lunedì 7 febbraio 2011

Lavorare con compasso e righello

È difficile da spiegare in un breve post, difficile in quanto la storia di Thailandia e Cambogia si compenetra perfettamente tanto da non lasciare chiaro come i fatti siano realmente andati. Di certo c’è un avvenimento fondamentale che ci riaggancia subito al fatto che vorrei commentare: nel 1962 la Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu consegna alla Cambogia il Tempio di Preah Vihear, tempio induista dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Il tempio si trova esattamente sul confine fra i due Stati e se l’Onu da un lato chiaramente stabilisce chi è padrone del tempio non attribuisce a nessuna delle due parti un’area adiacente allo stesso pari a 4,6 km quadrati. Dopo il 1962 la Cambogia vede piano piano la nascita del Partito della Kampuchea democratica e il famoso, per i massacri compiuti, delirio di potenza degli Khmer Rossi. Proprio durante il loro potere migliaia di cambogiani chiesero asilo politico alla Thailandia che di buon grado accolse una popolazione che, fra alti e bassi, fino al 1999 vide le torture e i lavori forzati come unico modo di vita. Dopo la fine definitiva degli Khmer Rossi il caos fino al 2002 quando, dopo elezioni popolari, vinse il Partito del Popolo Cambogiano, quindi la fase odierna di apparente stabilità, con l’incoronazione del nuovo re il quale vorrebbe trasformare la Cambogia così che divenga esempio per tutta l’Indocina. Fino a qui Thailandia e Cambogia hanno avuto una storia unita e di aiuto reciproco, soprattutto nei periodo più bui, con la stablità del governo cambogiano arrivano le prime incrinature, soprattutto dopo che nel 2003 la Thailandia, per bocca di una famosa attrice del paese, fa sapere che l’arcinoto tempio di Angkor Wat, di arte Khmer e simbolo nazionale, appartiene alla Thailandia e deve essere restituito. Da qui le incomprensioni e le accuse, da qui i rapporti saltano e sfociano in uno scontro armato nel 2008, quando la Thailandia decide di farsi giustizia da sé rivendicando il tempio Preah Vihear come proprio tanto quanto quell’area di 4,6 km quadrati.
Da allora la tensione non è mai cambiata, i militari hanno continuato a schierarsi sui confini e i colpi di arma da fuoco continuano a essere sparati, da allora a ieri 17 sono i morti e imprecisato il numero dei prigionieri. Gli scontri fra i due stati si sono andati poi ad intrecciare con le proteste che noi tutti conosciamo, quelle che chiedevano la dimissioni governative e che sono finite con il sangue, si sono intrecciate con lo sterminio perpetrato dal governo thailandese nei confronti dei musulmani presenti sul territorio; un guazzabuglio colossale. Ieri oltre ad essere aumentato il numero dei morti è anche crollato parte del tempio Preah Vihear.
Ho raccontato quarant’anni di storia, ho raccontato l’unione di due Stati per aiutarsi vicendevolmente nel momento del vero bisogno, ho raccontato la guerra che fra due Stati è nata solo perché l’ONU ha deciso ancora una volta dei confini a tavolino, senza vedere che cosa in quel territorio ci fosse o chi là abitasse. È facile tirare righe sulla carta geografica, più difficile far dialogare gli uomini, è questo che le forze internazionali dovrebbero capire.
octavio

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