giovedì 3 dicembre 2009

Made in Palestine


Durante il periodo natalizio si entra spesso in un supermercato e spesso mi è capitato di vedere frutta, verdura e fiori con paese di provenienza Israele. Mi sono ricordato del mio viaggio in Palestina e mi sono ricordato che proprio questi stessi prodotti vengono coltivati in grande quantità nei territori occupati. Lo sapevate che per un agricoltore palestinese è obbligatorio pagare le tasse di trasporto da Palestina a Israele (cioè 100 km di distanza massimo) come merce estera, se vuole vendere il suo prodotto al mercato israeliano? E sapevate che Israele dopo aver fatto pagare la tassa distribuisce tale prodotto come “made in Israel” nel resto del mondo? Due sono le società che gestiscono tali esportazioni: il marchio Jaffa che gestisce la distribuzione degli agrumi e il marchio Carmel che gestisce quella di tutti gli altri prodotti in particolare avocados e fiori recisi. Quest’ultimo è usato da Agrexco, agenzia a controllo statale, che trattenie oltre il 40% del ricavato delle vendite come sue quote di marketing. Capite bene che dato il controllo degli accessi nei territori occupati i prodotti arrivano a singhiozzo e quindi le importazioni in Cisgiordania, oltre a essere controllate, sono per il 73% provenienti dallo stato israeliano. Ma non è tutto, la grave situazione in Palestina ha portato la necessita di mandare aiuti umanitari alla popolazione, la leadership israeliana non si è mai opposta, ha anzi permesso agli aiuti di fluire liberamente nel mercato palestinese, in modo da poter riscuoterne le tasse, dovendo ogni aiuto passare attraverso Israele, e non avendo le organizzazioni umanitarie altre possibilità di acquistare prodotti se non nel mercato israeliano. Questo avviene perchè tali organizzazioni trovano più conveniente acquistare prodotti in Israele non dovendo pagare ulteriori dazi di frontiera, come accadrebbe se i beni fossero importati dai paesi confinanti.
Tutto questo per sottolineare che i prodotti “made in Israel” non sono che la trovata geniale per aumentare gli introiti che continuano a finanziare la guerra.
momò

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