia) sa cosa significa tirare la cinghia, sa anche cosa significa arrotondare, ma più di tutto sa cosa vuol dire la morte.
Francia: è esplosa ieri una centrale nucleare, o meglio, il sito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, una centrale che è vicina, vicinissima, a famose città del Nord Italia che, farebbero bene a tremare. È triste dirlo ma, alla faccia di tutti coloro che volevano le centrali nucleari in Italia per soffocarci meglio ora siamo nella merda e le centrali non sono nemmeno nostre. Il Commissariato dell’Energia Atomica ha comunicato che il sito è già stato isolato e che le scorie radioattive hanno e avevano un’attività radioattiva molto debole, il che assicura l’impossibilità di fughe di vapori e gas nucleari all’estero ma sarà poi vero? Se è così, va bene potrò ritirare il mio “siamo nella merda” ma ai cittadini di Marcoule, ai cittadini delle città e dei paesi confinanti, alla flora e alla fauna lì cresciuta chi ci pensa, le fughe lì sono inevitabili. Abbia dunque inquinato un nuovo pezzo di mondo con lo schifo del nucleare.
Che cosa unisce i due avvenimenti? So che i miei lettori sono accorti e già sanno la risposta, ma vale la pena ripeterlo: il denaro. È proprio l’ottica politica del profitto per gonfiare le tasche che era marcia quando è stata pensata ed è, oggi, putrefatta. Quest’ottica uccide fisicamente e metaforicamente. Bisogna guardare più in alto dal portafogli passare ai volti.
octavio

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