martedì 23 marzo 2010

È la fine della pace


“Gerusalemme non è un insediamento, è la nostra capitale”. Con questa affermazione Netanyahu ha chiuso ufficialmente i dialoghi di pace. Basta, non c’è più speranza finchè premier sarà lui, e dubito che dopo di lui arriverà qualcuno di migliore. È ormai da più di 60 anni che la questione israelo-palestinese va avanti, è ormai da 60 anni che vediamo una politica sempre più colonialista da parte di Israele e una chiusura sempre più netta nella religione islamica da parte della Palestina. Da un lato gli ebrei dichiarano: “Sì, ci sentiamo in guerra e quando non sono i soldati a reagire tocca a noi donne e ai bambini farlo”, oppure “da casa mia la vista è bellissima peccato che poi si guardi bene e sia pieno di arabi”; dall’altro i palestinesi dicono: “L’unica cosa che ci resta è attaccare Israele, con tutti i mezzi”.
Che senso ha dialogare di pace se le premesse sono queste? L’unica possibilità è guardare in basso, nel fondo delle cose e superare i premier e i portavoce, loro fanno gli interessi del potere. Guardare a quei piccoli e sconosciuti che continuano a sognare e desiderare (lo si vede dallo loro singole azioni) uno stato di pace.
momò

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