venerdì 21 gennaio 2011

puzza di guerra neanche troppo lontano

Al costo di sembrare ripetitivo voglio anche oggi parlare del mio Paese. C'è un affetto di base verso questa Italia così unica per cultura, storia, tradizione, paesaggio, enogastronomia, personaggi, architetture che mi spinge a dire "mi interessa, mi sta a cuore" per tutto questo e per la gente che qui vi abita.
Mentre la vita istituzionale è bloccata nelle questioni notturne del Presidente del Consiglio, la nave è veramente senza nocchiero in una gran tempesta, come disse già Dante "un bordello", mai definizione fu tanto appropiata.
Ancora un soldato è tornato dall'Afghanistan avvolto in una bandiera legato stretto perchè sembrasse intero. In quel martoriato angolo di mondo siamo una forza di occupazione al soldo di una super potenza assetata di petrolio. Tutte le fonti di informazione ripetono a martello che la presenza d'occupazione (parola mai usata ma che nei fatti è tale) è presente per garantire la pace. Questa "pace" è solo la nuova, ripetuta dal termine del secondo conflitto mondiale, "pax romana" assicurata dalle armi dell'Impero che già allora aveva una sua propaganda, un suo infiltrarsi nel territorio tra le lotte locali, un deserto spacciato per pace.
Via quindi da ogni luogo dove la forza delle armi soffoca la cultura e l'identità locale.
L'Italia soffoca sotto il peso della disoccupazione, generazioni ferme al palo con titoli di studio ottenuti faticosamente e inutilizzabili, diritti annullati nel nome di una "crisi economica" che sembra sempre più creata e diretta da quei ricchi che con questa situazione si sono ingrassati aumentanto a dismisura la forbice tra loro e gli altri.
Oggi il TAR del Lazio ha fatto presente che classi da 35-40 studenti sono inaccettabili, ancora una testimonianza della distanza tra chi dovrebbe decidere per il bene di tutti che ha fatto una legge così assurda e la realtà di una società che aspetta risposte, palesata oggi da questo monito. I "moti" universitari degli scorsi mesi sono ormai archiviati, "va tutto bene" è l'unica risposta che sanno dare. Chi continuerà a studiare in questo "Bel Paese là dove la Mediaset sona?", sempre per ricordare un italiano che della cosa pubblica era preoccupato e che ha reso la nostra lingua famosa in tutto il mondo.
In questo bel quadro, l'inquisito vuol essere inquisitore, colui che si proclama innocente non vuol rispondere alle accuse, colui che dovrebbe rispondere a questioni sociali sul punto di esplodere si scaglia contro la divisione dei tre poteri all'urlo già sentito di: "lo stato sono io".
Le questioni nazionali e internazionali chiedono la presenza di uomini di stato non personaggi televisivi capaci solo di occuparsi in modo feudale di vallette, vallettine e vallessori.
In tutto questo torna l'urlo alle opposizioni, alle istituzioni ancora svincolate dal potere mediatico affinchè ci diano una risposta istituzionalmente seria. Soprattutto italiano arriva a te l'appello a smuoverti dall'adagio televisivo, giornalistico, pubblicistico che vuol farti credere di essere forte solo se dalla parte del forte.
IoLiOdioINazistiDellIllinois 

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