mercoledì 2 giugno 2010

...share it fairly but don't take a slice of my pie...

Quando Nicolò (con una "c" sola poichè lui si firmava così) Machiaveli scrisse De Principatibus cercava più che altro di tornare alla politica attiva ingraziandosi i De' Medici. Non poteva certo immaginare a quanti poi nella Storia tornasse utile il suo libretto. Davanti alle recenti tensioni, più o meno volute, tra il Presidente del Consiglio italiano e il suo superministo all'economia mi è balzato alla memoria qualche brano del risorgimentale cancelliere fiornetino:

innanzitutto:
" Di che si può trarre un altro notabile: che li principi debbano le cose di carico fare sumministrare ad altri, quelle di grazia a loro medesimi." (dal capitolo XIX)

e poi il capitolo XXII "de his quos a secretis principes habent" che riporto per intero poichè mi sembra racconti la formazione di molti governi:

Non è di poca importanzia a uno principe la elezione de' ministri: li quali sono buoni o no, secondo la prudenzia del principe. E la prima coniettura che si fa del cervello d’uno signore, è vedere li uomini che lui ha d'intorno; e quando sono sufficienti e fedeli, sempre si può reputarlo savio, perché ha saputo conoscerli sufficienti e mantenerli fideli. Ma, quando sieno altrimenti, sempre si può fare non buono iudizio di lui; perché el primo errore che fa, lo fa in questa elezione.

Non era alcuno che conoscessi messer Antonio da Venafro per ministro di Pandolfo Petrucci, principe di Siena che non iudicasse Pandolfo essere valentissimo uomo, avendo quello per suo ministro. E perché sono di tre generazione cervelli, l'uno intende da sé, l'altro discerne quello che altri intende, el terzo non intende né sé né altri, quel primo è eccellentissimo, el secondo eccellente, el terzo inutile, conveniva per tanto di necessità, che, se Pandolfo non era nel primo grado, che fussi nel secondo: perché, ogni volta che uno ha iudicio di conoscere el bene o il male che uno fa e dice, ancora che da sé non abbia invenzione, conosce l’opere triste e le buone del ministro, e quelle esalta e le altre corregge; et il ministro non può sperare di ingannarlo, e mantiensi buono.

Ma come uno principe possa conoscere el ministro, ci è questo modo che non falla mai. Quando tu vedi el ministro pensare più a sé che a te, e che in tutte le azioni vi ricerca dentro l'utile suo, questo tale così fatto mai fia buono ministro, mai te ne potrai fidare: perché quello che ha lo stato d’uno in mano, non debbe pensare mai a sé, ma sempre al principe, e non li ricordare mai cosa che non appartenga a lui. E dall'altro canto, el principe, per mantenerlo buono, debba pensare al ministro, onorandolo, facendolo ricco, obligandoselo, participandoli li onori e carichi; acciò che vegga che non può stare sanza lui, e che li assai onori non li faccino desiderare più onori, le assai ricchezze non li faccino desiderare più ricchezze, li assai carichi li faccino temere le mutazioni. Quando dunque, e' ministri e li principi circa ministri sono così fatti, possono confidare l'uno dell'altro; e quando altrimenti, il fine sempre fia dannoso o per l'uno o per l'altro.

IoLiOdioINazistiDellIllinois

Nessun commento:

Posta un commento