sabato 12 dicembre 2009

"il mare non ha paese nemmeno lui"


“Quello non fu un buon Natale per i Malavoglia; giusto in quel tempo anche Luca prese il suo numero alla leva, un numero basso da povero diavolo, e se ne andò a fare il soldato senza tanti piagnistei, che ormai ci avevano fatto il callo”.
Nell’avvicinarsi delle feste il romanzo di Verga, I Malavoglia, mi fa guardare con più affetto e tristezza il mio strano Paese. Quando ho letto per la prima volta questo romanzo le ambientazioni in cui mi immaginavo lo svolgersi della storia mi hanno coinvolto subito. Le vicende dei protagonisti sono così sfortunate da voler entrare nel libro per dar loro una mano pensando che “è l’Italia di tanto tempo fa, oggi si sta bene”. Viene raccontata la storia dell’Italia dopo l’Unità in un paesino in cui si era semplicemente cambiato re.
Per più di un secolo gli italiani sono stati migranti, all’interno della loro stessa nazione è vero, ma soprattutto all’estero, in America. In molti sono poi tornati più o meno arricchiti più o meno legalmente, altri sono rimasti.
Era solo per ricordare, con la scusa delle feste, che anche noi abbiamo avuto, e abbiamo, bisogno di cambiar paese per mangiare, o quantomeno per avere un futuro un po’ più positivo delle 3 diverse lauree-concorsi-scuole (ognuna con tasse sempre più alte) o che diavolo siano per avere un titolo di studio decente. I proclami di impossibile integrazione, mito dell’italianità e leghismi del genere sono l’eco di un ignoranza storica “sparato” attraverso i media e urlati duranti i ritrovi “celtici”.
IoLiOdioINazistiDellIllinois

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