martedì 11 gennaio 2011

Dal Sudan verso Nord-Ovest

Sono già 36 i morti, vi darò la successione degli stessi: il primo giorno è morta una persona, il secondo ne sono morte 9, il terzo 13, ieri altrettante. Il nord nega di essere legato a questi scontri e dice che sono militanti del sud che vogliono impedire ai pastori del nord di portare le proprie greggi nel sud per abbeverarsi, il sud dichiara che tutti i militanti presi hanno dichiarato di essere stati mandati da Khartum e vedono ciò come l’atto più infame per bloccare il referendum. Il referendum continua a esserci nessuno ha ancora dato il risultato. Si accusano gli uni con gli altri, cercano di averla vinta entrambi, per ottenere ciò che vogliono usano la forza, non capiscono che distruggendo non si ottiene più nulla, soprattutto ciò che è distrutto, non capiscono che il Sudan ha già avuto e ha troppi problemi per poter sopportare anche questo.
Nel mentre nello stesso continente, solo più a nord, le scuole e le università vengono chiuse fino a nuovo ordine per tentare di bloccare le proteste che hanno già portato a 14 morti in Tunisia. Proteste che il Governo ha voluto definire opera di giovani che hanno compiuto un “atto terroristico”, e ci risiamo con il terrorismo, ci risiamo con la solita storia. Spero che chi crede che l’islam sia solo terrorismo noti che ormai anche i governi musulmani utilizzano questa parola per indicare tutti quei problemi che la politica non vuole affrontare. Nelle strade ora c’è l’esercito che spara in aria per qualsiasi tafferuglio, anche non legato alle proteste, nelle strade c’è il malcontento generale perché si è data la colpa ai giovani quando i motivi scatenanti della protesta erano solo due: disoccupazione e innalzamento dei costi dei prodotti di sostentamento: olio, pane e zucchero. Con il rischio di passare per intellettuale oggi il commento lo lascio al Manzoni, capitolo XII dei Promessi Sposi: “Ho detto: più dell'ordinario; perché le insopportabili gravezze, imposte con una cupidigia e con un'insensatezza del pari sterminate, la condotta abituale, anche in piena pace, delle truppe alloggiate ne' paesi, condotta che i dolorosi documenti di que' tempi uguagliano a quella d'un nemico invasore, altre cagioni che non è qui il luogo di mentovare, andavano già da qualche tempo operando lentamente quel tristo effetto in tutto il milanese: le circostanze particolari di cui ora parliamo, erano come una repentina esacerbazione d'un mal cronico. E quella qualunque raccolta non era ancor finita di riporre, che le provvisioni per l'esercito, e lo sciupinìo che sempre le accompagna, ci fecero dentro un tal vòto, che la penuria si fece subito sentire, e con la penuria quel suo doloroso, ma salutevole come inevitabile effetto, il rincaro (…)Non mancava altro che un'occasione, una spinta, un avviamento qualunque, per ridurre le parole a fatti; e non tardò molto. Uscivano, sul far del giorno, dalle botteghe de' fornai i garzoni che, con una gerla carica di pane, andavano a portarne alle solite case. Il primo comparire d'uno di que' malcapitati ragazzi dov'era un crocchio di gente, fu come il cadere d'un salterello acceso in una polveriera. - Ecco se c'è il pane! - gridarono cento voci insieme. - Sì, per i tiranni, che notano nell'abbondanza, e voglion far morir noi di fame, - dice uno; s'accosta al ragazzetto, avventa la mano all'orlo della gerla, dà una stratta, e dice: - lascia vedere -. Il ragazzetto diventa rosso, pallido, trema, vorrebbe dire: lasciatemi andare; ma la parola gli muore in bocca; allenta le braccia, e cerca di liberarle in fretta dalle cigne. - Giù quella gerla, - si grida intanto”.
octavio

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